ilmessaggero.it, 30 dicembre 2025
La Cina e le isole artificiali: tonnellate di sabbia nel Mar Cinese Meridionale per crearle. Ecco a cosa servono
Un decennio e passa è passato da quando la Cina ha avviato una strategia di espansione territoriale che ha attirato l’attenzione: scaricare tonnellate di sabbia nel Mar Cinese Meridionale.
Questo non è un fenomeno esclusivo della Cina – riportano alcuni siti specializzati – infatti, il Giappone ha costruito in questo modo un aeroporto che presto diventerà un aeroporto sottomarino, ma la Cina lo sta facendo in modo massiccio e con un obiettivo: rivendicare ciò che è suo.
“La fine del 2013 ha segnato una svolta in Cina: il Paese ha iniziato a riempire in modo massiccio sette delle barriere coralline degli arcipelaghi di Nansha e Xisha (Spratly e Paracels, rispettivamente). In un tempo record, tra dicembre di quell’anno e giugno 2015, la Cina ha portato a termine la prima fase dell’operazione: il riempimento”. Dal 2015 in poi, si sono dedicati a consolidare quel territorio attraverso la costruzione di infrastrutture come piste di atterraggio, hangar, porti, radar e strutture di supporto. Secondo la Commissione di revisione economica e di sicurezza Usa-Cina, tra dicembre 2013 e ottobre 2015, la Cina aveva costruito artificialmente circa 12 km² di terra sulle barriere coralline di Nansha. Mentre gli Stati Uniti lo dicevano con preoccupazione, i media cinesi confermavano il dato con orgoglio”.
Non hanno utilizzato metodi troppo complessi per farlo.
Da un lato, hanno tagliato il fondale corallino e pompato sedimenti in zone poco profonde. La terra è stata depositata come riempimento per poi costruire dighe e muri di contenimento intorno alla barriera corallina. Il passo successivo è stato quello di depositare altro riempimento e, infine, grandi rulli compressori e pale hanno compattato la terra per dare consistenza all’insieme. L’ultimo passo è stato quello di creare la pavimentazione, le piste di atterraggio, le strade e le altre infrastrutture. Il risultato sono oltre 12 km², che, contestualizzati, rappresentano «17 volte più terra bonificata in 20 mesi di quanto tutti gli altri richiedenti internazionali abbiano ottenuto negli ultimi 40 anni». Interessante vedere le foto satellitari che mostrano il prima e il dopo, cosa facile da fare grazie alla funzione di Google Earth.
Ma qual è la motivazione della Cina per un tale dispiegamento di mezzi e denaro? Dipende a chi lo chiedi scrive sempre contradadomaro: da un lato, il governo cinese ha sostenuto che la creazione di queste isole serve a supportare le missioni di soccorso in alto mare, ma anche la pesca, la ricerca scientifica, i punti di appoggio alla navigazione grazie a quei radar e la raccolta di dati per il suo servizio meteorologico. Infine, servono anche alla difesa, se necessario. I paesi vicini non sono convinti di questa spiegazione e, infatti, pensano che si tratti di una strategia che risponde a un unico interesse: rivendicare territori che la Cina considera di sua proprietà. Il Ministero della Difesa giapponese assicura che queste infrastrutture consentono una presenza cinese permanente in acque che non le appartengono, con capacità offensive praticamente in tutto il Mar Cinese Meridionale.
Recenti rapporti, come quello del CSIS del 2025, sottolineano che la recente attività quasi perenne della Cina nel Mar Cinese Meridionale è stata possibile solo grazie a quei lavori di costruzione di un decennio fa. Le analisi occidentali sottolineano che le piste sono predisposte per aerei da combattimento e da trasporto, così come la presenza di porti per navi da guerra, strutture sotterranee e persino piattaforme missilistiche. La tensione è evidente perché Pechino rivendica la sovranità su territori che i suoi vicini negano. Questi vicini sono Vietnam, Taiwan, Giappone e Filippine. E il Vietnam, infatti, sta facendo lo stesso che la Cina ha fatto nel 2013: gettare terra in mare. Anche i suoi progressi sono stati notevoli in poco tempo in una zona che è diventata un vero e proprio focolaio.
Ma al di là delle intenzioni degli uni e degli altri, qualcosa di innegabile che non può essere nascosto sotto nessuna narrativa è il danno ambientale che queste isole artificiali causano all’ambiente circostante. In alcuni articoli è stato sottolineato che questa frenesia “insulare” ha causato la perdita di circa 12-18 km² di barriera corallina, danneggiando direttamente alcune delle barriere coralline meglio conservate della regione, ma anche influenzando sistemi lontani a causa delle “nuvole” di sedimenti formatesi durante lo scarico dei sedimenti.
Articoli scientifici cinesi hanno anche dimostrato che queste pratiche eliminano completamente l’ecosistema dell’area occupata e influenzano negativamente le correnti e i modelli di sedimento, causando il suddetto degrado delle zone vicine. Tuttavia, l’Amministrazione oceanica statale cinese sostiene che tutti i progetti sono stati valutati accuratamente e che non danneggiano i coralli. La colpa di ciò? Tendenze globali come l’acidificazione dei mari o il cambiamento climatico.