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 2014  ottobre 20 Lunedì calendario

Due ritratti di Danièle Nouy, la donna più potente d’Europa dopo la Merkel. Accanto a Draghi, la professoressa francese che assegna i voti alle banche europee e dirà chi ha superato gli stress test e chi no

L’appuntamento più atteso del 2014 nell’eurozona sta arrivando. Domenica prossima, 26 ottobre, all’ora di pranzo, si saprà quali banche hanno superato gli stress test della Banca centrale europea (Bce). E a dare i giudizi finali, così come a curare l’intero team di supervisione nel caso qualcuno sia bocciato, sarà la francese Danièle Nouy, capo del Single supervisory mechanism (Ssm). «È un sergente di ferro, un rullo compressore, ma per fortuna ha anche un umorismo non comune», riferisce un alto funzionario della Bce. Di ironia, tuttavia, ne userà poca nei prossimi giorni.
Migliaia di dati
Il compito non è di quelli facili. La Bce, negli ultimi dodici mesi, ha raccolto migliaia di dati sugli istituti di credito della zona euro. Per la precisione, sono stati 130 a essere scrutinati. A dare l’ultima parola, insieme al presidente Mario Draghi e al vice presidente Vítor Constâncio, sarà una signora francese minuta e con un fisico nervoso. «A vederla sembra un olivo piegato dal vento, ma sia chiaro, non spezzato. Eppure è lei che dirà chi è in salute e chi no nell’area euro», ha scritto ironicamente Stephen King, capo economista di Hsbc. È la Nouy la maestrina dalla penna rossa che fa paura ai banchieri, proprio perché è lei che sa nel dettaglio dove cercare per trovar squilibri e asimmetrie. Forte dell’esperienza come segretario generale dell’Autorità di controllo prudenziale della Banque de France , la Nouy è conosciuta nell’ambiente bancario come una figura incorruttibile e dal profilo bassissimo. Poche interviste, ancora meno incontri istituzionali. Ciò che serviva, quindi, per la più colossale operazione di vigilanza nella storia dell’euro.
Il basso profilo della Nouy non è stato inutile. Come spiegano fonti interne della Bce, è stata lei a mediare con la Bundesverband deutscher Banken (Bdb), l’associazione delle banche tedesche, al fine di garantire l’inclusione negli stress test anche di alcune delle maggiori Landesbank , le banche territoriali.
Contro Schäuble
E dire che il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schäuble, ha cercato in ogni modo di escluderle dalla vigilanza unica. Non c’è stato verso. Con piglio deciso, la Nouy ha detto no: «Tutti i più grandi gruppi devono rientrare negli stress test . Non so quante banche saranno bocciate, ma tutti devono sapere che a noi interessa la qualità dei bilanci. Chi non ha dei bilanci sani, dovrà metterli in ordine». Gli occhi sono puntati sugli istituti di credito di tre Paesi in particolare, Germania, Italia e Grecia. L’obiettivo della Nouy è solo uno. «Vogliamo evitare nuove crisi. Chi è vulnerabile dovrà essere messo in sicurezza», ha detto in febbraio. E mettere in sicurezza si può tradurre in mutare il modello di business o la governance .
Il futuro della Bce, e della Nouy, vedrà un completo cambio di paradigma rispetto al passato. In giugno la Nouy ha spiegato che le banche dell’eurozona saranno sottoposte ogni anno a stress test . Proprio come le controparti statunitensi. «È necessario per mantenere una stabilità di fondo e per ridare fiducia nell’intero progetto di vigilanza unica», ha spiegato il banchiere centrale transalpino. Una rivoluzione osteggiata con forza sia da Parigi sia da Berlino, che non volevano ingerenze esterne sui sistemi bancari domestici. Ma la vittoria, alla fine, è stata del numero uno dello Ssm.
Rinforzo italiano
Ma non c’è solo la Nouy. A darle man forte ci saranno anche altre figure. La più importante è un italiano, Ignazio Angeloni, a capo della divisione Financial stability del Ssm. È lui che ha controllato in questi mesi che gli istituti di credito siano in grado di reggere a eventuali choc esogeni. Ed è Angeloni che deve dire alla Nouy quali banche dovranno essere ristrutturate e come.
La squadra della Nouy si completa con altre tre figure femminili: il suo vice, la tedesca Sabine Lautenschläger, la canadese Julie Dickson e la finlandese Sirkka Hämäläinen. Nomi poco conosciuti al grande pubblico, ma che fra gli addetti ai lavori hanno quotazioni assai elevate. In particolare, la Dickson è stata scelta per il suo ruolo durante la crisi subprime a capo del regolatore finanziario canadese. «È stata capace, insieme all’allora governatore della Bank of Canada, Mark Carney, di evitare che le banche del Paese fossero contagiate dal morbo dei subprime », ha scritto nel 2010 Goldman Sachs. Il dream team di Draghi è pronto a bocciare gli indisciplinati. L’impressione è che lo farà senza scrupoli. Del resto, due settimane fa la Nouy ha chiarito il principio base del suo modus operandi: «Dobbiamo essere sorveglianti duri. Questa è la lezione della crisi».

Fabrizio Goria

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Affari&Finanza, lunedì 20 ottobre 2014

La donna più potente di Francia e una delle più potenti d’Europa, beninteso dopo la Cancelliera, siede al quattordicesimo piano della Japan Tower di Francoforte, non distante dall’Eurotower dove ha sede la Bce di Mario Draghi. Si chiama Danièle Nouy. Pochi la conoscono. Ma i risparmi di trecento milioni di cittadini dell’eurozona sono di fatto affidati a questa signora esile e bionda di sessantaquattro anni che presiede il SSM, Single Supervisory Mechanism, il meccanismo di supervisione unico attraverso cui la Banca centrale europea controlla l’attività dell’intero sistema bancario dei Paesi della moneta unica. Dal 4 novembre il meccanismo di supervisione diventerà operativo. Poco dopo che sarà reso noto il risultato del «Comprehensive assessment», la prima valutazione globale sullo stato di salute delle banche europee, che noi indichiamo un po’ riduttivamente con il nome di stress test. Vuole essere, e sarà, un cambio di regime epocale. Destinato, nell’intenzione delle autorità europee, a ridare trasparenza al sistema creditizio e fiducia ai mercati sulle capacità di tenuta delle banche, sui cui bilanci la crisi finanziaria cominciata sei anni fa ha lasciato troppe zone d’ombra. Danièle Nouy ha speso praticamente tutta la sua vita nel mondo della supervisione bancaria. Subito dopo la laurea al prestigioso Institut d’Etudes Politiques di Parigi e un dottorato in diritto amministrativo, è entrata nel‘74 nella commissione francese di supervisione bancaria e da allora, tra Parigi, Basilea e Francoforte, non ha mai abbandonato questo settore. Sposata, con due figlie e una nipotina, si è fatta la fama di superlavoratrice. Sta in ufficio sei giorni su sette e lavora anche alla domenica. «Del resto — spiega scherzando — non sono molto portata per le attività domestiche ». I maligni dicono che è stata scelta come presidente della supervisione della Bce perché donna, visto che il predominio maschile nel board dell’Eurotower è pressoché assoluto. In realtà, il suo curriculum professionale è impressionante. Ma lei ama rispondere con una battuta: «La supervisione bancaria è in effetti un’attività che alle donne riesce bene ». Da quando ha preso funzione a Francoforte all’inizio dell’anno la sua attività principale è stata in gran parte assorbita dal reclutamento del migliaio di funzionari che dovranno gestire la supervisione bancaria europea. Finora ha assunto 868 persone che in larga maggioranza lavorano negli uffici della Japan Tower. Altre arriveranno nelle prossime settimane. La nascita del meccanismo di supervisione europeo è stata difficile e travagliata. La Germania vi si è opposta con ogni mezzo per anni. Un po’ perché voleva a tutti i costi mantenere il controllo e la supervisione sulle proprie banche locali. Un po’ per una questione di principio, perché vedeva un potenziale conflitto di interessi nell’affidare la supervisione bancaria alla Bce. In Germania infatti, a differenza dell’Italia e di molti altri Paesi, l’authority nazionale di controllo non ha nulla a che fare con la Bundesbank. Alla fine, dopo un tira e molla durato anni, si è giunti ad un compromesso affidando la supervisione alla Bce, ma nel quadro di un sistema, il SSM, che resta nettamente separato dal sistema delle banche centrali che costituisce l’azionariato dell’Eurotower. Anche sulla portata della supervisione si è dovuto scendere a patti con Berlino. Il SSM gestirà direttamente i primi 120 grandi gruppi bancari europei, che contano in totale circa 1200 istituti. Le altre 3.700 banche di dimensioni più ridotte restano sotto la supervisione diretta delle autorità nazionali. Ma la Bce potrà in ogni momento avocare a sé il controllo e la supervisione di qualsiasi banca dell’Eurozona, anche la più piccola, e veglierà a che le regole di supervisione applicate siano comunque uniche per tutti i Paesi della zona euro. Il sistema di supervisione centrale passerà comunque anche attraverso il lavoro dei funzionari delle autorità nazionali. Per ognuno dei 120 gruppi sotto la sorveglianza diretta di Francoforte verrà creato un «Joint Supervisory Team», una squadra di supervisione congiunta composta sia da personale del SSM sia da funzionari delle autorità nazionali dei Paesi dove il gruppo e le sue filiali esercitano l’attività bancaria. La direzione della squadra sarà affidata ai funzionari di Francoforte, mentre gli uomini delle authority nazionali svolgeranno il lavoro di verifica e controllo sulle attività quotidiane del gruppo. L’obiettivo è da una parte avere una prossimità con la banca controllata, ma dall’altra aggiudicarsi il potere di centralizzare le decisioni e le valutazioni in modo da non essere influenzati da considerazioni di interesse nazionale. «E’ un bene — spiega Danièle Nouy — che il controllo sulle banche europee resti a distanza di sicurezza dalle politiche locali». Ora gli uomini (e le donne) di Francoforte, sono alle prese con i risultati degli stress test, o meglio del Comprehensive assessment. Le banche che risulteranno non sufficientemente capitalizzate avranno quindici giorni di tempo per presentare un proprio piano di ricapitalizzazione. Quindi potranno disporre di un periodo di sei mesi (nei casi più gravi di nove mesi) per coprire le carenze di capitalizzazione che sono state riscontrate. Se non riusciranno nell’intento, toccherà al SSM decidere se porre la banca in liquidazione o se intervenire con una ristrutturazione i cui costi dovranno gravare soprattutto sugli azionisti, cercando di ridurre al minimo l’intervento di capitali pubblici nelle operazioni di salvataggio. Secondo Danièle Nouy, questo esercizio farà da spartiacque tra il vecchio e il nuovo sistema bancario europeo. Il vecchio sistema, condannato a morte dalla crisi finanziaria del 2008 e salvato dagli innumerevoli salvataggi pubblici che hanno dissanguato le casse di molti Paesi europei, ha ampiamente dimostrato l’inadeguatezza dei sistemi di supervisione e controllo affidati alle autorità nazionali. Il nuovo sistema si baserà su un insieme di normative che vanno dalle regole di Basilea 3 fino alla direttiva europea sulla risoluzione bancaria e, possibilmente, alla futura separazione tra attività di trading e di sportello. Ma soprattutto sarà gestito da una autorità unica di supervisione e controllo che garantirà regole e interpretazioni univoche per tutte le banche di tutti i Paesi assicurando una competizione più equa, ma soprattutto mettendo l’accento sulla sostenibilità delle operazioni di trading e non solo sulla loro redditività immediata. La grande scommessa, è che questo “nuovo” sistema bancario risanato e trasparente ripristini la fiducia reciproca delle banche e la fiducia dei mercati e dei risparmiatori. E’ questo il solo modo per consentire agli istituti di credito di tornare ad assolvere la loro funzione sociale, che è quella di finanziare un’economia che in questo momento ha più che mai bisogno di capitali e, soprattutto, di un clima diverso in cui si possa tornare a credere nel futuro. Qui sopra, Daniéle Nouy, presidente del Single Supervisory Mechanism, vista da Dariush Radpour
Andrea Bonanni