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 2011  aprile 20 Mercoledì calendario

Il governo ha deciso di sospendere a tempo indeterminato la legge che varava la costruzione di centrali nucleari (in siti ancora da stabilire)

Il governo ha deciso di sospendere a tempo indeterminato la legge che varava la costruzione di centrali nucleari (in siti ancora da stabilire). Al Senato è in corso di approvazione un decreto legge cosiddetto “omnibus”, che contiene cioè interventi di tutti i tipi. Qui verrà inserito un emendamento-ghigliottina, che taglierà tutte le norme relative alla realizzazione degli impianti. Lo stesso emendamento prevede che la politica energetica italiana sia ridefinita tra un anno, dopo «le decisioni che saranno assunte a livello europeo». A quel punto, la scelta nucleare potrebbe tornare di attualità.

• È stato il disastro di Fukushima a far cambiare idea al consiglio dei ministri?
Potrebbe essere. Le ultime notizie dal Giappone sono poco confortanti. Le barre di combustibile dei reattori 1 e 3 sono parzialmente fuse. Nel reattore 2 è stata rilevata la presenza di tecnezio 99, il che significa che anche qui dovrebbe esserci stata una fusione. È intanto iniziato il pompaggio delle tonnellate di acqua radioattiva, 25 mila nel reattore 2 e 42 mila nell’1 e nel 3. L’altro giorno, il capo della Tepco ha annunciato che ci vorranno minimo sei mesi, ma probabilmente nove, per far rientrare a casa loro gli 80 mila sfollati. Laggiù il governo, dopo la tregua imposta a tutti dalla catastrofe, è di nuovo sotto accusa e potrebbe cadere. Quindi, situazione ancora molto problematica. Tuttavia credo che Berlusconi e i suoi ministri abbiano nelle vicende giapponesi soprattutto un’ottima scusa per prendere decisioni che hanno motivazioni diverse.

• Evitare il referendum?
Se cade la legge che istituiva le centrali non c’è più niente da abrogare. Il 12 e il 13 giugno erano previsti quattro referendum, promossi dall’Idv. Uno sul nucleare, un altro relativo all’abrogazione della legge sul legittimo impedimento, gli ultimi due contro la privatizzazione dell’acqua. A Palazzo Chigi avrebbero fatto un sondaggio sul referendum relativo al nucleare e avrebbero scoperto che il quorum sarebbe stato raggiunto col 54% almeno e i “sì” (cioè i voti favorevoli all’abrogazione) avrebbero vinto senza problemi. Il punto è che questo referendum avrebbe trascinato al quorum anche le altre tre consultazioni. La mossa di rinunciare al nucleare ha quindi l’effetto di disinnescare – forse – anche le altre tre consultazioni, che sono nuovamente a rischio quorum.

• Specialmente quella sul legittimo impedimento, no?
Sì. Di fatto le due giornate referendarie si sarebbero trasformate in un plebiscito contro Berlusconi. Ricordiamo che durante le prime ore di Fukushima i ministri – e in particolare quello dell’Ambiente, cioè Stefania Prestigiacomo – s’erano sbracciati nel confermare la loro fedeltà al nucleare, scelta inevitabile, secondo loro, se si volevano abbattere i costi dell’energia e la nostra dipendenza dall’estero.

• L’opposizione dovrebbe cantare vittoria. Eppure, in un certo senso, non può.
Infatti. L’unico che ha cantato vittoria è stato Bersani: «Il governo scappa dalle sue stesse decisioni. È una vittoria nostra che, ben prima del Giappone, ha messo in luce l’assurdità del piano del governo». I responsabili della politica ambientale del Pd, però, parlano in tutt’altro modo. «Il governo vigliaccamente toglie la parola agli elettori. È una legge-truffa, la procedura viene semplicemente sospesa sine die, in attesa forse di tempi migliori e sicuramente dopo aver aggirato l’ostacolo del referendum» hanno detto Roberto Della Seta e Francesco Ferrante. Di Pietro poi ha rilasciato una dichiarazione furibonda: «Non ci stiamo. Siamo disposti a chiudere la partita solo con una legge abrogativa che dica chiaramente che si rinuncia al nucleare come piano di acquisizione energetica».

• Che cosa dicono i ministri nuclearisti, per esempio la Prestigiacomo?
Che comunque gli studi sul nucleare devono andare avanti. Tremonti però, che nei giorni scorsi aveva già alluso alla necessità di rivedere il piano, ieri ha parlato al Parlamento di Bruxelles a favore delle energie alternative: ci vuole, secondo lui, un grande progetto europeo, «avviare piani d’investimento in ricerche alternative, anche combinandoli con la nuova struttura geopolitica del Mediterraneo». Cioè l’aumento del prezzo del petrolio renderà finalmente conveniente il ricorso alle rinnovabili, per il quale però ci vogliono un piano e finanziamenti europei. Mi viene in mente solo adesso che le nostre centrali avrebbero dovuto costruirle i francesi. La mossa di ieri sembra anche – forse involontariamente – uno schiaffo a Parigi, cioè l’ultimo atto di una specie di guerra che ci vede opposti a Sarkozy sulla Libia, sugli immigrati, sul caso Lactalis-Parmalat. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/4/2011]