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 2025  dicembre 28 Domenica calendario

Armi a Taiwan? Scattano le sanzioni. Così la Cina riapre il fronte con Trump

Pechino chiude l’anno di rapporti tormentati con gli Stati Uniti con una raffica di sanzioni contro aziende americane della difesa. Nella lista nera sono finiti venti gruppi industriali e dieci dirigenti accusati dalla Cina di fornire armi a Taiwan.
L’elenco comprende Northrop Grumman Systems, L3Harris Maritime Services e la filiale di St Louis di Boeing, che costruisce jet da caccia.
La punizione significa il congelamento di tutti i beni che le venti aziende e i dieci uomini d’affari detengono in Cina, la chiusura di ogni rapporto commerciale e il divieto per i dirigenti di mettere piede sul territorio della Repubblica popolare. Una mossa soprattutto simbolica, visto che l’industria bellica americana non vende sistemi d’arma alla superpotenza rivale. Il segnale però è minaccioso in prospettiva per Boeing, perché il colosso aerospaziale sta trattando un contratto per 500 apparecchi civili da consegnare nei prossimi anni a compagnie cinesi.
Il ministero degli Esteri di Pechino, annunciando le sanzioni, ha ammonito che «ogni provocazione nella questione taiwanese sarà respinta con forza e imprese o individui che vendano armi all’isola pagheranno il prezzo delle loro azioni sconsiderate».
Dieci giorni fa l’amministrazione Trump ha annunciato la vendita a Taiwan di armi per oltre 11 miliardi di dollari: il pacchetto di forniture militari più consistente nella storia recente. D’altra parte il nuovo «disordine mondiale» ha portato l’isola democratica in una situazione di pericolo imminente.
In base al programma, la difesa taiwanese riceverà 82 lanciarazzi ad alta mobilità del tipo Himars e 420 sistemi missilistici a medio raggio Atacms (300 chilometri di portata), del tipo di quelli che durante la presidenza Biden hanno aiutato gli ucraini a fermare l’avanzata russa. Questa parte della fornitura vale 4 miliardi di dollari. Altri 4 miliardi valgono 60 cannoni semoventi con munizionamento e missili anti-carro Javelin. E arriveranno anche droni d’attacco per un miliardo di dollari.
Il Dipartimento di Stato di Washington ha spiegato che la vendita di questo arsenale «servirà gli interessi nazionali, economici e di sicurezza dell’America, sostenendo lo sforzo del destinatario di mantenere una capacità militare credibile che conserverà la stabilità politica nella regione».
Negli ultimi mesi Donald Trump ha evitato dichiarazioni su Taiwan, ha incassato senza replicare anche l’ultima telefonata di Xi che a novembre gli ha ricordato come «il ritorno della provincia sotto il controllo della Cina è parte integrante dell’ordine mondiale». Il presidente americano è impegnato in uno spregiudicato gioco di potenza con quello cinese. La Casa Bianca ha dovuto inseguire una tregua commerciale dopo aver cercato di piegare l’avversario strategico con i dazi. Pechino le ha tenuto testa utilizzando l’arma delle terre rare e secondo i politologi ha vinto la mano di poker con il suo rilancio. Dopo estenuanti trattative è stato concordato, oltre al cessate il fuoco commerciale di un anno, che Trump andrà in visita nella Città proibita ad aprile 2026. Sono anche previsti altri tre incontri al vertice l’anno prossimo, il primo quando Xi restituirà la visita di Stato andando a Washington e poi ancora in Cina per la riunione Apec e in America per il G20.
Ma sulla possibilità di un’intesa o almeno di una distensione duratura pesa la questione taiwanese.
Xi vorrebbe convincere Trump a dichiarare che gli Stati Uniti «si oppongono» all’indipendenza dell’isola. La linea americana è di «non sostegno a una dichiarazione d’indipendenza e mantenimento dello status quo» (che significa sovranità di fatto per Taipei). Trump sostiene di aver ottenuto da Xi l’assicurazione non lancerà un’azione militare «fino a quando io sarò alla Casa Bianca, perché comprende le conseguenze». Poi ha dato il via libera alla mega-fornitura di armi per 11 miliardi di dollari.
Riemerge la consolidata «ambiguità strategica» dell’America sulla questione dello Stretto: non spingersi fino a garantire l’uso della propria forza militare forza per difendere la democrazia taiwanese, per evitare la crisi irrimediabile con Pechino. Ma contemporaneamente armare l’isola per scoraggiare piani d’invasione.