repubblica.it, 19 dicembre 2025
Lineker e i 16 milioni da Netflix, il campione tra aforismi e polemiche che non smette di guadagnare
Adattando un celebre adagio che gli viene attributo, si potrebbe dire che il post-calcio è uno sport estremo dove frotte di ex centravanti dal gol facile e braccetti da combattimento rincorrono un Tfr di soldi e gloria ma alla fine vince sempre Gary Lineker.
L’inglese ha appena venduto a Netflix – per la sbalorditiva cifra di 16 milioni di euro – il podcast che l’ha reso già una star, “The rest is Football”, dove chiacchiera amabilmente di calcio con Alan Shearer, ex bomber del Newcastle detto Mary Poppins per i modi da educanda e Micah Richards, ex statuario difensore la cui carriera marca anche una tappa alla Fiorentina.
Il podcast, con cadenza quotidiana, andrà in onda durante il Mondiale 2026. Il self-made man Lineker dimostra ancora una volta di saperci fare.
Per anni è stato opinionista di punta della BBC, nel programma-cult “Match of the day”. A maggio la rottura con la storica piattaforma pubblica britannica aveva destato scandalo. Lo strappo si era consumato poiché Lineker era stato accusato di antisemitismo.
Aveva infatti ripostato il video di un profilo pro Palestina con la scritta “il sionismo spiegato in due minuti” e l’emoji di un ratto, l’animale usato dalla propaganda nazista contro gli ebrei. La comunità ebraica era insorta, Lineker aveva tolto il post e riconosciuto l’errore, si era infine scusato. Non era servito. Accettando la responsabilità del post giudicato inopportuno, Lineker aveva ammesso: “Ho sbagliato, è giusto che me ne vada dalla BBC”. L’aveva detto sorridendo, as usually.
Negli anni ’80 Gary Winston Lineker è stato uno dei centravanti più centravanti della sua generazione, il prototipo dell’uomo nato per il gol. 329 gol in 541 partite giocate, carriera spesa tra Leicester, Everton, Barcellona, Tottenham, con puntata finale in Giappone, al servizio della Toyota, sponsor del Nagoya Grampus. Il figlio di un fruttarolo di Leicester – che lo chiama Winston per omaggiare Churchill, nato lo stesso giorno, il 30 novembre – ha messo a referto 48 i gol in nazionale tra il 1984 e il 1992 (con il titolo di capocannoniere del Mondiale messicano del 1986), meglio di lui solo Harry Kane, Wayne Rooney e Bobby Charlton. Più di ogni altra cosa, in Inghilterra è stato sempre considerato un modello virtuoso di correttezza. Ha un record invidiabile: nemmeno un’ammonizione o un’espulsione in tutta la carriera. Un vero gentiluomo.
E ha pure un altro record, meno invidiabile: ha raccontato che una volta ha defecato in campo, durante Inghilterra-Irlanda a Italia 90. Tormentato dal mal di pancia, entrò in scivolata su un avversario e zac, il movimento muscolare favorì l’espletamento della pratica. Facilissima la battuta: un tackle di merda.
Uomo di intelligenza curiosa, brillante senza risultare mai saccente, appassionato sincero di football e dei suoi derivati; a quel punto Gary si è sfilato dalla condanna dell’ex campione che infila la tuta e comincia ad allenare in un sobborgo di Londra sperando un giorno di sedersi su una panchina della Premier. E ha cominciato a parlare di calcio in tivù, cogliendo nei social un territorio dove poter – anche qui – fare la differenza. Oggi Gary Lineker ha 9 milioni di followers su X. A sessantacinque anni appare com’è: decisamente cool, come nello spot anni 80 “piace alla gente che piace” per la posa rilassata, la fermezza, l’ironia, il commento sagace sempre in canna, l’impegno per i diritti civili (è stato anche premiato da Amnesty). Non è esente da veleni. I tabloid qualche anno fa gli diedero simpaticamente del cornuto. Sua moglie Michelle – madre dei suoi quattro figli – se la intendeva con un giornalista televisivo. Si separarono, lui annegò il dispiacere imparando a cucinare. Piatto che gli riesce meglio: gamberi all’aglio. Si è risposato con una modella gallese di vent’anni più giovane. Poi, essendo parecchio vanitoso ha ammesso di essersi ritoccato con il botox. Certo, per qualche anno si è pure tinto i capelli (tranquilli, si è pentito). E ancora: una volta ha salvato la vita a un tifoso dell’Arsenal che aveva annunciato sull’allora Twitter di volersi suicidare. Lo contattò, gli parlò con cuore saldo e parole sagge, nel mentre arrivò l’ambulanza e il malcapitato rinunciò all’atto finale. Sì, è suo il noto aforisma: “Il calcio è un gioco semplice: Ventidue uomini rincorrono il pallone e alla fine vince la Germania”. Ah, poi una volta – quella volta – annunciò pubblicamente che se Ranieri appena ingaggiato dal Leicester – “Ranieri who? Ranieri chi?”, sghignazzò perfidamente in diretta – avesse vinto la Premier League lui si sarebbe presentato in trasmissione in mutande. Ovviamente, mantenne la promessa e all’avvio della stagione successiva condusse la puntata di “Match of the day” vestito di solo boxer. Botto di ascolti, of course.