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 2025  dicembre 28 Domenica calendario

L’uomo di Giava torna a casa

I Paesi Bassi hanno restituito all’Indonesia le ossa preistoriche note come Uomo di Giava, appartenenti a una specie a lungo considerata l’anello mancante tra gli esseri umani e le altre scimmie antropomorfe. Si tratta della prima restituzione prevista di un patrimonio di circa 40 mila fossili ritrovati dallo scienziato Eugène Dubois durante il dominio coloniale olandese sull’isola. 
Le parti dello scheletro – una calotta cranica, un molare e un femore – furono i primi frammenti conosciuti di homo erectus. Sebbene siano spesso indicati con la dicitura collettiva Uomo di Giava, gli scienziati ritengono oggi che provengano da alcuni individui diversi. Nel rimpatrio è stata inclusa anche una conchiglia, sulla quale i primi homo erectus avevano praticato alcuni graffi. Dopo oltre 130 anni, i reperti sono stati restituiti durante una cerimonia al museo Nazionale dell’Indonesia a Giacarta, che li esporrà. L’ambasciatore olandese nel paese, Marc Gerritsen, li ha consegnati ufficialmente al ministro della Cultura indonesiano, Fadli Zon. 
«Sento davvero il significato storico di questo viaggio», ha dichiarato Marcel Beukeboom, direttore del museo olandese dove erano esposti i reperti, in un messaggio inviato dall’aereo che trasportava i fossili, conservati in una valigia climatizzata e tracciata tramite GPS, chiusa con il sigillo diplomatico. 
Il caso dell’Uomo di Giava ha suscitato particolare interesse nei musei di storia naturale di tutto il mondo perché è una delle prime richieste di restituzione che riguarda non manufatti della civiltà umana ma oggetti preistorici, che non possono essere collegati a tradizioni culturali o sociali, né identificati come resti ancestrali. Il dibattito sulla restituzione in questo caso si è spostato su questioni di proprietà intellettuale e sovranità scientifica. Poiché furono trovati e rimossi dai rappresentanti di una potenza coloniale, che ridusse in schiavitù la popolazione locale e sfruttò le risorse locali, i funzionari dei Paesi Bassi e dell’Indonesia hanno convenuto che quei fossili fanno parte della storia indonesiana. Fino a poco tempo fa, i resti erano il pezzo forte della famosa sala dedicata ai primi esseri umani del Naturalis Biodiversity Center di Leida, nei Paesi Bassi, ed erano esposti accanto a una rappresentazione virtuale dell’Uomo di Giava. Dubois li trovò, insieme a moltissimi altri reperti (circa 40 mila) dalle rive del fiume Bengawan Solo sull’isola di Giava e da altri scavi, in quelle che allora erano chiamate Indie orientali olandesi, e li spedì tutti nei Paesi Bassi a partire dal 1891. L’Indonesia ha presentato per la prima volta una richiesta ufficiale di restituzione dell’Uomo di Giava e della più ampia collezione Dubois subito dopo aver ottenuto l’indipendenza dal dominio olandese nel 1949. I funzionari olandesi hanno respinto la richiesta per anni, ma dopo che un comitato consultivo del governo olandese ha consigliato un maggiore intervento sulla restituzione dei beni dell’era coloniale nel 2020, il governo indonesiano ha presentato una nuova istanza. Il comitato ha anche commissionato uno studio sulla provenienza della Collezione Dubois e ha raccomandato la restituzione dell’intero tesoro. 
«Secondo il comitato le circostanze in cui i fossili furono ottenuti probabilmente contro la volontà della popolazione», si legge in un comunicato stampa diffuso all’epoca dal museo di Leida, che aggiunge «avevano un valore spirituale ed economico per la popolazione locale, che fu costretta a rivelare i siti del ritrovamento”. A partire da settembre, i Paesi Bassi si sono impegnati a restituire una parte significativa della collezione Dubois. Oltre ai quattro pezzi consegnati, i restanti fossili e campioni di terreno conservati presso il Naturalis dovrebbero essere inviati in Indonesia nel 2026. Secondo Sri Margana, studioso di storia giavanese presso l’Universitas Gadjah Mada di Yogyakarta, in Indonesia, ciò permetterà agli scienziati indonesiani di confrontare i reperti con altri rinvenuti di recente a Sumatra e Sulawesi per stabilire nuovi collegamenti nella storia dell’evoluzione umana in Asia. 
«Si tratta anche di riconoscere il ruolo degli indigeni in questa scoperta» sostiene Sri Margana, e aggiunge: «La spedizione fu guidata da Dubois, ma in realtà lui si affidò alla popolazione locale che fecero il lavoro più duro, agli intellettuali indigeni che conoscevano il luogo e avevano conoscenze di storia antica, e ai leader locali coinvolti nell’impresa. Vogliamo che questa parte della vicenda sia riconosciuta». Fenneke Sysling, storica della scienza e del colonialismo all’Università di Leida, coautrice di un articolo accademico sulla provenienza della collezione Dubois, afferma che il rimpatrio rappresenta una forma di «giustizia epistemica». 
«Tutte le conoscenze che le potenze coloniali hanno raccolto nelle colonie hanno reso i nostri istituti di ricerca davvero competitivi. Se la maggior parte delle collezioni fosse rimasta in Indonesia avrebbe dato alla nazione un vantaggio quando divenne indipendente» ha affermato Sysling in un’intervista. Per il museo di Leida il rimpatrio significa anche che la galleria dedicata ai primi esseri umani dovrà essere adattata. «È un compito arduo», ha affermato il direttore Beukeboom. «Si potrebbe dire che la nostra Ronda di notte se ne sta andando», ha aggiunto, riferendosi al celebre dipinto di Rembrandt che è il pezzo forte del Rijksmuseum di Amsterdam. 
«Ci prenderemo del tempo per pensare a una nuova storia da raccontare. Probabilmente questa storia includerà riferimenti all’evoluzione e ai primi esseri umani, e potrebbe anche affrontare il colonialismo e forse anche l’influenza di Dubois», ha aggiunto Beukeboom. «Ma senza la sua collezione e con tutto ciò che abbiamo imparato, questa sarà certamente una storia diversa».