la Repubblica, 30 dicembre 2025
Vance ora punta alla Casa Bianca: erede di Trump con i soldi di Musk
Nella faida del mondo Maga, in cui da settimane influencer, commentatori e politici si accusano a vicenda di essere antisemiti o “nemici interni”, ha fatto scalpore una grande assenza: quella di J. D. Vance. Il vicepresidente degli Stati Uniti ha scelto di non prendere posizione, aggirando le polemiche, tenendosi alla larga anche dall’incontro di Mar-a-Lago con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dove invece era presente il segretario di Stato Marco Rubio.
Secondo i media americani la spiegazione è semplice: Vance sta lavorando alla candidatura presidenziale del 2028 e progetta di attraversare il Paese per lanciare la propria immagine, non più di vice fotocopia del tycoon, ma di leader autonomo. Non è una sfida semplice, perché l’ex senatore dell’Ohio, 41 anni, dovrà cercare di staccarsi da Donald Trump – in calo di popolarità e afflitto da problemi di salute – senza ferirne l’ego. La prospettiva di gestire una sfida politica di questo tipo, che a molti risulterebbe paralizzante, sembra invece l’ideale per Vance, che si sta affermando come la figura più inquietante tra i populisti americani: è meno rumoroso, più disciplinato, più colto, perfetto per normalizzare il trumpismo.
Dicono di lui che «non media il conflitto, lo sospende». Non è un incendiario ma il freddo amministratore dell’ira. Vance non rappresenterà una rottura con The Donald, ma la sua possibile eredità, meno caotica, più giovane e forse più duratura. È populista ma non incarna la rivolta contro l’élite: rappresenta una nuova versione, finanziata da Big Tech. In questo avrà un grande alleato: Elon Musk. Il proprietario di X, Space X e Tesla ha un debito di riconoscenza con Vance. Secondo il Washington Post, il vicepresidente è stato decisivo per evitare che la rottura tra Musk e Trump travolgesse entrambi e il movimento Maga. Vance ha disinnescato la minaccia della nascita di un terzo partito, come aveva annunciato il sudafricano, e spinto perché alla Nasa venisse chiamato Jared Isaacman, amico fraterno di Musk.
La tregua tra il miliardario sudafricano e il tycoon resta fragile, l’alleanza Musk-Vance no. In vista di una discesa in campo, i finanziamenti del ceo di Tesla e la sua macchina tecnologica potrebbero fare la differenza come successo con Trump alle presidenziali dell’anno scorso, e allontanare le candidature di potenziali avversari come il senatore del Texas Ted Cruz e quello del Missouri Josh Hawley. Intanto Vance ha incassato il sostegno di Erika Kirk, vedova dell’attivista suprematista cristiano Charlie Kirk ucciso in un attentato a settembre. All’evento in Arizona di Turning Point, l’organizzazione di Kirk, i repubblicani si sono insultati. Il giornalista Tucker Carlson è stato accusato di «imbecillità morale» dall’influencer Ben Shapiro per aver ospitato nel suo podcast il negazionista dell’Olocausto Nick Fuentes.
Vance si è tenuto alla larga da tutto, seguendo il suo copione: mostrarsi fedele e non impaziente. Si sa che passerà gran parte del 2026 a fare campagna per i candidati repubblicani in vista delle elezioni di Midterm di novembre per il rinnovo del Congresso. Sarà un momento chiave per costruire la macchina elettorale, perché lo metterà in contatto con gli attivisti locali e gli organizzatori. Secondo Axios, Vance punterà su un esercito di influencer e personalità, a cominciare dal figlio del presidente, Donald Jr, colui che aveva convinto il padre a scegliere come vice l’amico. Potrebbe Trump scaricare un uomo sostenuto dal figlio? Sarebbe un altro tassello del mosaico, al momento perfetto, con cui la prova vivente della metamorfosi politica – dieci anni fa Vance aveva definito Trump l’Hitler americano – si prepara a portare a termine la rivoluzione Maga, ma senza il suo promotore. Uno scenario che molti democratici temono molto più dell’originale.