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 2025  dicembre 21 Domenica calendario

Che Natali, «nonno» Dickens!

«Natale? Bah, sciocchezze!», bofonchierebbe Scrooge: ma anche lui cambierebbe idea, prima ancora di commuoversi per il piccolo Tim, se varcasse in questi giorni la soglia del n. 48 di Doughty Street, a Londra, ossia la casa di Charles Dickens, trasformata da cent’anni in museo-sacrario del grande romanziere inglese. Perché la magione dove videro la luce capolavori come Il Circolo Pickwick e Oliver Twist è consacrata in queste settimane al Natale e a quel Christmas Carol che resta l’opera più popolare di Dickens e che ne fa, in fondo, lo scrittore che ha inventato il Natale così come lo conosciamo oggi.
Nella casa su Doughty Street, fra pavimenti scricchiolanti e scale strette e ripide, ci si aggira fra mobili, oggetti personali, lettere, manoscritti, stampe e fotografie appartenuti a Dickens e alla sua famiglia, che lì visse negli anni Trenta dell’Ottocento: più che un museo, un luogo di pellegrinaggio che attira fan da ogni luogo. Qui gli amici dello scrittore venivano invitati a cene e feste, particolarmente sotto Natale: fu in quegli anni che Dickens lanciò l’annuale tradizione di famiglia di ospitare una celebrazione per la Dodicesima Notte, che includeva spettacoli di lanterne magiche e rappresentazioni su copioni dello scrittore, con amici e familiari nei panni degli interpreti.
Un’atmosfera che si può rivivere in questi giorni in quelle stesse stanze, fra tavole imbandite, festoni e decorazioni: ma anche assistendo a performance dal vivo proprio del Canto di Natale ed esplorando una piccola mostra sui tour di lettura tenuti dallo stesso Dickens, durante i quali lo scrittore recitava le sue opere natalizie più famose. Sono esposte le copie di lettura, fitte di note manoscritte, oltre che una prima edizione del Christmas Carol e un estratto manoscritto della sua quarta storia natalizia, The Battle of Life (ne scrisse in tutto cinque).
Vita e letteratura si confondono, perché come Dickens celebrava il Natale in quella casa, così la pubblicazione del Christmas Carol trasformò la percezione della tradizionale festività: la storia dell’avaro Scrooge vide la luce il 19 dicembre 1843, stampata in sole seimila copie, che andarono però esaurite già per il giorno della Vigilia. Da allora Canto di Natale ha visto ogni sorta di riedizione e trasposizione, dal teatro al cinema, finendo per modellare l’immaginario collettivo (incluso lo Zio Paperone disneyano, ricalcato da Scrooge).
In questa casa, «la Lettura» ha incontrato Lucinda Dickens, pronipote del grande Charles e autrice lei stessa di libri sul Natale, fra cui l’ultimo Victorian Christmas, in cui esplora le tradizioni dell’Ottocento scaturite dalle pagine dell’avo.
«Non c’è grande differenza fra il Natale vittoriano e il nostro – spiega la scrittrice – perché siamo ancora così influenzati da quell’epoca, quando allora presero avvio i canti di Natale, o l’usanza dell’albero, introdotto dal principe Albert, consorte della regina Vittoria». La differenza, semmai, è nei giorni: all’epoca di Dickens il periodo festivo cominciava solo alla vigilia di Natale, mentre ora a Londra si parte molto prima, con le luminarie e le decorazioni per le strade già installate a metà novembre; e mentre nell’Ottocento si andava avanti fino al 6 gennaio (come ancora in Italia), adesso a Londra il giorno dopo Capodanno è già tutto finito.
«Il Natale vittoriano è diventato la maniera tradizionale di celebrare il Natale – sottolinea Lucinda —. Molte cartoline natalizie hanno temi vittoriani, la gente pensa sempre al Natale innevato come a quei tempi, anche se oggi nel sud dell’Inghilterra non abbiamo mai la neve a Natale: manteniamo tuttavia questa immagine tradizionale del Natale innevato, in gran parte dovuta proprio a Dickens».
Ciò che lui ha reintrodotto è l’idea del Natale come un momento per prendersi cura delle altre persone: se si leggono i giornali dei decenni precedenti al Christmas Carol, si trovano lamentazioni sul fatto che il Natale avesse perso il suo significato di momento di bontà e beneficenza, finendo per essere incentrato solo attorno alle festa e al cibo e dimenticando che dovrebbe essere un momento per aiutare gli altri. «Dopo Dickens – osserva la sua discendente – il Natale è diventato di nuovo il momento della beneficenza: si tengono concerti caritatevoli, si fanno donazioni per i senzatetto e i poveri: tutto questo deriva davvero dal tentativo di Dickens di rimettere al centro questi aspetti. Ognuno deve fare ciò che Scrooge ha fatto: cambiare il proprio comportamento, guardarsi attorno e capire che si è responsabili per il resto dell’umanità. Dickens creò una rinascita del Natale e gli restituì il suo significato».
È interessante notare come questo significato morale, oggi in Inghilterra così come nella sua rievocazione al museo Dickens, sia del tutto privo di riferimenti religiosi. A differenza dei Paesi cattolici, a Londra il Natale è una festa laica, il momento della famiglia, degli amici, dei regali, dello stare insieme: se proprio gli si vuole attribuire un significato spirituale, lo si riconduce piuttosto al solstizio d’inverno, mentre sull’evento della nascita di Gesù si sorvola del tutto. E così a Dickens risalgono anche altri aspetti secolari del Natale: «Amava le pantomime natalizie – ricorda Lucinda – che sono un’antica tradizione britannica, amava organizzare spettacoli per familiari e amici e teneva grandi rappresentazioni a casa, ci lavorava per mesi, impiegava costumisti e truccatori teatrali professionisti, mentre i figli dovevano imparare le parti. Il mio bisnonno Charles tagliava le striscioline di carta per simulare la neve. L’idea del Natale connesso al teatro era molto importante per Dickens».
Tutta l’opera dello scrittore è stata oggetto di spettacolarizzazione successiva, come ricostruisce Showtime!, un’altra mostra in corso nella casa-museo, che assieme a poster, foto e oggetti di scena illustra la vita teatrale dello stesso Dickens.
Anche le feste e il modo di passarle li dobbiamo a lui: «Prima di Dickens – spiega la pronipote – molti lavoratori non avrebbero avuto il Natale come giorno festivo. Dickens usa una licenza letteraria, perché raffigura la famiglia Cratchit tutta riunita per il Natale, quando invece molti di loro sarebbero stati al lavoro. Questa idea della famiglia riunita tutta assieme, in convivialità, tra feste e giochi da tavola, ci viene da come l’ha rappresentata Dickens».
E pure la spettacolarizzazione successiva risale a lui: «Anche guardare un film di Natale ci viene da Dickens – sostiene Lucinda – perché quando scrisse Canto di Natale i suoi editori pensarono che non fosse un’idea molto commerciale (chi voleva mai leggere un libro sul Natale?), mentre si rivelò un successo fenomenale e diede avvio al mercato editoriale di Natale, che è tuttora enorme. Sempre da lì derivano i film e i programmi televisivi di Natale: vengono tutti dal Christmas Carol». Altro che sciocchezze, caro Scrooge.