Corriere della Sera, 29 dicembre 2025
Trump: «Vicini alla pace». E Zelensky: «Intesa al 90%»
«Abbiamo fatto molti progressi verso la pace». E i risultati «li vedremo tra qualche settimana». È un Trump ottimista quello che ieri ha ricevuto Zelensky a Mar-a-Lago per il loro settimo faccia a faccia. Il presidente statunitense si è detto fiducioso che sia Mosca che Kiev vogliano la pace e siano più vicine all’obiettivo. Al di là delle parole, le posizioni restano ancora distanti. Ed è lo stesso Trump ad ammetterlo, pur continuando ad affermare di aver fatto finire otto guerre. Ma questa – dice il tycoon – è la più difficile da chiudere. E ci sono ancora questioni «spinose» da risolvere, in testa il destino dei territori.
Fiducioso alla fine dell’incontro è apparso anche Zelensky, che parla di «accordo al 90% sul piano in 20 punti» e di garanzie di sicurezza «risolte al 100%», anche se Trump lo corregge e dice «siamo al 95%».
Sul tavolo il destino del Donbass. «Ci stiamo avvicinando ad un accordo per una zona economica libera», ha dichiarato ai giornalisti il presidente statunitense mostrandosi favorevole alla proposta presentata dal leader ucraino. Prima di ricevere Zelensky, Trump ha avuto una conversazione telefonica «buona e molto costruttiva» con Putin, che il tycoon ha giudicato «molto serio» sulla pace. I due – riferisce il Cremlino – hanno parlato per un’ora e 15 minuti su richiesta della Casa Bianca, e hanno concordato sul fatto che una tregua prolungherebbe solo le ostilità. «Per porre fine definitivamente al conflitto, Kiev deve, prima di tutto, prendere una decisione politica coraggiosa e responsabile» sul Donbass, ha detto il consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov annunciando nuovi contatti tra il Cremlino e la Casa Bianca.
E se è proprio sul destino dei territori che restano le difficoltà più grandi, il contenuto della conversazione e i toni di Mosca preoccupano ancora una volta Kiev, dato il precedente disastroso dell’incontro di ottobre quando Trump, dopo aver parlato con Putin, fece volare le mappe del Donbass che Zelensky gli aveva portato e bloccò il via libera all’invio dei missili Tomahawk promessi a Kiev il mese prima. Ere diplomatiche fa e un clima decisamente diverso ma ieri, all’arrivo in Florida, il presidente ucraino è apparso teso. Alcuni suoi consiglieri – scrive il Financial Times – gli avrebbero addirittura consigliato di rimandare il faccia a faccia. E il disagio è stato palpabile anche quando Trump ha congedato bruscamente i giornalisti proponendo loro di accomodarsi fuori per un pranzo a base di bistecca e patatine fritte.
Accanto al tycoon, il segretario di Stato Marco Rubio e il capo del Pentagono Pete Hegseth. Zelensky è arrivato accompagnato dal segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale e la difesa Rustem Umerov e dal ministro dell’Economia Oleksii Sobolev, oltre che dal capo di stato maggiore della difesa Andrii Hnatov, un team diverso e più ampio rispetto ai precedenti incontri. Oltre il destino del Donbass e la possibilità di indire un referendum in Ucraina per sancire cambiamenti territoriali, sul tavolo anche il controllo della centrale nucleare di Zaporizhzhia e le garanzie di sicurezza. Su questo ultimo tassello, pur non entrando nei dettagli, Trump ha rassicurato: «Sarà un accordo solido. Le nazioni europee sono coinvolte in questo».
Ed è proprio con gli alleati del Vecchio Continente che Zelensky aveva già fatto il punto prima di sbarcare in Florida per definire gli ultimi dettagli dell’incontro con Trump. Poi, dopo il faccia a faccia, una nuova videochiamata coi leader europei tra cui la premier Giorgia Meloni, che è tornata a insistere sulla coesione di vedute.
Lasciando Mar-a-Lago, Zelensky ha annunciato un incontro a Washington con Trump e gli alleati europei in agenda per gennaio. Il tutto mentre il presidente statunitense, per la prima volta, si è detto disponibile ad andare in Ucraina e parlare al parlamento di Kiev. Una corsa diplomatica che sembra accelerata. Ma il cui destino dipende, ancora una volta, da Mosca.