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 2025  dicembre 19 Venerdì calendario

La cittadinanza russa solo se si va a combattere

La notizia è passata sotto traccia, ma, adesso, chi intende chiedere la cittadinanza russa o anche solo un permesso di residenza, dovrà andare a combattere in Ucraina. Il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, attirando così l’attenzione di alcuni giornalisti investigativi che hanno voluto vederci chiaro. Questa volta, infatti, nemmeno i quotidiani più vicini al Cremlino ne hanno scritto. E si tratta di una mossa irrituale, perché tutte le decisioni del presidente Putin vengono annunciate con grande enfasi, soprattutto quando firma una nuova legge. Non manca mai una foto dello zar ritratto fra le mura del Cremlino (o un set che le replica perfettamente), con la penna in mano e la cartellina bordeaux dai contorni dorati dove si trova il testo da approvare ufficialmente.
La legge, invece, c’è eccome. Nel testo è scritto che avrà carattere temporaneo, ma non si dice di quanto e rischia se il risultato dovrebbe essere quello di rimpinguare le fila al fronte con quella che i russi chiamano “carne da cannone”, rischia di ottenere l’effetto contrario. I media indipendenti hanno sottolineato come molti migranti, soprattutto quelli provenienti dal Caucaso e dall’Asia Centrale, stiano rivedendo i loro piani e lasciando il Paese, nonostante l’agognata pratica fosse quasi ultimata e avessero già superato il test di lingua russa. A onor del vero, gli aspiranti cittadini della Federazione Russa o chi voleva semplicemente un permesso di lavoro, venivano spediti al fronte anche prima, con un espediente molto pratico. Puntando sulla scarsa conoscenza della lingua russa da parte di molti, nel plico di documenti da firmare, veniva messo anche un contratto che li spediva al fronte per sei mesi. Quelli che se ne accorgevano e non firmavano quel foglio vedevano la loro pratica rigettata. Una consuetudine che aveva sollevato, per quanto possibile, le proteste di giuristi e organizzazioni.
Adesso, invece, è tutto fin troppo chiaro. Secondo il decreto, per fare una domanda di residenza permanente in Russia, bisogna presentare i seguenti documenti: un contratto militare di almeno un anno nell’esercito, un contratto di servizio pressi il Ministero delle Situazioni di Emergenza e un certificato dell’ufficio di leva che attesti l’idoneità al servizio militare. Come per tutti i provvedimenti, sono previste delle esenzioni, anche se il criterio con il quale sono state decise fa sorgere qualche perplessità. La legge non si applica ai cittadini bielorussi, sostanzialmente in virtù del rapporto di alleanza fra Putin e il numero uno di Minsk, Aleksandr Lukashenko. Per le persone che provengono dal Kazakhstan e dalla Moldova, il decreto vale solo se si richiede la cittadinanza e non per la residenza permanente. Il motivo è presto detto. Il Kazakistan è la nazione più potente dell’Asia Centrale e la Russia sta facendo di tutto per mantenere la sua influenza, soprattutto ora che la competizione cinese e americana si stanno facendo sentire. Nel secondo caso, la Moldova è un Paese che Mosca sta cercando di strappare all’Ue e mandare al fronte i suoi uomini non è proprio il metodo migliore per tenerli vicini. Infine, sono esenti dall’arruolamento coatto specialisti altamente qualificati o coloro che applicano per motivi di studio. Morale della favola: a sparare (o a prendersi una pallottola) ci andranno solo quelli che arrivano dai Paesi più poveri e che non hanno avuto la possibilità di studiare. Non si salva nemmeno chi la cittadinanza o il permesso di soggiorno lo ha già in tasca. Secondo il sito Meduza, le autorità russe hanno iniziato a richiamare i cittadini naturalizzati, minacciando di ritirare loro il passaporto russo nel caso in cui di rifiutino di andare a combattere. Non manca poi chi ha visto nel decreto un doppio obiettivo.
Secondo il think tank di Carnegie Russia Eurasia Center la legge sembra fatta apposta per aumentare la mobilitazione di uomini con poca capacità di difendere i propri diritti e rendere meno attraente la migrazione a lungo termine, trasformando il Paese in una destinazione soprattutto per forza lavoro, non per insediamento permanente di stranieri. Se si conta i gravi problemi demografici della Russia, non è proprio una brillante idea.