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 2025  dicembre 30 Martedì calendario

Intervista a Romana Maggiora

Ha un viso bellissimo, antico e spigoloso, in pochi anni è diventata una delle giovani attrici più richieste: particine, poi i ruoli che cambiano la vita. Marcella, la figlia di Delia in C’è ancora domani di Paola Cortellesi, poi il compito di interpretare Francesca Comencini nel bel film autobiografico della regista dedicato al padre Luigi, Il tempo che ci vuole, che le è valso il Nastro d’argento ex aequo con Valeria Golino. Romana Maggiora Vergano si dice grata «perché ho imparato tanto». È nel cast di Prima di noi, la serie di Daniele Luchetti e Valia Santella (anche sceneggiatrice con Giulia Calenda), ispirata al libro di Giorgio Fontana (Sellerio), in onda dal 4 gennaio su Rai 1. Sessant’anni di storia d’Italia attraverso le vicende di Nadia (Linda Caridi) e della famiglia Sartori, dal Friuli alla Torino operaia, passando per il fascismo, la Seconda guerra mondiale, il boom economico, la contestazione e gli anni di piombo. Tra i protagonisti Andrea Arcangeli, Matteo Martari, Maurizio Lastrico, Diane Fleri.
Cosa le è piaciuto di questa saga familiare?
«Che prende l’intero secolo, con i passaggi di generazione in generazione. Ho trovato molto bella l’ambivalenza tra la necessità di allontanarsi dal nucleo familiare e il tornare al porto sicuro. Ci si rende conto che siamo soli, è una storia che aiuta a capire qualcosa di noi».
Lei cosa ha capito?
«Colpe e gioie si tramandano, i cambiamenti sociali plasmano le persone. Io interpreto Eloisa Sartori, terza generazione, mi piace perché non ha paura di contraddirsi. Fervente anarchica, decide di studiare Legge. Rifiuta il concetto di Stato e sostiene l’abolizione delle carceri, cerca un posto nel mondo con incoerenza. Quello che ammiro in lei, e che non ho, è la capacità di autosalvarsi; le costa, soffre di attacchi di panico».
Perché non sa autosalvarsi?
«Sono una gemella, con mio fratello ho condiviso tutto. Non tollero la solitudine e mi sono autodefinita anche in base all’altro, è difficile restare da sola con me stessa. Ho capito che avevo bisogno di aiuto, sono in analisi e va molto meglio».
A 28 anni è diventata una delle attrici più richieste. È stata dura?
«È stato un percorso difficile. Mi sono iscritta alla scuola Gian Maria Volontè, sono arrivate proposte importanti per una ragazza di 18 anni. Ho investito sulla formazione, mi volevo sentire pronta. Non sono mai sembrata un’adolescente, sono arrivata a un’età in cui la mia fisicità corrispondeva al mio intelletto. Il film di Paola è stato un grandissimo trampolino; quando una persona che vale accende una luce su di te, acquisti un valore».
E Francesca Comencini?
«Mi ha regalato gli anni più belli e difficili della sua vita, questa fiducia è stato il mio motore. Pensavo solo a lei, che mi guardava. Un lavoro bellissimo, è rimasto un legame anche con Fabrizio Gifuni».
Il rapporto con la sua immagine?
«Oggi è molto più sereno. Vieni scelta ogni volta e sei troppo bella, troppo brutta, troppo grassa, troppo magra. Ero troppo sensibile per riuscire a gestire il giudizio. Intorno ai 18 anni, poi, ho avuto problemi ormonali con fluttuazioni di peso. Un problema risolto andando dall’endocrinologo, il mio corpo mi chiedeva di ascoltarlo».
Mamma e papà ginecologi. Fratello gemello che ha seguito le loro orme. Si è sentita in colpa per non avere studiato Medicina?
«Ho capito, con gli anni, che era più la mia sensazione di averli delusi che il loro disappunto. Non hanno fatto pressione, era una mia preoccupazione. Non mi sentivo degna di essere figlia di due grandi medici. Temiamo il giudizio dei genitori, abbiamo paura a fare un passo, è anche un modo per mettere alla prova il loro amore, che è incondizionato».
Il successo ha influito nella vita privata?
«Mi ha centrato. All’inizio mi sentivo in un frullatore. Poi ho capito che dovevo individuare le persone di cui fidarmi. Devi condividere con un compagno che faccia il tifo, ma è molto più semplice stare vicino a una persona nei momenti difficili, rispetto a quelli felici».
Lo ha sperimentato?
«Ho vissuto una relazione tossica, chi mi stava accanto non era felice per me. Oggi ho un compagno che mi incoraggia e gioisce con me».
Ha girato la serie HBO “Portobello” con Marco Bellocchio, com’è andata?
«Lo studiavo a scuola, era un mito. Avevo appena fatto il film di Francesca con Fabrizio, eravamo padre e figlia. Nella serie lui è Tortora, io Francesca Scopelliti, la sua compagna. La fiducia che mi ha dato è stata un dono. Al provino, per dire la genialità, mi chiese di rifare la scena identica senza muovere troppo il naso: voleva compostezza. Bellocchio vede l’attore e anche la punta del naso».
"Portobello” di Bellocchio, la scena dell’arresto: il primo atto del dramma di Enzo Tortora
Fa il medico legale nella serie “Chiaroscuro” di Netflix.
«Una gioia, finalmente i miei genitori mi vedono in camice».
E il cinema?
«Nel 2026 uscirà L’estranea di Paolo Strippoli con Jasmine Trinca e Valeria Bruni Tedeschi, su una famiglia di Bari che cade in rovina. Jasmine interpreta mia madre, invecchiata è formidabile: la ammiro. Cambia sempre e mantiene un’identità sua molto forte. Apprezzo molto quando nell’attore vedi il sia il personaggio che la persona, come se fosse un ponte».