Domenicale, 21 dicembre 2025
Quando Buñuel volle rompere le palline
Amato o detestato il Natale resta ineludibile. In quel duro 1938, Marina Cvetaeva, malgrado la sua povertà, era soddisfatto: «L’albero però c’è stato. Perché un giorno Mur [il figlio] possa dire che non ha avuto un solo Natale senza albero». Ma sapeva che probabilmente Mur non ci avrebbe mai pensato e quello era un omaggio alla sua infanzia, agli alberi con le pigne che loro stessi avevano dorato con la porporina.
Dostoevskij esigeva che la moglie comprasse un albero di Natale molto grande, che decorava personalmente, in equilibrio su uno sgabello, a cominciare dalla stella e dalle candeline. Nel 1872, in un primo momento i bambini erano rimasti impressionati dalle luci e dai doni. Ma erano rimasti folgorati da una coppia di splendidi cavallini attaccati a uno slittino. Quando la bambina era tornata a giocare con la nuova bambola, il fratellino, come ipnotizzato dalla slitta, aveva continuato per ore a tirare le redini spronando i cavalli.
Non tutti accettano indiscriminatamente i regali.
William Faulkner voleva ricevere soltanto scovolini per le sue pipe. Li appendeva all’albero con un cartellino col nome di chi l’aveva donato. Qualsiasi altro pacchetto non veniva neppure aperto.
La vigilia di Natale del 1934 Michail Bulgakov aveva preparato con cura una piccola festa per i figli della terza moglie: dopo avere acceso le candele dell’albero, lo scrittore aveva spento la luce e aveva cominciato a suonare un motivetto, facendo accorrere i bambini in attesa dietro la porta. Poi Michail e Elena avevano recitato un testo scritto per l’occasione. L’enorme bocca rossa che Bulgakov si era fatto aveva riscosso un grande successo.
Nel 1903 l’albero di Natale del piccolo Vladimir Nabokov sfiorava le nuvole dipinte sul soffitto. Ma quella festa in Russia era meno importante della Pasqua. Comunque la governante aveva messo vicino al letto dei bambini qualche giocattolino e i dolci russi erano stati sostituiti da uno snobissimo plum-pudding comprato in un negozio di specialità inglesi.
Non tutti avevano diritto a un albero di Natale. Aldous e Maria Huxley non ci pensavano neppure, anche se avevano mantenuto il rito della cena. Per questo il figlio aveva appeso in modo approssimativo qualche festone. Ma alla cena del 1932 lo scrittore aveva annunciato, poco prima di mezzanotte, che avrebbe tenuto fede alla promessa che si era fatto, partendo per un giro del mondo.
Il proibizionismo non aveva arginato il fiume d’alcol che ravvivava la serata. Ma la recitazione di una poesia patriottica aveva irritato Buñuel, che aveva bisbigliato a due amici: «Quando mi soffierò il naso, sarà un segnale. Mi alzerò e distruggeremo quello schifo di albero». Poco dopo il terzetto si era lanciato sulla pianta sotto gli occhi stupiti degli altri. Presto però si erano accorti che non era facile come avevano pensato, l’albero resisteva gagliardamente. Poi si erano messi a calpestare i regali. Alla fine era subentrato un grande silenzio. Chaplin aveva un’aria perplessa e la padrona di casa aveva detto: «È un vero orrore, Luis». «È tutto tranne che uno orrore. È un atto di vandalismo e sovversione». Poco dopo se ne erano andati tutti.
Il Natale può mascherare altri, più profondi disagi. Guardando la foto di Zelda e Francis Scott Fitzgerald, scattata a Roma, in una stanza su Piazza di Spagna nel 1926 si nota qualcosa di troppo. I due adulti e Scottie, la loro bambina, si tengono per mano e sembrano accennare un passo di danza con la gamba tesa. In realtà quello era un periodo non facile; lui cercava di non bere per correggere le bozze del Grande Gatsby e per non lasciarsi impressionare dai primi sintomi di follia della moglie.
Il Natale 1864 la moglie di Victor Hugo, esiliato a Guernesey, si era decisa a invitare alla sua festicciola per i bambini poveri dell’isola Juliette Drouet, da tanti anni amante trascurata del marito. Ma l’altra aveva fieramente rifiutato, spiegando che già la lettera “dolce e generosa” dell’altra era per lei una festa. «Accettate che io resti nell’ombra, per benedirvi mentre fate del bene». Nel 1916 Colette e il marito in licenza dal fronte, erano andati alla chiesa di Santa Maria d’Aracoeli, lì avevano ascoltato, contenti, un predicatore di quattro anni e una profetessa di otto, «un’attrice nata» di un’abilità impressionante.
Natale è il giorno dei buoni propositi. Albert Camus aveva passato il suo ultimo Natale, nel 1959, in compagnia dei familiari e dei loro amici Gallimard. Lo scrittore aveva dato alla moglie Janine, che non lo aveva mai abbandonato, malgrado i molteplici tradimenti, un grazioso portasigarette d’argento. Sul biglietto che lo accompagnava aveva scritto: «Finiamolo come l’abbiamo cominciato: insieme».
In piena guerra, nel 1943, Winston Churchill, in visita alla Casa Bianca, ornata di un grande albero, era stato colpito dalla semplicità con cui veniva celebrato il Natale e aveva cantato gli inni della festa. «C’era di che fortificare la fede di chi crede che l’universo sia regolato da leggi morali».