La Stampa, 27 dicembre 2025
Strage di Brandizzo Rfi bloccò i test dei sensori salva-vita
Una tecnologia italiana che consente di bloccare i treni in arrivo ed evitare incidenti ferroviari. E che se fosse stata utilizzata avrebbe potuto evitare la strage di Brandizzo, la sera tra il 30 e il 31 agosto 2023 che costò la vita a cinque operai travolti dal convoglio mentre lavoravano per sostituire una parte di un binario vicino alla stazione ferroviaria.
Un sistema sperimentale. Una sorta di «cervello» che riceve informazioni dai sensori lungo la linea facendo arrestare la corsa del treno se ci sono problemi. Se qualcuno si trova lungo i binari, quello strumento blocca il convoglio. Si chiama «modello Tp 8000» ed è stato sviluppato esclusivamente per Rfi seguendo le indicazioni dei suoi tecnici.
Il sistema permetteva di comunicare attraverso frequenze riservate, e non attraverso i telefonini. Così come, invece, è avvenuto la notte della strage quando il preposto di Rfi era al telefono con la responsabile movimento a Chivasso per chiedere l’interruzione della linea, mai concessa perché era in arrivo l’ultimo convoglio.
In sostanza il progetto sperimentale permetterebbe di inviare integrazioni in tempo reale alla centrale e gestire le emergenze: una serie di sensori radio che avrebbero mandato segnali al treno in arrivo costringendolo a rallentare o a bloccarsi se gli operai non avessero ancora messo in sicurezza l’area di cantiere. Proprio quello che non è successo a Brandizzo.
Le carte di questo progetto sono state acquisite dalla procura di Ivrea che sta cercando di far luce su quella tragedia e che in estate ha notificato l’avviso di chiusura indagini a 21 persone tra cui i due sopravvissuti (Antonio Massa, capo scorta Rfi, e Andrea Gibin, caposquadra della società Sigifer, l’impresa per cui lavoravano i cinque operai morti) e 3 società: Rfi, Sigifer e Clf. Le pm Valentina Bossi e Giulia Nicodemi coordinate dalla procuratrice capo Gabriella Viglione contestano agli indagati il reato di omicidio colposo per la morte di Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà, il più giovane della squadra. Pochi giorni dopo quella strage, in procura a Ivrea è stato anche ascoltato il titolare della società con sede in Campania e che aveva avviato i protocolli con Rfi.
La prova dell’esistenza e dell’avvenuta sperimentazione di quel sistema, poi interrotta un paio d’anni prima della strage, potrebbe avere aggravato le posizioni degli indagati di Rfi, a partire dai suoi vertici come gli ex amministratori delegati Gianpiero Strisciuglio e Vera Fiorani. Lo stop alla sperimentazione avrebbe aperto anche un contenzioso tra Rfi e il progettista del sistema.
Rfi sulla questione non rilascia alcuna dichiarazione. Nel frattempo l’azienda di Stato ha avviato le trattative per risarcire le famiglie delle cinque vittime.