la Repubblica, 27 dicembre 2025
Il Venezuela libera 99 detenuti ma Trentini resta in carcere. La famiglia: è l’ora di insistere
Ne hanno liberati 99. Hanno spulciato le liste fino a tarda notte nella speranza che quel nome ci fosse. E invece no: il centesimo non c’è. Alberto Trentini resta in carcere, per il momento, ostaggio più che prigioniero del governo venezuelano. Ieri il governo di Caracas ha annunciato la liberazione di 99 prigionieri politici arrestati dopo le proteste seguite alle elezioni presidenziali del luglio 2024, segnate dalla contestata riconferma di Nicolás Maduro.
Le scarcerazioni sono avvenute tra la notte di Natale e il giorno successivo e riguardano persone arrestate durante e dopo le manifestazioni scoppiate contro l’esito del voto. Secondo le autorità di Caracas si tratta di un provvedimento legato al riesame delle posizioni giudiziarie di alcuni detenuti. «Un regalo di Natale», hanno detto gli uomini di Maduro, che stanno cercando di ricostruire un profilo anche internazionale nel momento di massima pressione nei rapporti con gli Stati Uniti. Nell’elenco dei liberati non compare Trentini, cooperante italiano detenuto da oltre un anno senza alcuna ragione concreta. La sua detenzione – questo ormai è chiaro – è legata unicamente al fatto di essere un cittadino italiano ed europeo, utilizzato come leva di pressione nei confronti dei governi occidentali.
Trentini è stato arrestato il 15 novembre 2024 mentre viaggiava da Caracas a Guasdualito, nello Stato di Apure. Un fermo a un posto di blocco, senza spiegazioni, seguito dal trasferimento in diverse strutture e da settimane di isolamento totale. Ora è a El Rodeo I, a pochi chilometri dalla capitale: la prigione dei detenuti politici, più volte oggetto di denunce da parte di organismi di controllo internazionali. Sovraffollamento, forti restrizioni ai contatti con l’esterno, difficoltà nelle comunicazioni, accesso limitato all’assistenza legale. E ancora: botte, torture bianche, carcerieri che si fanno chiamare Hitler. «Ecco perché confidiamo che il nostro governo, la nostra diplomazia non si facciano scappare anche questo treno, facendo inserire nelle liste delle persone che devono essere liberate in questi giorni il nostro Alberto», dichiara l’avvocata Alessandra Ballerini a nome dei familiari.
Nei giorni scorsi, a casa Trentini, è arrivata una telefonata dal Quirinale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto parlare direttamente con Armanda Trentini, la madre di Alberto. «Forza, non perdete la speranza: l’Italia è con Alberto. E con voi», le ha detto. Un gesto che la famiglia ha definito di grande valore umano ma anche istituzionale, perché ha ribadito che il caso Trentini resta una priorità per lo Stato italiano. «È stato un segnale importante per il nostro Paese e anche per gli altri Paesi: Alberto non è solo in quel carcere, con lui c’è tutta l’Italia», spiega Ballerini.
Sul piano diplomatico, la situazione resta in evoluzione. Dopo una fase di trattativa che aveva portato alle prime telefonate con la famiglia e a una visita consolare, il dialogo si è nuovamente rallentato. Alcuni mediatori avevano assicurato uno sblocco della vicenda. Poi il passo indietro, dovuto forse all’inasprimento delle tensioni tra Venezuela e Stati Uniti. In questi giorni è in missione a Caracas un delegato delle Nazioni Unite, l’ambasciatore Alberto López, che sta incontrando le autorità venezuelane e consegnerà al presidente Maduro una lettera firmata dalla madre di Trentini. «Alberto era in Venezuela per aiutarvi. Vi prego – ha scritto – concedetegli la libertà e fatelo tornare a casa da noi».