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 2025  dicembre 27 Sabato calendario

Dai volontari sfruttati e traditi all’industriale che si dà fuoco. Scene da una società in guerra

Vladimir Putin paragona spesso l’aggressione a Kiev alla «Grande guerra patriottica», ma forse neanche lui ha pensato alle implicazioni. Tra venti giorni la guerra totale all’Ucraina sarà durata per la Russia più della Seconda Guerra mondiale. Allora l’esercito di Mosca mise in rotta la Wehrmacht e occupò l’intera Europa centro-orientale, oggi è impantanato nel Donbass contro forze cinque volte meno numerose.
Il conflitto dura ormai da così tanto, che sta modellando su di sé la società russa. Nascono nuove rendite, mentre alcuni si lasciano andare ad atti che ricordano precedenti fatali nella storia sovietica. Nel 1969 Jan Palach si dette fuoco nella piazza San Venceslao, a Praga, in un atto di denuncia dell’invasione dell’Armata rossa di pochi mesi prima. Cinquantacinque anni dopo Vladimir Arsenyev, un imprenditore russo del complesso militare-industriale, si è immolato di fronte Cremlino nello stesso modo. La sua vicenda fa di lui un’eccezione solo per il tentativo – fallito – di togliersi la vita, ma non per le condizioni che lo hanno portato a quel gesto
Nel caso di Arsenyev, uno scienziato settantacinquenne, il contratto prevedeva la produzione di dispositivi di comunicazione per gli equipaggi dei tank. L’azienda che lui dirige avrebbe dovuto decuplicare la produzione a cinquantamila pezzi all’anno per rifornire il colosso dell’industria militare Rostec. La vicenda è ricostruita da Reuters. Le consegne, avviate nel 2022, iniziano a subire ritardi a causa di alcune delle tare di fondo dell’economia russa: con milioni di persone coinvolte nello sforzo bellico, almeno 650 mila uomini fuggiti all’estero, più oltre un milione fra morti e feriti in Ucraina, la scarsità di manodopera è cronica. In più, le sanzioni rallentano la fornitura di componenti.
Tutti questi problemi hanno pesato sull’impresa di Arsenyev. Ma Dmitry Medvedev, che rappresenta Putin nel «Consiglio militare-industriale», nel marzo del 2023 ha letto agli imprenditori un telegramma di Josif Stalin dei tempi della Seconda Guerra mondiale: i produttori che avessero fornito in ritardo armi all’esercito sarebbero stati «schiacciati come criminali». Dal 2023 il rifiuto di firmare un contratto con l’esercito o ritardi nelle consegne sono reati punibili con dieci anni di carcere. Questi ingranaggi sono scattati su Arsenyev. Rostec gli ha rivisto i contratti, portandolo sull’orlo del fallimento. È allora che l’uomo si è dato fuoco sulla Piazza Rossa. E non è un caso isolato: oggi in Russia almeno 34 operatori della filiera militare-industriale sono in carcere per aver «danneggiato» ordinativi e consegne militari.
Intanto c’è chi nella guerra ha trovato nuove rendite. Il sito russo indipendente Vazhnye Istorii riferisce di un nuovo mestiere: l’intermediario che per ogni nuovo «volontario» spedito in Ucraina può guadagnare fino all’equivalente di 6.100 euro. Il modello di reclutamento mira ad evitare mobilitazioni, delle quali Putin teme l’impopolarità. I soldati formalmente sono volontari che firmano un contratto, con un bonus d’ingresso che può arrivare a 36.500 euro e un mensile fino a 2.200 euro. Per la regione di Mosca, in alcuni casi è prevista anche la cancellazione dei debiti fino a 107 mila euro.

Le somme sono tali da alimentare ormai un’economia attorno ai contratti. I siti russi sono pieni di offerte di agenzie per «reclutatori», che operano anche semplicemente online. Questi pubblicizzano lavori da «cuoco» o da «conducente in Ucraina», sulla base di contratti annuali. Quasi mai gli intermediari spiegano che il rinnovo dei contratti è automatico e obbligatorio, mentre il comandante dell’unità a cui si è assegnati ha potere insindacabile di mandare chiunque in prima linea (come regolarmente accade).
Intanto però gli intermediari ricevono parte dei bonus concessi alle reclute, catturate come prede per la guerra: spesso si tratta di tossicodipendenti, soggetti affetti da Hiv, epatite o sifilide, uomini in declino incapaci di camminare con uno zaino.
Anche così l’esercito di Putin si è impantanato nel Donbass, da più tempo di quanto servì a Stalin a costruire un impero.