corriere.it, 23 dicembre 2025
Addio car sharing: perché la ricetta perfetta (per i consumatori) è diventata una maledizione per le aziende
Prendere l’auto su prenotazione solo quando è necessario, parcheggiarla in qualsiasi punto della città, non pagare bollo e manutenzione. Se la ricetta del car sharing per il consumatore sembrava perfetta (e l’idea, indubbiamente, geniale), a quanto pare lo stesso non si può dire per le aziende. La crisi di Zity (che ha deciso di abbandonare Milano) e la decisione di Enjoy di dire addio al parcheggio libero sono solo la punta dell’iceberg di un sistema che non ha mai dato il ritorno economico sperato alle aziende che hanno investito nel car sharing.
Sono i numeri a raccontarci la crisi di un fenomeno che ci era stato presentato come un modello di mobilità del futuro. Secondo il rapporto sul tema redatto da Aniasa (associazione nazionale dell’autonoleggio e della sharing mobility) sono sempre meno le persone che utilizzano questo servizio. Nel 2023 i noleggi di vetture condivise erano 5 milioni, un numero in caduta verticale arrivato nel 2024 a 4,2 milioni. Le persone che hanno sottoscritto il servizio sono 1,2 milioni, ma quelli che davvero lo utilizzano (gli utenti attivi) sono appena 330 mila. Numeri che possono sembrare ancora generosi, ma confrontandoli con i dati pre-pandemia ci si rende conto di un calo inesorabile: nel periodo pre-covid, infatti, i noleggi annuali sfioravano i 10 milioni.
Le ragioni del progressivo disinteresse degli italiani verso questo tipo di mobilità sono molteplici. Da un lato i prezzi del car sharing sono cresciuti, dall’altro la durata media di utilizzo di queste vetture è quasi raddoppiata negli ultimi cinque anni. Un dato che avvicina la modalità d’uso del car sharing a quella di un noleggio tradizionale e che si spiega, probabilmente, anche con il maggior successo di monopattini e bici per i piccoli spostamenti.
Inoltre, sono tanti gli utenti che protestano per lo stato in cui trovano le vetture del car sharing: molte sono incidentate, in diversi casi si riscontrano problemi tecnici e, spesso, lo stato di pulizia non è soddisfacente. Le aziende del settore lamentano, invece, costi di manutenzione e servizi troppo alti e una certa incuria da parte di qualche utente, senza contare che questi veicoli e i loro accessori sono stati spesso oggetto di furti o danneggiamenti. In Italia 3.330 auto in sharing, circa la metà della flotta complessiva, risultano inutilizzabili.
Un’altra ragione della crisi che sta colpendo il car sharing è legata alla concentrazione di utilizzo, visto che questo servizio, in Italia, viene usato prevalentemente a Milano e Roma. Le due città coprono oltre il 70% dei noleggi complessivi, un dato che racconta anche la difficoltà per le società di car sharing di attivare economie di scala con conseguenze dirette sui conti e sui prezzi.
A proposito di finanze, secondo Assosharing, associazione italiana della mobilità condivisa, ogni veicolo genera perdite per 400 euro al mese che si devono aggiungere ai costi operativi elevati. La crisi di questo modello di business non è solo italiana. Zipcar ha annunciato che smetterà di esistere nel Regno Unito (dove aveva ben 650 mila iscritti), Zity l’anno scorso è andata via da Parigi e Lione e prossimamente abbandonerà anche Madrid, mentre in Italia le società più grandi in questo settore sono Enjoy (nelle modalità di cui si è detto) e Free2move, nata come Share Now e dal 2022 di proprietà del gruppo Stellantis.