La Stampa, 30 dicembre 2025
Il regalo alle scuole paritarie La manovra cancella l’Imu Il governo: "Così c’è libertà"
Il sostegno agli istituti paritari è uno dei capitoli più dibattuti sulla scuola previsti nella manovra che verrà licenziata oggi. Un aiuto triplo che si associa a tagli nei prossimi tre anni pari a 570 milioni sugli investimenti e 53 milioni sulla spesa corrente, sottolineano le opposizioni.
Per le paritarie è previsto un contributo fino a 1.500 euro per gli studenti che scelgono una scuola paritaria secondaria di primo grado o il primo biennio di secondo grado. L’accesso al beneficio è riservato alle famiglie con un indicatore Isee non superiore a 30mila euro. Avrà un tetto di spesa di 20 milioni di euro per il prossimo anno e sarà determinato secondo scaglioni inversamente proporzionali al reddito Isee. A questo si accompagna l’aumento del fondo per le scuole paritarie di 86 milioni di euro e la disposizione che le attività didattiche di questi istituti sono da considerarsi non commerciali se percepiscono una retta inferiore al costo medio per studente, un parametro determinato ogni anno dal ministero dell’Istruzione. È la soluzione individuata dal viceministro per l’Economia Maurizio Leo dopo anni di contenzioso e di incertezza.
Per il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara la misura è «il coronamento di una battaglia di libertà portata avanti da tutti i partiti di centrodestra da 30 anni a questa parte» rivendicando che il disegno di legge autorizza spese finali in termini di competenza pari a circa 57.921,3 milioni di euro per il 2026. Lo stanziamento rappresenta un incremento complessivo delle risorse pari a circa 959,8 milioni di euro per il 2026 rispetto alla legge di bilancio 2025. Secondo il Movimento italiano genitori si tratta di «un intervento storico per porre fine a una discriminazione che persiste da oltre 25 anni nel nostro sistema scolastico». La Federazione delle scuole cattoliche sottolinea che si tratta di un «segnale», ma allo stesso precisa che ancora non basta perché «la vera parità si costruisce con interventi strutturali, perché la libertà educativa non resti uno slogan, ma diventi un diritto reale per tutti».
Protestano, invece, le opposizioni soprattutto ala luce di alcuni dati diffusi ieri dall’Ufficio scolastico regionale per il Veneto. Le scuole statali venete hanno perso 8.841 bambini e ragazzi in un anno, scendendo a 539.284 iscritti all’anno scolastico 2025/26. Aumentano invece gli iscritti alle scuole paritarie, che salgono a 94.269 (2.448 in più rispetto al 2024/25).
«Il bonus per le scuole private rappresenta una scelta politica ben precisa – commenta Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc-Cgil – che sottrae risorse alla scuola pubblica, mascherando questa operazione sotto la bandiera della libertà educativa. Il governo, che, a partire dal misero rinnovo del contratto “Istruzione e Ricerca”, continua a dichiarare che non ci sono soldi e che siamo in tempi di vacche magre, trova risorse per le scuole private, mentre per la scuola pubblica arrivano solo tagli». E sull’aumento di iscritti alle scuole paritarie del Veneto sottolinea: «Credo che questi dati riflettano il trend demografico negativo che non riguarda solo il Veneto ma tutto il Paese. Non conosco i dati menzionati ma segnalo che in Veneto le scuole dell’infanzia sono a grande maggioranza paritarie».
Poco soddisfatti anche i presidi del sindacato Dirigentiscuola. Per il Presidente Nazionale Attilio Fratta «la Carta Costituzionale è chiarissima. Al di là di ogni interpretazione o sofisma, in cui noi italiani, quando vogliamo, siamo maestri, all’art. 33 fissa il diritto dei privati di istituire scuole “senza oneri per lo Stato”. Perciò, se da un lato è vero che bisogna garantire la libertà educativa, dall’altro non si dovrebbe permettere la continua erosione di fondi dalla scuola statale a cui stiamo assistendo. Prima facciamo funzionare le scuole gestite dallo Stato, poi pensiamo alle paritarie». «I mali della scuola pubblica li conosciamo da tempo – sottolinea Fratta – Per limitarci ai soli dirigenti scolastici, che noi rappresentiamo, abbiamo un contratto ormai scaduto da anni e nella legge di Bilancio non si trova traccia dei fondi per la perequazione retributiva, che ormai è un obbligo di legge. Senza contare l’annoso problema delle reggenze. In uno scenario del genere sentire parlare di ricchi fondi per le scuole paritarie fa quantomeno riflettere: è paradossale parlare di aiuti alle scuole private mentre mancano i fondi per quelle pubbliche e per chi le manda avanti quotidianamente». Sull’aumento di iscrizioni alle paritarie venete Fratta spiega che anche se si tratta di cifre che non possono essere automaticamente estese al resto dell’Italia, questo calo è il risultato della «continua erosione di fondi alla scuola pubblica».