la Repubblica, 23 dicembre 2025
Ultimo colpo sulle pensioni. Addio a Opzione donna. “Per noi non c’è più nulla”
Introdotta da un ministro leghista, Roberto Maroni nella sua riforma delle pensioni del 2004, Opzione donna muore per mano di un altro esecutivo di destra. Il governo Meloni, il primo guidato da una donna, cancella l’unico canale di uscita previdenziale anticipata disegnato apposta per le donne. Così, dopo vent’anni di operatività e 190mila lavoratrici accompagnate alla pensione al prezzo elevatissimo di vedersi tagliato l’assegno fino a un terzo, Opzione donna chiude i battenti.
Una storia importante, una fine misera. Il governo Meloni sin dalla prima delle sue quattro leggi di bilancio mette su un binario morto quella che per molti anni è stata considerata in Italia una via di fuga volontaria, ma obbligata per tante donne. Costrette dai carichi di cura, dalle incombenze famigliari, da un bisogno di riposo e recupero dopo una vita di sali e scendi a lasciare il lavoro qualche anno prima. Le prime in Italia a sperimentare il “ricalcolo contributivo” dell’intero assegno secondo i contributi versati, rinunciando al ben più favorevole calcolo retributivo, in base agli ultimi stipendi percepiti.
Un sacrificio a denti stretti. Anche per la sua penalità implicita, la misura era stata da sempre considerata sostenibile per il sistema. Eppure il governo Meloni ha deciso che andava sacrificata. Prima alza l’età, portata da 58 a 61 anni (tranne che per le madri), tenendo le finestre di 12 e 18 mesi per dipendenti e autonome. Poi la restringe a poche categorie: caregiver, invalide al 74%, lavoratrici licenziate ma solo da aziende con tavoli di crisi aperti al ministero. Aperti e attivi: molte ex Alitalia, ad esempio, sono state tagliate fuori.
Scontato l’esito. Siamo passati dalle 24.427 pensionate con Opzione donna nel 2022 alle sole 4.794 del 2024. E forse anche meno quest’anno. Uno spegnimento lento, progressivo. Fino al mancato rinnovo nella manovra che ieri è arrivata nell’aula del Senato. «La cosa peggiore della riforma Monti-Fornero è stata quella di creare insicurezza, con le donne che nel 2012 si sono ritrovate dalla sera alla mattina a dover lavorare sei anni in più», ricorda Marialuisa Gnecchi, già deputata pd, ora nel cda Inps e decana delle pensioni. «Ma il governo Meloni fa peggio. Per le donne non c’è più nulla. Quando invece si poteva almeno eliminare il meccanismo dell’aspettativa di vita per il canale di vecchiaia, quello dei precari, dei deboli, delle donne appunto».
E in effetti il canale delle anticipate, il meno frequentato dalle donne perché richiede più di quarant’anni di contributi, negli anni di Meloni è crollato del 37% tra le lavoratrici, contro il 12% dei lavoratori. Dentro c’era anche Opzione donna. «Le donne sono indignate, amareggiate per la fine ingloriosa di questa vicenda», dice Orietta Armiliato, animatrice di un comitato che raccoglie 13.800 donne su Facebook, scese tante volte in piazza in questi anni, con governi d’ogni colore.
«C’erano tanti emendamenti, uno di FdI ci faceva sperare. Ora non ci resta che insistere con la nostra class action, un’azione collettiva in cui crediamo». Esili speranze. E la sola certezza di vivere in un Paese in cui o fai la madre o lavori. E se lavori, poi prendi una pensione tardi e di un terzo più bassa di quella degli uomini.