Corriere della Sera, 23 dicembre 2025
L’«esca» a Putin, il gelo con Merz. La partita di Macron
L’unica volta che Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky si sono incontrati è stato a Parigi, il 9 dicembre 2019, in un vertice organizzato da Emmanuel Macron e Angela Merkel per provare a rilanciare gli accordi di Minsk e scongiurare l’invasione. Gli sforzi congiunti di Francia e Germania non funzionarono, ma Macron da allora continua a cercare un filo diretto con Putin. Non da mediatore, come i consiglieri dell’Eliseo si affannano sempre a ricordare: «Per essere mediatori bisognerebbe essere neutrali, e noi stiamo dalla parte dell’Ucraina». Ma «forse è tornato il momento di parlare con Putin», ha detto il presidente francese a Bruxelles, e il Cremlino ha subito lanciato segnali di disponibilità, almeno apparente.
Indebolito sul fronte interno, per una breve fase il presidente francese è sembrato farsi scavalcare anche in politica internazionale dal nuovo arrivato cancelliere tedesco Friedrich Merz, deciso a dare alla Germania un ruolo di potenza finalmente anche politica e non solo economica. Se i rapporti tra Macron e il cancelliere precedente Scholz erano pessimi, la relazione personale con Merz sembrava più promettente ma ora si consuma un nuovo divorzio. Sul Mercosur, e anche sugli asset russi congelati, Macron ha tradito Merz e lo stanco, ormai quasi spento motore franco-tedesco, per schierarsi sulle posizioni dell’Italia di Giorgia Meloni.
Merz ha cercato in ogni modo di convincere Macron e gli altri leader europei a usare i 210 miliardi di euro di beni russi congelati. A opporsi erano il premier belga De Wever, l’ungherese Orbán, il ceco Babis, lo slovacco Fico e soprattutto l’italiana Meloni. Il governo francese è da anni freddo su questa ipotesi, perché teme ritorsioni russe e anche la creazione di un precedente giuridico che potrebbe scoraggiare futuri investimenti in Europa di altri Stati. La presenza di un grande Paese fondatore come l’Italia tra chi si oppone all’uso degli asset russi ha aiutato Macron a fare il grande passo, ovvero abbandonare la linea Merz e sostenere invece il piano B dei 90 miliardi di prestito dell’Unione europea a Kiev. Una mossa assortita dalla mano diplomatica tesa a Putin per riprendere i colloqui, al quale il Cremlino ha risposto con la solita, vaga disponibilità.
Non è chiaro quando avverrà il colloquio, né se si svolgerà con modalità diverse da quelle viste negli ultimi anni: Macron che cerca in ogni modo di tenere aperto il canale diplomatico, e Putin che ogni tanto concede qualche minuto del suo tempo prezioso. Quanti, soprattutto in Italia, ripetono la vuota formula che «invece di pensare al riarmo europeo bisognerebbe aprire negoziati», dimenticano fino a che punto gli europei, e in particolare Macron, in questi anni sono stati disposti a rischiare l’umiliazione pur di tenere aperto il canale negoziale.
Macron volò a Mosca per farsi mettere seduto all’altro capo del famoso tavolo lungo sei metri. Poi ci fu la lunga serie di cordiali telefonate dall’Eliseo a «Vladimir», a partire da quella a «operazione militare speciale» appena cominciata, con Putin che chiude sbrigativo – «scusami Emmanuel a dire il vero ti sto parlando dalla palestra, sto per giocare a hockey su ghiaccio» – mentre i missili di Mosca hanno già cominciato a cadere su Kiev e l’Ucraina.
Negli anni successivi Macron ha continuato a percorrere la politica del doppio binario: da un lato chiaro sostegno all’Ucraina, dall’altro decine di – vane – telefonate a Putin e appelli a «non umiliare la Russia» che irritavano Zelensky e facevano forse sorridere di compiacimento il presidente russo. Quando è apparso evidente che Putin rispondeva al telefono più per divertimento che per dare una reale possibilità alla pace, Macron ha smesso di chiamare. Dopo una lunga sosta, il presidente francese ha ripreso i contatti con una telefonata il primo luglio di quest’anno, in teoria per parlare di Iran. Ora Macron vuole riprovarci, ancora una volta, per non lasciare campo libero agli americani schiacciati sulle posizioni di Mosca. Il tempo stringe, per l’Ucraina e l’Europa ma anche per Macron: tra 14 mesi ci sono le presidenziali francesi, all’Eliseo potrebbe andare qualcuno (per esempio Jordan Bardella) con una linea di totale appeasement con Mosca, e Putin sogna di replicare a Parigi il colpo già riuscito con Trump alla Casa Bianca.