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 2025  dicembre 23 Martedì calendario

Piazza Affari, in 29 lasciano il listino Ma tengono le quotazioni delle Pmi

A New York attendono con trepidazione lo sbarco di SpaceX, OpenAI, Anthropic e di altre mirabilia tecnologiche che aggiungeranno migliaia di miliardi alla capitalizzazione di Wall Street. Sulle piazze europee sfileranno i carri armati Leopard dell’alleanza franco-tedesca Knds e le munizioni del gruppo ceco Csg Group, pronti a cavalcare l’onda del riarmo per spuntare in Borsa una valutazione fra 20 e 30 miliardi. Il 2026 sarà un anno di grandi quotazioni anche in Italia?
Nonostante i record dei listini, il 2025 è stato quanto mai magro per Piazza Affari che ha fatto segnare «zero» alla voce quotazioni di blue chip sul mercato principale. Le 20 offerte pubbliche iniziali (ipo) a Milano sono state tutte sul mercato Egm dedicato alle piccole e medie imprese (numero a cui si aggiunge la quotazione diretta di Haiki+). I delisting, gli addii alla Borsa, sono stati invece 29 nel 2025, 11 dei quali hanno riguardato aziende scambiate sul mercato principale. Stando ai calcoli di Intermonete, così, il saldo di capitalizzazione fra entrate e uscite da Borsa Italiana è stato negativo per circa 2 miliardi. La tendenza è in atto da tempo, non solo in Italia: negli ultimi tre anni i delisting da Milano sono stati 78 e fra 2013 e 2023, stima Assonime, hanno salutato il mercato principale 97 gruppi, portando via con sé oltre 100 miliardi di capitalizzazione.
Benché risalente, la tendenza non è irreversibile. Salvo cambi di rotta da parte dello Stato francese, per esempio, nel 2026 è previsto l’approdo a Milano del big energetico Edison che, stando a stime di mercato, potrebbe valere fra i 7 e 10 miliardi. Il gruppo Maire ha poi detto di esser pronto a valorizzare in Borsa la divisione specializzata nella transizione energetica Nextchem, pur precisando di «non avere fretta». Fra le banche d’affari circola infine il dossier di una quotazione anticipata di Fibercop – la società della rete ex-Tim comprata dal fondo Kkr per 18,8 miliardi – ma l’ipotesi non pare aver trovato il favore dei soci.
Per le grandi aziende, del resto, è sempre difficile trovare la giusta combinazione di tempismo, valutazione e governance. L’esercizio è più semplice per le Pmi, diverse delle quali stanno guardando alla Borsa. «Il premio al rischio dell’Italia è sceso e, se in un primo momento ne hanno beneficiato soprattutto le grandi quotate, adesso l’interesse degli investitori si sta concentrando sulle pmi», dice Guglielmo Manetti, ad di Intermonte. «Quest’anno, per la prima volta dal 2021, le società a piccola capitalizzazione italiane sono andate meglio delle blue chip – aggiunge – il divario di valutazione è ancora superiore al 50% ma siamo ottimisti che si possa accorciare». Attraendo altri imprenditori verso la Borsa. «Abbiamo diversi dossier aperti di aziende che stanno valutando una quotazione – dice Manetti – e nei prossimi anni una spinta verso la Borsa potrà arrivare dai passaggi generazionali: si stima che in Italia passeranno di mano in eredità circa 180 miliardi entro il 2028 e 300 miliardi entro il 2033». È questo il terreno di caccia preferito dei fondi di investimento che tante imprese hanno soffiato alla Borsa negli ultimi anni. Basti pensare al caso di Golden Goose che, dopo aver rinunciato all’ipo a poche ore dal suono della campanella, è poi finita nelle mani della cinese Hongshan.
Manetti è però convinto che, complice la difficoltà del private equity, la Borsa rappresenterà nei prossimi mesi un’alternativa più attraente per gli imprenditori (e per gli stessi fondi). «L’imprenditore che vende la sua impresa a un fondo di private equity prende una decisione irreversibile per le generazioni future – conclude – la quotazione offre invece un’opzione in più agli eredi che possono scegliere se continuare a controllare l’azienda di famiglia oppure se liquidare le loro partecipazioni in Borsa»