corriere.it, 29 dicembre 2025
Anche Ötzi aveva il papillomavirus: le tracce nel Dna e lo studio che può riscrivere la storia delle malattie sessualmente trasmissibili
A oltre trent’anni dal suo ritrovamento, la mummia del Similaun – conosciuta in tutto il mondo come Ötzi – continua a fornire nuove e sorprendenti informazioni scientifiche. Rinvenuto in Alto Adige il 19 settembre 1991 sul confine italo-austriaco, sulle Alpi Retiche orientali, sul ghiacciaio del Similaun a oltre 3mila metri di quota, il corpo mummificato di un uomo vissuto più di 5mila anni fa è oggi al centro di una nuova scoperta scientifica che potrebbe riscrivere la storia evolutiva dei virus umani sessualmente trasmissibili. Secondo il recente studio condotto dai biologi della Universidade Federal de São Paulo, nel Dna di Ötzi sarebbero state individuate tracce di papillomavirus umano (Hpv). Sebbene i risultati non siano ancora stati sottoposti a revisione paritaria, la ricerca – pubblicata in via preliminare su bioRxiv – suggerisce che il ceppo Hpv16, uno dei più pericolosi dal punto di vista oncogeno, fosse già presente negli esseri umani in epoche preistoriche.
Come si legge nell’abstract dello studio, se i dati verranno confermati, essi dimostreranno che «l’Hpv16 fosse già presente negli esseri umani durante il Paleolitico superiore, indicando una consolidata associazione ospite-virus indipendente dalla trasmissione neanderthaliana». L’Hpv16 è oggi responsabile di circa il 60% dei tumori della cervice uterina, oltre a essere coinvolto in altri tipi di tumori. Su questo, i ricercatori ricordano che «i papillomavirus umani (Hpv) sono virus antichi con diversi lignaggi che infettano i tessuti epiteliali di primati ed esseri umani». Tuttavia, mentre la loro distribuzione attuale e la rilevanza clinica sono ben note, «le conoscenze sulla loro presenza tra le popolazioni umane preistoriche sono limitate».
Per colmare questa lacuna, gli scienziati hanno spiegato: «Abbiamo studiato la presenza di Hpv in antichi esseri umani anatomicamente moderni», analizzando i dati genomici di due individui eccezionalmente ben conservati: Ötzi e Ust’-Ishim, un uomo vissuto circa 45mila anni fa, ritrovato nel 2008 nei pressi di Omsk, in Siberia (Russia). Attraverso l’analisi del Dna, sono state ricercate «sequenze di papillomavirus in questi genomi antichi». Il risultato è stato l’individuazione di «frammenti di papillomavirus ad alta confidenza in entrambi gli individui». Ulteriori analisi hanno permesso di stabilire che «le sequenze ricostruite appartengono al ceppo Hpv16, il lignaggio di Hpv più oncogenico». Per questo motivo, lo studio presenta «le prime prove molecolari dell’Hpv16 negli esseri umani anatomicamente moderni».
Il ritrovamento di Ötzi avvenne in modo del tutto casuale nel settembre del 1991, quando i coniugi tedeschi Erica e Helmut Simon, durante un’escursione, notarono il corpo emergere dal ghiaccio. In un primo momento si pensò si trattasse di un alpinista scomparso in epoca recente. Inizialmente, furono le autorità austriache ad occuparsi del recupero, convinte che il ritrovamento fosse avvenuto all’interno dei loro confini nazionali. Solo successivamente, grazie alle verifiche del finanziere Silvano Dal Ben, si accertò che il luogo si trovava pochi metri fuori dal confine austriaco, all’interno del territorio italiano. In seguito a un accordo tra l’Austria e la Provincia autonoma di Bolzano, la mummia di Homo sapiens sapiens venne trasferita in Italia. Oggi Ötzi è conservato nel Museo archeologico dell’Alto Adige, in una speciale cella che riproduce le condizioni del ghiacciaio, con una temperatura di −6° C e un’umidità superiore al 99% per consentirne la conservazione e permetterne l’osservazione da parte dei visitatori attraverso una finestrella di vetro. In oltre trentacinque anni di studi, la mummia del Similaun è stata oggetto di innumerevoli ricerche archeologiche, botaniche, mediche, antropologiche e medico-legali. L’Uomo venuto dal ghiaccio, vissuto nell’Età del Rame, ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della bioarcheologia. Le conoscenze su Ötzi sono oggi raccolte in quasi mille pubblicazioni scientifiche.