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 2025  dicembre 19 Venerdì calendario

L’artigiano che costruisce le gondole: “A Venezia siamo rimasti in cinque, ci vuole passione”

Ha cominciato esattamente trent’anni fa: la distesa della laguna che cingeva il cantiere, lo sciabordio incessante, il rumore ovattato del legno modellato su misura, l’odore della vernice che si faceva largo tra le narici. Oggi Igor Silvestri, cinquant’anni, è uno degli ultimi costruttori e restauratori di gondole – e non soltanto – a Venezia. Lavora con il suo socio, Marco Bacci, e il loro cantiere sull’acqua trae il nome dalle iniziali: Ba.Si.
“In realtà – spiega subito Igor – più che di un vero cantiere dobbiamo parlare di un tradizionale squero (ovvero, una capannina – laboratorio dove gli ultimi artigiani veneziani del settore lavorano)”.
A tutti gli effetti parliamo, quindi, di una modesta costruzione assemblata in legno e riempita degli attrezzi del mestiere, sottoposta a spifferi inarrestabili e cosparsa d’umidità. “Qui lavoriamo al freddo per molti mesi all’anno. Devi muoverti sempre, per non congelare. Ci vuole passione per scegliere un mestiere come questo”, aggiunge. La ditta l’hanno aperta sei anni fa, nel 2019. Prima, per Igor, c’è stato un lungo girovagare da un cantiere all’altro, per apprendere il mestiere direttamente dai maestri d’ascia: “Oggi, qui a Venezia, siamo rimasti in cinque a svolgere questa antica attività”.
Lui e il suo socio trascorrono circa dieci ore al giorno al lavoro, dividendosi tra la costruzione e la riparazione delle imbarcazioni di cui la laguna è tappezzata. In primis le gondole, certo, ma non soltanto: “Ci occupiamo anche delle altre barche tipiche veneziane, come il sandolo, la sanpierota, la topa, il cofano, le patanelle. Il lavoro non manca”. Ed è vero: qui, nel sestriere Castello, a Seco Marina, l’attività ferve quotidianamente. “Oggi la laguna è solcata da circa 500 gondole e noi, ogni anno, lavoriamo su almeno una trentina di queste imbarcazioni”. Anche perché gli incidenti capitano: “Le gondole hanno sempre la precedenza, perché sono barche a remi e svolgono un servizio pubblico. Ma può capitare che vadano a sbattere contro altre imbarcazioni. Spesso succede con i taxi sull’acqua, o i vaporetti. Ad ogni modo, per come sono costruite, risultano del tutto inaffondabili”.
Parliamo di barche lunghe 12 metri e larghe 1,43 metri. Ma, più delle dimensioni, conta la forma prescelta per fluttuare agili sull’acqua. “Le prime gondole – spiega Silvestri – avevano un aspetto lineare, ma si comprese presto come fossero necessari alcuni accorgimenti. Oggi presentano una forma asimmetrica, a spicchio d’arancio, con il classico rialzamento a prua e a poppa. Questo consente di governarle con maggiore agilità sopra al moto ondoso, ed evita che possano colare a picco”.
In cantiere, Igor e Marco non si fermano mai. “Del resto, per costruire una singola gondola da zero impieghiamo 4-500 ore. Prepariamo un asse che ci fornisce la curva del fondo, poi lavoriamo sulla linea del fianco, quindi mettiamo la coperta di legno. Una singola gondola è composta di quercia (sui fianchi, per renderli più robusti), mogano, larice, abete, rovere, tiglio e olmo. Poi arriviamo alla verniciatura: la nebbia, il freddo e l’umidità sono nemici, perché rallentano il processo di asciugatura”. L’ottanta per cento del lavoro – osserva Silvestri – viene svolto ad occhio: “Tutto è ancora fatto a mano. Gli unici attrezzi del mestiere sono le seghe a nastro, quelle circolari, ed una pialla per portare a spessore il legno. Gli intagli e l’assemblaggio avvengono in modo artigianale, e questo contribuisce all’unicità del manufatto”.
Il costo è influenzato dal numero degli intarsi e delle dorature applicate: “Una gondola è come una Ferrari: il prezzo dipende dagli optional. Si va dai 35-40 mila euro per una gondola standard ai circa 50mila euro di una gondola finemente rifinita. Per i lavori di riparazione, invece, dipende dalla condizioni dell’imbarcazione: mediamente siamo tra i 10 ed i 15 mila euro”. I due soci sono pure riusciti a mettere in acqua un esemplare storico di “Gondola falcada”, lavorando sui disegni ottenuti dal Museo storico navale di Venezia: “La usavano durante la guerra, per bucare i velieri avversari, è un’imbarcazione che risale già al 1800”.
Oggi anche l’acqua alta sembra un problema parzialmente governabile: “Grazie al Mose evitiamo che il cantiere venga sommerso. Ci è successo una sola volta, nel 2019, e non è stato piacevole”. Quanto ad un possibile ricambio generazionale, Igor ha le idee chiare: “Difficilmente vediamo giovani che si affacciano nel nostro squero, per capire se questo possa diventare il loro mestiere nel futuro. Qui abbiamo delle buone scuole, ma è necessario che la formazione teorica venga subito affiancata da quella pratica. Le istituzioni dovrebbero attivarsi per garantire programmi scuola – lavoro, magari triennali, che orientino le nuove leve”.