La Stampa, 29 dicembre 2025
Lady Bitcoin
La prima volta che Ophelia Snyder sente la parola Bitcoin è il 2013. Cinque anni dopo che Satoshi Nakamoto ha presentato il suo protocollo sulla criptovaluta, Ophelia è appena tornata dall’università e si trova con sua madre, a New York, a guardare un documentario sulla crisi finanziaria del 2008. Lo scoppio della bolla immobiliare, i subprime e il fallimento di Lehman Brothers. In quelle immagini c’è tutto: globalizzazione, rischio geopolitico, sistema finanziario. Poi sua madre rompe il silenzio: «Hai mai sentito parlare di Bitcoin?».
«Io non ne avevo mai sentito parlare, mi madre sì» racconta l’imprenditrice 33enne spiegando come avesse colto l’intuizione economica dietro quella tecnologia, ma si fosse dovuta fermare davanti a un muro: «Non esisteva un modo serio, trasparente e sicuro per investire». Quella frustrazione, allora solo familiare, anni dopo sarebbe diventata un’azienda.
Oggi Ophelia Snyder è la co-fondatrice di 21Shares, uno dei principali emittenti globali di ETP su criptovalute. Per il mercato è una delle figure che hanno reso le cripto investibili. Ma dietro questa traiettoria c’è una storia atipica, che intreccia radici italiane, ambizione imprenditoriale e una costante diffidenza verso le scorciatoie.
Nata a New York, cresciuta tra gli Stati Uniti e Roma, madre romana, padre newyorkese, famiglia di origine fiorentina, non si vergogna a dire che con la finanza non è stato «amore a prima vista». A Stanford, in California, studia biologia marina sognando un futuro da documentarista. E all’inizio funziona: collabora con produzioni per Discovery Channel e Netflix. Fino a quando non capisce che più delle riprese ad appassionarla sono i dati, l’analisi, la struttura delle storie.
Il primo passo verso la finanza è un fondo di venture capital a Sand Hill Road, nella Silicon Valley. Si diverte a «valutare le aziende emergenti» e vuole approfondire l’argomento. Torna a New York per seguire un master e approdare al mondo dell’investment banking. Un’esperienza che però Ophelia non romanticizza, anzi: «La verità è che sono stata una pessima investment banker». Anche perché il lavoro le sembra «ripetitivo, lontano dai problemi complessi» che cercava. Però matura una competenza decisiva: impara «a leggere contratti, strutture, prospetti e a pensare alla finanza come a un oggetto tridimensionale».
Quelle stessa competenza che, anni dopo, le permetterà di scrivere la prima bozza del prospetto di 21Shares. A differenza di tanti startupper, Ophelia non ha mai sognato di fondare un’azienda: «Volevo risolvere problemi difficili». E il problema nasce in famiglia. Sua madre – e quella del futuro cofondatore, Hany Rashwan – volevano investire in cripto. Ma il mercato continuava a offrire strumenti costosi, opachi o poco affidabili. «A un certo punto la domanda diventa inevitabile: se non esiste, perché non costruirlo?»
Così nasce 21Shares: non come startup visionaria, ma come risposta a un vuoto di mercato. Prima ancora di costruire un prodotto, il team analizza 27 giurisdizioni per capire dove un ETP su criptovalute possa esistere in modo legale e solido. La risposta è una sola: Svizzera. Ophelia vive negli Stati Uniti, non parla la lingua, il segmento ETP è quasi fermo e tutti scommettono su un rapido decollo americano.
«Stavo costruendo un ETF senza averne mai comprato uno», racconta. La curva di apprendimento è ripidissima. «Quasi tutti erano convinti fosse impossibile. Fino a quando 21Shares diventa pioniera dei prodotti cripto fisicamente collateralizzati sui mercati tradizionali». Gli Stati Uniti arriveranno solo nel 2024.
Costruire in un settore volatile e scarsamente regolamentato significa convivere con l’incertezza. Ophelia sceglie la sua strada: «Disciplina finanziaria, trasparenza e dialogo costante con i regolatori», anche quando il mercato premia l’opposto. A volte significa rinunciare a guadagni rapidi. Nel tempo, però, questa scelta consente all’azienda di attraversare più cicli di mercato e di costruire fiducia.
Le radici italiane restano una bussola. «Qui qualità, reputazione e relazioni contano», dice. Un’idea di impresa orientata alla durata, più che alla velocità, che Ophelia ha portato con sé anche nel mondo cripto. L’Italia è stata uno dei primi mercati istituzionali di 21Shares, ma soprattutto è casa.
Snydner va oltre la narrazione delle start up di successo: «La realtà è fatta di sacrificio, pressione continua, otto anni senza ferie e una disponibilità permanente. In un settore dominato dagli uomini, il percorso è ancora più complesso». Ma proprio per questo, sostiene, c’è bisogno di più donne: senza di loro, l’industria non può mantenere la promessa di una finanza più aperta.
Oggi Ophelia Snyder continua a costruire dove finanza tradizionale e infrastruttura cripto si incontrano. Nel frattempo, 21Shares è stata recentemente ceduta a XFalcon, segnando uno dei passaggi più rilevanti nel consolidamento degli asset digitali regolamentati. Un’uscita che certifica il percorso di un’azienda nata da un problema domestico e arrivata a diventare un’infrastruttura globale.