la Repubblica, 27 dicembre 2025
L’affondo dell’ambasciata di Mosca: “La politica italiana è ucrainizzata”
Nuova incursione dell’ambasciata russa, entrata ancora una volta nel dibattito pubblico italiano. Dopo le contestazioni avvenute durante un convegno dal titolo “Russofilia, russofobia, verità” organizzato da una sezione dell’Anpi all’università Federico II di Napoli, l’Italia viene accusata di complicità con i «nazisti ucraini» e quindi di «ucrainizzazione della politica italiana con il tacito consenso e, di fatto, la complicità delle autorità».
Nella ricostruzione dell’ambasciata, che trova spazio anche sull’agenzia di stampa Tass, un «gruppo di personalità pubbliche italiane» avrebbe subito «vessazioni». Alla conferenza hanno partecipato il professor Angelo d’Orsi e l’ex deputato M5S Alessandro Di Battista: per la Tass, «sarebbero stati aggrediti da nazionalisti ucraini, coadiuvati da attivisti italiani, inclusi esponenti di +Europa». I video diffusi sui social mostrano la presenza di persone all’evento, intenzionate a porre domande sulla situazione in Ucraina.
Gli attivisti pro-Ucraina di Ora!, Azione, +Europa, Radicali Italiani e Liberi Oltre Le Illusioni Aps, protagonisti del flashmob, respingono le accuse. Tra i partecipanti c’era anche Matteo Hallissey, presidente di Radicali e +Europa: «Volevamo chiedere al professor d’Orsi cosa ci faceva due mesi fa a Mosca ad applaudire Putin alla cerimonia per i 20 anni di Russia Today», spiega rimarcando il «fastidio, per le domande, che prova qualche nostalgico arrivando ad aggredire chi le pone». Secondo il leader di Azione, Carlo Calenda, «questi buffoni dell’ambasciata russa, rappresentanti di un regime fascista, imperialista e assassino, si lagnano per una contestazione pacifica». E il deputato Benedetto Della Vedova di +Europa annuncia un’interrogazione al ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Il governo ha il dovere di intervenire per difendere il nostro Paese da attacchi che somigliano più ad azioni di guerra ibrida che alla solita propaganda mal confezionata».
Ma ai suoi parlamentari, il titolare della Farnesina fa sapere che non convocherà l’ambasciatore di Mosca a Roma perché si tratterebbe di «provocazioni inutili, la solita propaganda russa che vuole dividere l’Occidente». E a proposito di propaganda russa, nel testo della manovra c’è un altro finanziamento destinato a fare discutere: 400 mila euro in due anni alla Fondazione Med-Or guidata dall’ex ministro e parlamentare Pd, Marco Minniti, per attività di ricerca sugli uomini di Vladimir Putin in Italia.
Dalla Lega trapelano malumori. Il tema è insidioso per la maggioranza, così come lo è il decreto armi, che domani arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri. Fino a ieri fonti del partito di Matteo Salvini hanno voluto rivendicare che, «come auspicato», il testo sarà «diverso da quelli del passato per forma e contenuti. In altre parole – spiegano – abbiamo sempre sostenuto di voler parlare prioritariamente di sostegno civile, sanitario ed energetico e non solo di rafforzamento offensivo». In realtà, dopo settimane di tensione dentro la maggioranza, i leghisti hanno dovuto ridimensionare la loro posizione fondata sul “no” all’invio di nuove armi. Tanto è vero che, come ha ribadito il vicepremier azzurro nelle sue conversazioni, «continueremo a fornire a Kiev sostegno politico, militare e civile». Come prima. E anche il ministro della Difesa Guido Crosetto ha più volte spiegato che «gli aiuti civili ci sono sempre stati e le armi sono sempre state solo difensive, per definizione e per Costituzione. Il testo non cambia rispetto al passato». Dunque, il dossier Ucraina resta al centro dell’attenzione: oggi la premier Giorgia Meloni potrebbe collegarsi al summit Usa-Zelensky a Miami, con gli altri leader europei.