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 2010  luglio 11 Domenica calendario

Il ministro dell’Interno Maroni, ieri nella sua veste di importante esponente della Lega, ha rilasciato questa dichiarazione: «Lega e Udc sono alternative: se qualcuno nell’Udc o anche nel Pdl pensa che il partito di Casini possa entrare nel governo sa bene che noi e l’Udc non possiamo stare insieme»

Il ministro dell’Interno Maroni, ieri nella sua veste di importante esponente della Lega, ha rilasciato questa dichiarazione: «Lega e Udc sono alternative: se qualcuno nell’Udc o anche nel Pdl pensa che il partito di Casini possa entrare nel governo sa bene che noi e l’Udc non possiamo stare insieme».

Come mai questa rinnovata ammissione di antipatia per Casini?
Giovedì sera c’è stata una cena a casa di Bruno Vespa. Presenti, oltre a un sacco di gente importante, Berlusconi e Casini. Berlusconi ha fatto capire a Casini che, se si decidesse a lasciare l’opposizione e ad entrare al governo, potrebbe avere la vicepresidenza del Consiglio, il ministero dello Sviluppo economico e il ministero degli Esteri.

Al ministero degli Esteri non c’è Frattini? Lo butterebbe fuori con tanta facilità?
Berlusconi non sta dietro a questi dettagli. A tavola c’era anche il cardinal Bertone, cioè il segretario di Stato vaticano. Forse invitato per dar forza, con la sua sola presenza, al discorso di Berlusconi. Quando Casini ruppe col Pdl, il giorno del predellino (dicembre 2007), il Vaticano mandò il direttore dell’Avvenire al Tg1 per raccomandare di salvargli la pelle. L’uomo è dunque forte oltretevere. E ai giornalisti ha detto poi di non avere, in realtà, ricevuto proposte e in definitiva di non essere interessato ad aggiungersi al governo attuale. Per cambiare collocazione e tornare là dove stava due legislature fa, vuole una crisi: Berlusconi si dimette, va al Quirinale, forma un altro esecutivo e a questo punto Casini può contrattare, oltre alle poltrone, un nuovo programma. Il capo dell’Udc, benché sia il principale ispiratore dell’attuale legge elettorale, vuole assolutamente che adesso se ne faccia una diversa, il più possibile proporzionale, in modo che, a maggioranze incerte, possa offrire il suo pacchetto di voti a questi o a quelli o magari a tutti e due, visto che con i suoi andirivieni s’è reso vergine sia a destra che a sinistra.

Senonché Maroni ha detto che non ci sta.
A fare una crisi con tutti i crismi non ci sta nemmeno Berlusconi e gliel’avrebbe detto già a casa di Vespa, di fronte agli allibiti Geronzi e Draghi. Le crisi si sa come si aprono, ma non si sa come si chiudono. Nel ’94 Scalfaro, invece di sciogliere le camere e far fare le elezioni anticipate, tirò fuori Dini, tanto per fregarlo. Berlusconi forse pensa che Napolitano sarebbe capace di far lo stesso. L’uscita di Maroni è notevole anche perché fino ad oggi la Lega s’è opposta all’idea, seducente per il Cavaliere, di andare al voto. Bossi prima vuole il federalismo, è sicuro altrimenti che al Carroccio le elezioni rischiano di costar care.

Ma perché Berlusconi ci tiene tanto a imbarcare Casini?
Per potersi liberare di Fini e dei finiani. C’è un’altra dichiarazione di ieri, piuttosto importante, resa dal primo dei finiani (dopo Fini), cioè l’onorevole Italo Bocchino. Interpellato da CnrMedia (l’intervista si può vedere su internet), Bocchino ha detto: «Noi finiani siamo uno in più del numero necessario a tenere in piedi la maggioranza». Frase chiarissima: possiamo far cadere il governo quando vogliamo. Come lei sa (ne abbiamo parlato l’altro giorno) Fini e i finiani nello stesso momento in cui criticano Berlusconi o vogliono emendare il disegno di legge sulle intercettazioni, giurano che il governo vogliono tenerlo in piedi, il Pdl è anche loro e non hanno nessuna intenzione di romperlo, ieri, nella stessa intervista, Bocchino ha difeso le correnti (sale della democrazia di partito, quando non sono adoperate per contrattare poltrone), eccetera. Tutti discorsi che fanno impazzire il Cavaliere, il quale vuole gratitudine e “contributi di idee” da accettare o scartare a suo piacimento. Non correnti che gli facciano la fronda o si mettano su posizioni irriducibili e magari ricattatorie.

Casini, in questo senso, sarebbe più affidabile di Fini?
Non credo proprio. Ed è proprio Giuliano Ferrara a sostenerlo, sul Foglio che uscirà domani: «lo scambio (Fini-Casini) ipotizzato da Vespa e benedetto dalla segreteria di stato è una coglionatura, Casini è stato quello dei due ex alleati di coalizione che ha messo in discussione la sua premiership, cosa che Fini non ha mai fatto; quello che gli ha reso la vita impossibile, che lo ha spinto alla furia e al predellino, fino all’espulsione dell’Udc, robe di due anni fa, non venti». Dopo di che, l’Elefantino bacchetta il suo amico Cavaliere e la sua difesa del «sacro recinto della sua azienda politica» dove «non c’è spazio nemmeno per azionisti di piccola minoranza con qualche titolo al controllo delle strategie di sviluppo»: «Mi spiace, presidente» dice «ma questo atteggiamento imprenditoriale ed egotistico in politica è un difetto». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 11/7/2010]