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 2025  dicembre 21 Domenica calendario

Intervista a Mr. Rain

La desertificazione, per lui, è una doppia tragedia: riesce a comporre, a scrivere, solo quando piove.
Si chiama Mr. Rain, ha 34 anni, ha inanellato successi a “goccia”, quindi dischi di platino e d’oro. Ha partecipato due volte a Sanremo, anche un terzo posto, ha riempito i palazzetti; a novembre è uscito il brano Effetto Michelangelo e il 19 dicembre Casa in fiamme. “Il prossimo anno torno con un disco…”.
Prima di diventare famoso, ha stipulato un patto con sé stesso?
Di non cambiare.
Vita privata?
Resta privata.
Nel mondo digitale è complesso.
Di più; ovviamente mi sono raccontato un po’, ho parlato pure di depressione, ma preferisco se accade nelle canzoni.
Ragazzo chiuso.
Da sempre iper-introverso.
Con gli artisti, capita.
Grazie alla musica sono riuscito a sfogare quello che non riuscivo a esprimere di persona. È il mio punto di forza.
In un vecchio brano attacca gli “schiavi dell’oro e dell’outfit”…
È uno dei miei preferiti da cantare dal vivo.
Chi sono gli schiavi?
Tutti quanti; (pausa) forse ora sta leggermente decadendo, ma uno deve avere almeno l’orologio fico…
Anche lei?
Mai.
Il Rolex l’ha comprato?
No, assolutamente.
Macchina sportiva?
Ho una (e si ferma) … sì, mi sono tolto lo sfizio.
Perché se la merita.
Direi di sì.
Comunque, l’apparenza.
È un mondo che non mi è mai appartenuto, ho sempre preferito parlare di questioni più umane.
Lei è alto…
Un metro e 91.
Secondo Fabio Testi l’altezza lo ha salvato da molti complessi.
Quando ero piccolo pensavo il contrario: avrei voluto essere più basso per non sentirmi diverso dagli altri.
Crescendo.
Va bene così.
Ha dichiarato: “La musica ti dà tanto e toglie tanto…”.
Ti permette di raccontarti, di superare momenti difficili, di sentirti meno solo, magari puoi condividere delle emozioni.
Ma?
La realtà musicale è troppo veloce e spesso annulla la tua vita.
Esempio.
Negli ultimi tre o quattro anni sono stato perennemente in giro; ora mi sto lanciando in Spagna: non ho un secondo libero.
Niente vita privata.
Niente.
Quindi…
In quest’anno di pausa, mi sono reso conto di essermi stufato di lanciare brani in serie, ogni due mesi.
Da “pollo”.
Voglio scrivere per pura necessità, perché ne ho bisogno.
Per urgenza.
Mentre di norma deve uscire un singolo per Sanremo, uno per l’estate, uno per Natale.
Un frullatore.
Questa necessità di fare, fare, fare non tocca solo il mio mondo. Ne parlo con i miei amici che non sono musicisti.
“Fare” per essere.
Senza puntare sulla qualità.
Esserci.
Per paura di venir dimenticato.
Ansia da prestazione.
Tanta.
Crisi di panico.
Ne ho sofferto, adesso sono abbastanza in equilibrio; (pausa) fino a quindici o vent’anni fa uno poteva prendersi tre anni per scrivere un disco senza nessuno che rompesse le palle.
Per ricaricarsi.
Vivere, fare esperienze, conoscere persone, musicisti nuovi. I dischi avevano maggiore carattere.
Oggi?
Ogni sei mesi esci. Come trovi il tempo di vivere?
Prima il musicista aveva il tempo di capire “com’è profondo il mare”…
Ora resti solo in superficie.
Questa idea è solo sua o la condivide con i colleghi?
Il pensiero è comune. Contano più le vendite, la classifiche, i numeri di TikTok che scrivere un brano di valore.
È arrivata l’AI.
Pericolosa, ma è impossibile sostituire la sensibilità umana.
Sicuro?
Semplifica e alimenterà la musica. Creerà del casino. Andrà regolamentata.
Vantaggio e svantaggio della fama.
Posso vivere del lavoro sognato; lo svantaggio è la poca privacy.
Per uno come lei, poi.
Complicato gestire la popolarità, non hai i momenti da solo.
Gira con il berrettino.
No, vado al supermercato con il passamontagna.
Scherza?
No, se entro in un centro commerciale mi fermano centinaia di persone; (sorride) una volta ho rischiato di saltare l’appuntamento con il dentista.
E scontenta qualcuno.
Uno si concede a cento persone, arriva la centounesima, devi andare via, e ti becchi del pezzo di merda.
Sui social finisce quel centounesimo.
Esatto!
Madame ha rifiutato un autografo ed è stata criticata.
Dipende dal contesto, magari mi hanno ripreso mentre addentavo una bistecca. Ci vuole educazione.
Secondo Lillo la felicità è deleteria per la creatività.
Scrivo principalmente quando sono solo, e credo si possa capire dalla mia discografia; poi dipende dal genere di pezzo, ma è il sentimento a muovere la mia penna: amore, paura, rabbia, ansia.
Lei e la maggior parte dei suoi colleghi cantate brani introspettivi, spesso dolorosi. Non c’è un “giovane” Jovanotti allegro…
Qualcuno, c’è.
Quasi nessuno.
Alfa è uno positivo.
Oltre ad Alfa?
Siamo tutti cantautori e condizionati dal mondo che stiamo vivendo: violenza, guerre, femminicidi, come possiamo ridere? Non mi va.
Tenco cantava Vedrai.
I miei brani alla fine danno speranza, c’è una nota positiva.
Che poster aveva in cameretta.
Sempre e solo Eminem. Ero ossessionato. Grazie alla sua musica sono entrato in questo mondo.
All’inizio è stato incoraggiato?
Da tutti, compresa la mia ragazza e i miei genitori; sono andato avanti nonostante milioni di porte in faccia, compresi i “no” di Sanremo: rifiutato per tre anni.
Anche lei ha sbattuto la porta in faccia: se n’è andato da un talent (X-Factor) quando era stato preso.
Ho estremizzato per farmi conoscere meglio; comunque quel contesto non era adatto al mio percorso, non avevo voglia di incasellarmi per due anni.
Coraggio o incoscienza?
A quel tempo era un programma di punta, svoltava la vita di molti, ottenevi un contratto, il brano girava per radio.
Eppure…
Ho pensato: ci metterò cinque anni di più, ma va bene.
Oltre la musica, di cosa viveva?
Diversi lavori, servivano per acquistare la strumentazione adatta.
Quali?
Panettiere con mio padre.
Sveglia alle?
Mezzanotte e mezza, al massimo l’una e lavoravo fino a mezzogiorno. Poi dormivo due o tre ore e in alcune serate, prima della panetteria, mi esibivo.
Quanti spettatori?
Anche solo uno, con un biglietto da cinque euro.
È peggio una persona sola o Sanremo?
(Ci pensa, a lungo) Sanremo, è un palco importantissimo. E il secondo anno sono stato peggio del primo.
Per Riccardo Zanotti “il Festival è come un’eiaculazione precoce”.
Sanremo è una salita molto ripida, bisogna stare attenti e arrivare preparati; non bisogna pensare alla classifica, ma solo a lanciarti nel miglior modo.
Come sta prima del palco?
Un tempo ero iperteso, temevo di dimenticarmi il pezzo, di cadere nelle figure di merda. Adesso sono più sicuro.
Si piace?
Amo stare con la gente, cantare con loro, raccontarmi, suonare con la band.
Ha la sindrome da impostore?
Prima, quando ascoltavo un mio brano, pensavo: “L’ho scritto io?”; oppure “non è che è stato solo culo? Un caso?”.
Scinde Mr. Rain da Mattia?
No e riuscirci sarebbe un pregio.
Perché?
Sarebbe utile per distaccarsi; dormo e penso solo a come finire una base.
Dove vive?
Sto per lasciare Milano, torno nelle mie zone (Desenzano del Garda, ndr).
Come mai?
Voglio più natura, più tranquillità.
Legge i giornali?
No.
Come si informa?
Online, ho vari alert su argomenti che mi interessano, poi cerco su Google.
Telegiornale?
Qualche volta il Tg5.
Coma andava a scuola?
Devo rispondere la verità o la finzione?
Finzione.
Benissimo.
Voto finale?
Preferisco non dirlo.
Legge libri?
Se apro un libro mi addormento dopo un minuto.
Film?
Quelli sì, anche le serie. Ma non ricordo i nomi.
Segue il calcio?
Mica tanto.
Proposte oscene sui social?
Sì, però non dico quali.
Lei chi è?
Sono io.