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 2025  dicembre 21 Domenica calendario

I dem (e la base Maga) attaccano la Casa Bianca: «Mancano troppi file». E ora Bondi è nel mirino

La mezzanotte del 19 dicembre è trascorsa senza che il ministero della Giustizia pubblicasse tutto il materiale dello scandalo Epstein (il miliardario pedofilo amico di potenti morto suicida in carcere nel 2019) come disposto da una legge, l’Epstein Transparency Act, votata dal Congresso e firmata dal presidente Trump un mese fa. Il dicastero ha rilasciato solo 13 mila file contenenti 300 mila pagine e foto. Secondo Robert Garcia, capodelegazione democratico nella commissione del Congresso che esamina il caso, è solo il 10% di quanto raccolto dagli investigatori.
Il materiale selezionato e pubblicato dal governo, nel quale ci sono pagine interamente cancellate – e ieri si è aggiunto il giallo di 16 file «spariti» dopo la pubblicazione di due giorni fa —, prende di mira soprattutto Bill Clinton e ritrae molti altri personaggi con Epstein: da Mick Jagger, a Michael Jackson, al linguista e filosofo Noam Chomsky. Non ci sono immagini che facciano pensare a reati. Il viceministro Todd Blanche ha detto che tra due settimane verranno pubblicate altre migliaia di documenti, mail e foto: sostiene che serve più tempo per cancellare volti e nomi delle vittime. Ma la violazione della scadenza fissata dalla legge che Trump ha cercato in tutti i modi di evitare e poi ha abbracciato in extremis per non essere sconfitto in Parlamento dal suo stesso partito, sta provocando una tempesta politica. Scatenata dai democratici, ma che monta anche tra i conservatori, coi Maga da sempre molto sensibili sull’affaire Epstein.
La sortita più dura è di Ro Khanna, influente deputato della California: ha chiesto «l’incriminazione per l’ostruzione della giustizia di chiunque ostacola, nasconde, manomette o censura in misura eccessiva» (rispetto alla necessità di proteggere l’identità delle vittime di abusi, ndr) i documenti su Epstein che devono essere pubblicati integralmente. In pratica minaccia di procedere penalmente nei confronti della stessa ministra della Giustizia, Pam Bondi.
Khanna e anche il repubblicano Thomas Massie, promotore con lui della legge, accusano il governo di un’omissione precisa: erano stati richiesti in modo specifico due atti del primo procedimento contro Epstein, quello del 2007 che si concluse con una condanna a 18 mesi di carcere sulla base di un patteggiamento: il miliardario ammise di aver indotto alla prostituzione molte donne e anche una minorenne. Ma il procuratore capo della Florida Alex Acosta che negoziò l’accordo e concesse una pena molto lieve (e che qualche anno dopo fu nominato ministro del Lavoro da Donald Trump appena divenuto presidente), ignorò un atto di incriminazione federale con 60 capi di imputazione che parlava di sfruttamento della prostituzione col coinvolgimento di numerose minorenni. Le famiglie delle vittime hanno più volte denunciato questa omissione di Acosta, ma ora, nonostante l’esplicita richiesta del Congresso, questo documento, e un allegato contenente materiale probatorio a sostegno delle 60 accuse, non è stato prodotto.
Khanna e Massie accusano specificamente Bondi per questa omissione mentre Adam Schiff, altro democratico di rango, attacca direttamente Trump accusato di «spostare la porta del campo di gioco: non lo può fare quella porta è piantata nel cemento della legge». Anche l’ex presidente Clinton, in imbarazzo soprattutto per le immagini che lo riprendono in piscina con Ghislaine Maxwell, la compagna di Epstein, e donne il cui volto è coperto, quindi presunte vittime, reagisce prendendosela col presidente: una sua portavoce accusa Trump di far uscire immagini ben selezionate del suo predecessore per cercare di distrarre l’attenzione dalle sue responsabilità nello scandalo.
È lo stesso dubbio che traspare dalle parole di Marjorie Taylor Greene, la deputata repubblicana della Georgia ex pasionaria di Trump e ora in rotta con lui: «Mio Dio! Ma cosa c’è in questi file per arrivare a tanto? Pubblicate tutto subito: è letteralmente la legge».