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 2025  dicembre 28 Domenica calendario

Christian De Sica: “Di Zalone amo la scorrettezza. Cinepanettoni? Ne farei ancora”

"Le feste in sala? Vado a vedere Checco Zalone. Di Avatar non me ne frega niente». Christian De Sica torna su Prime Video il 2 gennaio con la seconda stagione di Gigolò per caso, con Pietro Sermonti e la Sex guru Sabrina Ferilli. L’uscita in zona Capodanno è l’appuntamento con i fan orfani dei suoi film natalizi. Per l’attore, 74 anni, è l’occasione di parlare di politicamente corretto, critica e incassi di Natale.
Sì può ridere della sessualità al tempo del politicamente corretto?
«A parte Checco Zalone che, beato lui, resta fortemente scorretto, il politicamente corretto a noi comici ci ha castrato. Nei miei film spesso spingevamo l’acceleratore sul turpiloquio o altre cose che spaventavano, ma abbiamo anche raccontato l’Italia meglio di tanti film autoriali. Grazie a dio, con le piattaforme si ha più mano libera che al cinema, oggi».
Zalone fa discutere per battute su Gaza, Olocausto, 11 settembre.
«Ci va pesante eh? Ma ha ragione, perché la complicità è cattiva. Si ride con il demonio, non si ride con san Francesco».
Lei arriva in sala a febbraio.
«Sì, esco il 5 con Agatha Christian perché 1200 sale le hanno date a Zalone e mille ad Avatar. E siccome è lui l’enfant gâté in questo momento è giusto che abbia le sale. E il nostro è un giallo comico, non natalizio».
La comicità popolare si può ancora fare?
«Sì. Ma le faccio un esempio: in una scena di Agatha Christian beccavo Lillo a letto con Paolo Calabresi, si erano addormentati sul divano, e li chiamavo “pederasti”. Non me lo hanno fatto dire, ho dovuto cambiare con “delinquenti”».

Lei rivede i suoi film?
«Mai. Intercetto spezzoni sui social, a volta penso “sono bravo”, altre dico: “Che stupidaggine”».

Anche lei, come Zalone funziona anche “spacchettato” su TikTok?
«Sì. Ho un pubblico trasversale, ventenni che mi chiamano zio, mi abbracciano per strada. I miei film di Natale si vedono in streaming, c’è merchandising pazzesco, cappelli e magliette con titoli e battute. Non faccio più cinepanettoni perché i produttori non me li chiedono, ma i ragazzi ne vorrebbero ancora».

Zalone ha detto che vive con ansia l’uscita in sala. Lei aveva questa pressione?
«Era appannaggio del produttore, che faceva milioni. Quando usciva il film i soldi che mi avevano dato li avevo già finiti. Per me ogni volta era una festa, i boati in sala erano frustate di vitalità. L’ansia ce l’ho sul set: la comicità è difficile, una questione di tempi, di secondi».

“Buen camino” è stato maltrattato dai critici. Lei come viveva le stroncature?
«Da ragazzino ci soffrivo. I critici che ti insegnavano qualcosa erano pochi, e quei pochi li ascoltavo. Ma percepivo anche la malafede, le stroncature senza aver visto il film. Poi Renato Zero, mi disse “non leggo nulla, tanto io sono Renato Zero…”, oggi non le leggo più. E purtroppo credo che la critica non la legga quasi più nessuno. È una delle cose che si sono sputtanate in questo Paese. Troppo severo?».
Sui social in compenso c’è un gioco al massacro.
«Tremendi, hanno introdotto la possibilità ai cretini di dire di tutto. Mi accorgo, andando a vedere le cattiverie su di me, che sono scritte da colleghi. Capisci il livore, no?».
La rivalità al cinema è cosa antica.
«Sì. Ricordo la sera in cui papà e Roberto Rossellini guardavano a casa la notte degli Oscar in tv. All’annuncio che Nanni Loy non aveva vinto, iniziarono a ridere e far pernacchie».
A proposito di suo padre, questo gigolò ricorda i suoi personaggi?
«Sì. È uno di quelli che al cinema non si fanno più, li faccio solo io che ho una certa età e che avrebbero potuto fare mio padre o Alberto Sordi. Hanno un tono aristocratico, ma accavallano la gamba e spunta il buco sotto la suola. Cavalli padronali ma zoppi, nobiluomini falliti, un po’ fané. Oggi si fanno personaggi cupi, questo è ancora un incosciente: la serie si potrebbe chiamare Memorie di un uomo inutile. Mi piace ritrovare Eros Puglielli e Pietro Sermonti».

Con Ferilli una sintonia storica.
«Dopo tanti film siamo amici nella vita. Lei più che un’amica è un amico, perché parla come un uomo. Un compagno di giochi e avventure.
La conosco da quando è ragazzina, da Night Club di Sergio Corbucci. Ho visto tutta la sua escalation».
Con Eros Puglielli c’è un sodalizio.
«Ha talento e senso dell’umorismo raro. I registi sono lugubri, a parte Carlo Vanzina, Neri Parenti, Sergio Corbucci, Dino Risi».
Come passerà il Capodanno?
«In famiglia facciamo il cenone tutti in pigiama, siamo più comodi. Ne approfitto per augurare a tutti feste cariche d’amore».