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 2025  dicembre 27 Sabato calendario

Giani tenta di far rientrare in Toscana il diamante dei Medici

Per oltre un secolo il “Diamante Fiorentino” è rimasto fuori dalla storia visibile. Una gemma da 137 carati, a lungo considerata la più grande al mondo, simbolo della potenza medicea e della Firenze granducale, data per scomparsa dopo la fine dell’Impero asburgico. Nessuna esposizione, nessuna teca, nessuna traccia ufficiale. Solo ipotesi, silenzi e vuoti di memoria. Poi, a novembre, la svolta: il diamante non era perduto. Era solo ben custodito. Chiuso in un caveau bancario in Canada, in Quebec, dove era rimasto per più di cent’anni, sottratto allo sguardo pubblico ma non distrutto.
La scoperta riapre una vicenda che smette subito di essere soltanto storica. Diventa politica, culturale e giuridica. La Regione Toscana interviene. Il governatore Eugenio Giani assume il ruolo di promotore di una vera e propria riapertura del caso, trasformando il ritrovamento in uno scontro tra poteri. Alla base non c’è un richiamo identitario, ma un lavoro strutturato di ricerca e ricostruzione condotto insieme al Museo de’ Medici e all’Archivio di Stato di Firenze. Documenti studiati, digitalizzati, incrociati con nuove acquisizioni archivistiche e iconografiche. Non suggestioni, ma fonti. Il punto centrale della rivendicazione non è il noto Patto di famiglia del 1737,
spesso citato in passato come riferimento generale del “Fiorentino”. È un allegato successivo, di poco posteriore, voluto da Anna Maria Luisa de’ Medici, l’Elettrice palatina. Nell’allegato del 1740 il diamante è indicato in modo esplicito come parte dei beni pubblici della Toscana, destinato a restare a Firenze come ornamento dello Stato e come strumento capace di favorire la curiosità dei forestieri. Per Giani-Indiana Jones questo documento rappresenta la prova che il vincolo non era solo morale, ma materiale e giuridico.
La storia del diamante conferma la sua natura pubblica, secondo la Regione. Il Fiorentino viene acquistato grezzo in Portogallo dal granduca Ferdinando I de’ Medici. È a Firenze che viene tagliato, all’inizio del Seicento, e completato nel 1619 sotto Cosimo II. Fin dall’origine la gemma entra nella rappresentazione ufficiale del potere granducale. Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo II, volentieri lo indossa e lo esibisce nei ritratti ufficiali di corte.
Con l’estinzione dei Medici, il diamante segue il destino delle dinastie europee. Passa ai Lorena e poi agli Asburgo, accompagnando le vicende dell’Impero. La gemma viaggia con il potere, fino al momento in cui il potere si dissolve. Dopo la Prima guerra mondiale, con la fine dell’Impero austro-ungarico, il Fiorentino scompare dalla scena pubblica. Non vi sono atti di vendita, né dispersioni note. Semplicemente, il diamante non viene più visto. A portarlo oltreoceano è Zita di Borbone Parma, ultima imperatrice d’Austria. In fuga dall’Europa sconvolta dal crollo delle monarchie, Zita deposita il diamante in un caveau canadese.
Questo lungo silenzio è ciò che oggi la Regione Toscana contesta apertamente. Secondo Giani, un bene che l’Elettrice palatina aveva vincolato allo Stato non poteva essere sottratto alla visione pubblica e relegato in una banca oltreoceano. Da qui la decisione di avviare un contatto diretto con l’attuale proprietario, Carlo d’Asburgo Lorena, erede della famiglia imperiale, chiedendo almeno la possibilità di esporre il diamante a Firenze. Un primo passo che, per ora, non ha ricevuto una risposta ufficiale, ma che segna l’apertura di un confronto.
A rafforzare la tesi della natura pubblica della gemma arrivano nuove conferme iconografiche. Il ritrovamento di un dipinto autografo di Orazio Fidani, acquisito dal Museo dei Medici da una collezione privata all’estero, mostra Maria Maddalena d’Austria con il diamante Fiorentino nell’acconciatura. È l’ultimo ritratto storico noto della gemma e rappresenta una prova visiva della sua funzione simbolica e istituzionale. Non un gioiello privato, ma un elemento della rappresentazione dello Stato.
Giani chiarisce che l’obiettivo finale non è una semplice esposizione temporanea. Il traguardo dichiarato è il rientro stabile del diamante in Toscana. Il governatore richiama il precedente storico del secondo dopoguerra, quando numerosi beni tornarono dall’Austria a Firenze. Per la Regione, il diamante Fiorentino non è un mistero da raccontare né una curiosità da esibire, ma una vicenda da chiudere sul piano storico e istituzionale. Dopo più di un secolo di silenzio, il caso è stato riaperto. E questa volta la Toscana chiede una risposta definitiva.