la Repubblica, 19 dicembre 2025
Da fabbriche a siti per armi, lite sul blitz del governo. “È un’economia di guerra”
Riarmo e difesa, la maggioranza litiga ancora. Su vari fronti, dall’acquisto di armi all’utilizzo dei militari per il pattugliamento di strade e stazioni. Ma trova un’intesa su un emendamento alla manovra che consente la riconversione nelle aree industriali di fabbriche e aziende per la produzione di armamenti. La proposta è stata avallata dal governo: la gestione al ministero della Difesa di Guido Crosetto «di concerto» con il Mit di Matteo Salvini. Ma tra i due ministri restano tante distanze. E le conseguenze si vedono in Parlamento.
Di certo c’è comunque che il governo apre alla riconversione delle industrie per la fabbricazione di armi con procedure accelerate. La spinta alla «produzione e al commercio di armi» arriva con un emendamento alla manovra. Dieci righe che nascono da tre proposte fotocopia di Fratelli d’Italia, Lega e FI. E ora accorpate dal governo in un unico testo depositato in commissione Bilancio, al Senato, dove la manovra è sotto esame.
Gli obiettivi sulle armi – si legge nel testo – sono collegati alla necessità di «tutelare gli interessi essenziali della sicurezza dello Stato» e «rafforzare le capacità industriali della difesa». Dall’obiettivo alle azioni. Con uno o più decreti del ministero della Difesa, «di concerto» con quello delle Infrastrutture e dei Trasporti, saranno individuate «le attività, le aree e le relative opere, nonché i progetti infrastrutturali, finalizzati alla realizzazione, ampliamento, conversione, gestione e sviluppo delle capacità industriali della difesa, qualificati come di interesse strategico per la difesa nazionale».
Per l’opposizione si tratta di un tentativo «inaccettabile» di cambiare la filiera industriale del Paese. «Il blitz del governo sulla manovra economica, che punta a trasformare le fabbriche italiane in luoghi di produzione di armi, è gravissimo», dice Angelo Bonelli, deputato di Avs. «Siamo di fronte – aggiunge – alla trasformazione dell’economia italiana in un’economia di guerra, che paga a Trump il prezzo di una scelta irresponsabile: destinare il 5% del Pil alla spesa militare, circa 100 miliardi di euro l’anno, mentre si continuano a tagliare risorse a pensioni, scuola, sanità e trasporto».
Trovata la quadra sul fronte della riconversione industriale in chiave militare, il centrodestra litiga su molti altri fronti sul tema armi e difesa. Ieri è saltato in commissione Difesa il voto sui quattro decreti per l’acquisto di armi da 3,5 miliardi. Governo assente, non si è presentato nessun sottosegretario. Ma non solo: da tempo i deputati leghisti in commissione si fanno vedere poco o nulla. Ieri molti descrivevano Crosetto a dir poco irritato per lo slittamento del voto e preoccupato per le assenze dei parlamentari di maggioranza. Ma Crosetto ha un’altra grana con la Lega. Più volte ha annunciato l’intenzione di esonerare i militari dell’esercito da compiti che non hanno a che fare strettamente con ruoli di difesa. Invece i deputati di Salvini insistono sull’ampliamento dell’utilizzo dei militari per il pattugliamento di strade e stazioni. Dopo la risoluzione per l’aumento del contingente impegnato nel programma “Strade sicure”, presentata in commissione Difesa dai leghisti, firmata anche da Umberto Bossi, il Carroccio insiste sull’emendamento alla manovra per inviare altri militari nel controllo delle stazioni di treni e metropolitane, con l’avallo del Mit di Salvini. Crosetto non ha preso molto bene questa ennesima mossa e la Difesa ha chiesto il ritiro dell’emendamento con una relazione molto dura: un ulteriore incremento di militari per compiti di pattugliamento – si legge nella motivazione inviata al Mef – «potrebbe avere ripercussioni su attività operative già in corso nell’ambito dei numerosi impegni internazionali». Basterà alla Lega per fermarsi? Difficile.