Corriere della Sera, 27 dicembre 2025
L’arte di restaurare e restituire
È un viaggio nella grande maestria dei restauratori italiani impegnati su varie materie e su pezzi di diverse epoche ma è anche un colpo d’occhio enciclopedico e multidisciplinare sulla creatività del nostro Paese, tra grandi artisti e saperi artigianali. Solo qualche esempio. Su una parete splende la magnifica Madonna con il Bambino di Giovanni Bellini del 1470, conservata al MarteS-Museo d’Arte Sorlini di Calvagese della Riviera (Brescia). C’è il Requiescat di Pino Pascali, sepolcro ligneo del 1965, della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, collocato non lontano dall’immenso Reliquiario a tabella del XVIII secolo, grande custodia per diverse reliquie, della chiesa di San Biagio a Serra San Bruno (Vibo Valentia). Lo sguardo si perde nella Pianeta di manifattura messicana del XVIII secolo, conservata nella chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma, un capolavoro manuale composto da penne multicolori, lino e seta. Ecco la famosa Macchina Planetaria ottocentesca del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. È esposto anche il trono regio di Palazzo Reale a Napoli, un trionfo di ori e simboli monarchici, da sempre considerato di epoca borbonica ma recentemente datato, grazie a un documento, al 1874 (quindi realizzato sotto i Savoia) e attribuito all’intagliatore Luigi Ottajano.
La mostra Restituzioni 2025 propone il risultato dei restauri di opere provenienti da tutta Italia e che appartengono al bilancio della ventesima edizione di Restituzioni, il programma triennale del progetto di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio artistico nazionale che Intesa Sanpaolo conduce da trentasei anni in collaborazione con il ministero della Cultura. La mostra è visibile fino al 18 gennaio a Roma al Palazzo delle Esposizioni dell’Azienda Speciale Palaexpò che, sotto la presidenza di Marco Delogu, si afferma sempre più come spazio sia istituzionale (con la Quadriennale d’Arte o con la recente mostra Italia al lavoro) che creativo e sperimentale (le fortunate retrospettive come quella dedicata a Francesco Clemente, le performance per esempio di Alessandro Sciarroni, i laboratori per bambini).
Restituzioni 2025 propone 117 delle 128 opere restaurate, selezionate da Intesa Sanpaolo insieme a 51 enti di tutela (soprintendenze, direzioni regionali, musei nazionali e musei autonomi) e appartenenti a 67 diversi enti, tra musei pubblici e diocesani, chiese e luoghi di culto, siti archeologici. La cura scientifica della mostra è di Giorgio Bonsanti, Carla Di Francesco e Carlo Bertelli come curatore emerito. Il bilancio complessivo del progetto di Intesa Sanpaolo, cominciato nel 1989, e in quei tempi considerato avanguardistico nella collaborazione tra istituzioni private e pubbliche nel settore della conservazione del patrimonio culturale, è di 2.200 opere restaurate.
Spiega Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, e da sempre promotore e anima dell’iniziativa: «Con Restituzioni, giunta alla ventesima edizione, Intesa Sanpaolo, ispirata da un radicato senso di responsabilità verso il bene pubblico, è impegnata in prima linea nella salvaguardia delle opere d’arte italiane, vulnerabili perché minacciate dal tempo, dalle calamità naturali e dall’azione dell’uomo che rischiano di cancellare un patrimonio insostituibile. Il risultato è la “restituzione” alla collettività di un insieme di opere, che si presentano come un’insolita e irripetibile galleria di indiscussa bellezza e anche di pregnante significato per le comunità di appartenenza».
Ed è proprio il profilo di varietà delle opere, e di diverso approccio scientifico nel restauro, che affascina i visitatori anche grazie a un intelligente apparato di audiovisivi che documenta le fasi e le tecniche degli interventi. Spiega Silvia Foschi, responsabile Patrimonio storico-artistico e attività culturali di Intesa Sanpaolo: «Siamo sempre stati attenti, di edizione in edizione, alla varietà sia del patrimonio che del suolo italiano anche in termini cronologici. La molteplicità delle tipologie di intervento fa sì che il progetto Restituzioni si trasformi in una vasta agorà delle tecniche di restauro e dei saperi in una competenza che rende l’Italia famosa nel mondo grazie al prestigio dell’Istituto Centrale del Restauro, dell’Opificio delle Pietre Dure e di altri centri scientifici. In ogni edizione, grazie anche ai cataloghi, facilitiamo il dialogo e il confronto tra i professionisti del restauro che possono scambiarsi preziosissime informazioni sulle metodologie e sulle esperienze maturate sul campo».
Silvia Foschi propone un tipico esempio di rarità cronologica e geografica: «Penso al restauro dei due frammenti di papiri del Libro dei Morti di epoca Tolemaica, quindi 332-330 avanti Cristo, conservati al Museo Civico Archeologico di Bologna, testimonianze della vasta collezione egizia del pittore Pelagio Palagi che portò quei pezzi a Bologna nel 1861. Qui c’è, insieme, un’interessante documentazione sul collezionismo ottocentesco e un’esperienza di restauro di notevole interesse per la materia e per la estrema delicatezza dei pezzi».
Del programma Restituzioni 2025 fanno parte anche opere intrasportabili. Solo il Cavallo colossale di Antonio Canova, imponente scultura in gesso custodita ai Musei Civici di Bassano del Grappa (Vicenza), è stato ricomposto nella sua interezza dopo la divisione in pezzi negli anni Sessanta del secolo scorso: ora è esposto alle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo a Milano nella mostra Eterno e visione. Roma e Milano capitali del Neoclassicismo. Mentre sono rimaste «a casa» due monumentali opere del territorio bresciano, il Martirio di San Vitale di Sebastiano Ricci nella chiesa di San Vitale a Seniga, e la Vergine che intercede presso Dio la liberazione delle anime purganti di Andrea Celesti, nella chiesa di San Giovanni di Mura a Palazzolo sull’Oglio. Nemmeno il Compianto sul Cristo morto in terracotta policroma della metà del XVI secolo ha lasciato Milano e quindi resta visibile, dopo il ripristino, nella chiesa di San Sepolcro.