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 2025  dicembre 21 Domenica calendario

Confini, minerali e militari al potere I 56 conflitti che infiammano il pianeta

Fame, confini, odio religioso, traffici criminali, risorse energetiche, miniere, dispute antiche e nuove scoperte. Le ragioni per cui si combattono le guerre sono innumerevoli. Il mondo guarda con attenzione ai due grandi conflitti che in questi anni hanno sconvolto (e continuano a sconvolgere) interi Paesi e regioni: Gaza e Ucraina. Fuori da queste aree però, lontano dai riflettori mediatici, altre guerre mietono vittime. Guerre civili, tra Stati ma anche contro organizzazioni terroristiche e criminali che insanguinano tutti i continenti e che ricordano alla comunità internazionale che c’è un pianeta in cui si combatte spesso senza che nessuno se ne accorga.
GLI ORRORI DEL SUDAN
E LA CRISI UMANITARIA
La guerra in Sudan rappresenta uno dei più sanguinosi conflitti degli ultimi anni. Gli scontri tra l’esercito di Khartoum e le truppe delle Rapid Support Forces hanno investito un Paese già estremamente povero e in preda alla fame. Le immagini delle violenze, delle persone in fuga, le notizie di eccidi, torture e stupri usati come arma sono circolate sui social colpendo le opinioni pubbliche mondiali. L’autorità dello Stato, di fatto, non esiste più. E le potenze regionali, dall’Egitto alle monarchie del Golfo, cercano di risolvere il conflitto prima che la crisi umanitaria assuma proporzioni ancora più disastrose di quelle attuali.
IL SANGUE NELL’ELDORADO
DEL CONGO
Sempre in Africa, una delle guerre più lunghe e complesse è quella che si combatte nella Repubblica democratica del Congo. La guerra tra le forze locali e i miliziani del gruppo M23 (sostenuto dal Ruanda), che si contendono un Eldorado fatto di oro, coltan, cobalto e diamanti) flagella da decenni il Paese. Soprattutto nelle province orientali di Nord e Sud Kivu, la violenza è ormai endemica. Secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite, solo con l’ultima offensiva dei ribelli, oltre 84mila persone sono fuggite in Burundi. Dall’inizio di dicembre, è in corso un nuovo esodo che non riesce a essere controllato dalle forze locali. E il sangue continua a scorrere tra lotta per le risorse, odio etnico e lotta tra Stati.
CAMBOGIA E THAILANDIA, LOTTA PER IL CONFINE
Il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, è convinto che tra domani e martedì Cambogia e Thailandia firmeranno la tregua. Ma la situazione tra i due Paesi del Sud-est asiatico appare tutt’altro che semplice. Washington e Pechino stanno cercando di mediare per raggiungere un’intesa, ma il conflitto, esploso per una disputa di confine a luglio e ripreso a dicembre, ha già costretto circa 750 mila persone a fuggire dalle proprie case vicino alla linea del fronte. E i due governi hanno registrato decine di morti, sia tra i civili che tra i soldati.
IN MYANMAR PIOGGIA
DI BOMBE SUI VILLAGGI
In Myanmar si combatte da oltre quattro anni: la guerre è scoppiata dopo il colpo di Stato del febbraio 2021 con cui i militari hanno rovesciato il governo civile di Aung San Suu Kyi. La giunta al potere affronta una resistenza diffusa: milizie etniche storiche e nuove Forze di difesa popolare combattono su più fronti, soprattutto nelle regioni periferiche. Il conflitto è frammentato, senza una linea del fronte stabile, segnato da bombardamenti aerei sui villaggi e repressione contro i civili. Le vittime sono decine di migliaia, milioni gli sfollati. È una guerra lunga, opaca, combattuta lontano dai riflettori, che ha riportato il Paese a una instabilità cronica.
LA CINTURA DI FUOCO
DEL SAHEL
Nella regione che si estende subito sotto il Nord Africa esiste n complesso sistema di guerre locali che unisce diversi fattori. In molte nazioni, dal Niger al Mali, i colpi di Stato hanno portato al potere militari legati alla Russia. I governi filoccidentali arretrano. E in diverse aree si scontrano truppe regolari, milizie tribali, gruppi jihadisti e mercenari. Una lotta che unisce questioni territoriali, religiose, politiche ma anche il controllo delle risorse: dall’acqua ai minerali presenti nel sottosuolo fino alle rotte dei migranti.
LA SIRIA SENZA PACE
E LE LOTTE INTESTINE
In Medio Oriente, i punti interrogativi sono molti. Su tutti, uno dei principali rimane la Siria. Dopo più di un anno dalla caduta di Bashar al Assad, la salita al potere di Ahmed al Sharaa non ha chiuso la stagione di tensioni. Milioni di persone non hanno un futuro e sono senza un lavoro. Le infrastrutture sono al collasso. E in questi mesi, non sono mancati scontri feroci tra miliziani ed ex membri dell’esercito di Damasco che sono sfociati anche in eccidi e violenze che hanno colpito soprattutto gli alawiti, “colpevoli”, per i jihadisti, di appartenere alla stessa etnia di Assad. Nel sud, invece, i drusi sono protetti da Israele, ma la tensione con i miliziani di Sharaa non è finita. Mentre a nord, rimane il nodo dei curdi, che vivono ancora in un limbo