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 2025  dicembre 19 Venerdì calendario

La Rai cancella il podcast sulla fondatrice delle Brigate Rosse Margherita Cagol, l’autore: «L’ho saputo pochi giorni prima della consegna»

«È una storia molto particolare di una ragazza di una città di provincia, proveniente da una famiglia cattolica. Una studentessa brillante, laureata con 110 e lode in sociologia, una musicista che suonava benissimo la chitarra classica. A un certo punto però ha scelto la lotta armata, abbracciando la scelta fino in fondo, tanto da uccidere e restare uccisa. Raccontare questa vicenda vuol dire raccontare un pezzo d’Italia da un punto di vista estremamente particolare». Così il giornalista e autore trentino Paolo Morando descrive la vita della trentina Margherita “Mara” Cagol, tra le fondatrici delle Brigate Rosse. Una storia che accende gli animi da decenni, ma negli ultimi giorni a far discutere non è tanto la figura di Mara, quanto la decisione da parte di RaiPlay Sound di cancellare il podcast incentrato su di lei, di cui Morando è autore.
«Io e il produttore del podcast Nicola Attadio sapevamo che la Rai lo avrebbe acquistato una volta consegnato. Sennonché, pochi giorni fa, lo scorso giovedì 11 dicembre, Attadio mi ha avvisato che il neo-direttore della Direzione Radio digitali e specializzate, Gianfranco Zinzilli, considerato in quota Lega, aveva bloccato il progetto. La motivazione è stata che non voleva acquistare un prodotto che parlasse di una brigatista», è la ricostruzione di Morando. Poi le comunicazioni con gli autori del podcast si interrompono: «Non abbiamo avuto alcuna altra spiegazione. Questo ci è stato detto 10 o 15 giorni prima della consegna finale di un prodotto già a uno stadio più che avanzato. Avevamo completato totalmente la prima puntata, stavamo concludendo la seconda e la terza per quanto riguarda montaggio e sonorizzazione. Anche le ultime due puntate erano già pronte da almeno 10 giorni per quanto riguarda i testi e le voci, mancava solo la parte tecnica».
Morando commenta l’accaduto soffermandosi su due punti: «Il primo è che si tratta del servizio pubblico di cui tutti noi siamo finanziatori e potenziali fruitori a bloccare il tutto. È stato mandato a monte un progetto in stato avanzato semplicemente perché è cambiato un direttore. Il secondo versante riguarda invece il fatto che non c’è stata alcuna spiegazione editoriale, nessuna motivazione basata su fattori qualitativi. Credo che ci sia sottratta una possibilità all’utente del servizio pubblico di essere un po’ più informato su una parte importante della nostra storia».
Il produttore Nicola Attadio si è espresso in modo simile sull’accaduto: «Dobbiamo dedurre da quello che è successo che il nuovo direttore non voglia che si racconti la storia di una brigatista, pur trattandosi di fatti accaduti più di 50 anni fa? La motivazione è dunque politica? Da operatore del settore trovo scorretto che senza alcun rispetto del lavoro altrui a 15 giorni dalla consegna si rifiuti un prodotto il cui soggetto è stato vagliato e accettato mesi prima. Da cittadino devo pensare che il servizio pubblico, pagato con il canone di tutti, modifichi le sue scelte non su un piano di qualità editoriale, ma in base all’umore politico del nuovo direttore di turno?». Ora, a podcast quasi terminato, gli autori si stanno guardando intorno per cercare chi possa valorizzare il prodotto: «Ci siamo fidati del committente, ma non avendo siglato un contratto, siamo rimasti col cerino in mano. Adesso cercheremo di vedere se, scomparso l’editore che ce l’aveva commissionato, ne troveremo un altro», spiega Morando.
L’autore trentino ha ripercorso anche i passaggi che hanno portato all’accordo verbale con l’azienda pubblica: «Rai ci ha commissionato il lavoro dopo un altro progetto che avevamo realizzato l’anno scorso: “Il Colpo dello Stato”, sull’organizzazione eversiva Rosa dei Venti. Avevamo avuto un buon riscontro, tanto che ci fu chiesto di presentarlo a Roma in modo ufficiale. I responsabili hanno proposto a me e al produttore Nicola Attadio di presentare una nuova idea ed erano sembrati molto soddisfatti del progetto su Cagol».
«All’interno del podcast sono presenti delle interviste originali, come al politico Marco Boato o all’autore Alessandro Bertante, che ha scritto il romanzo “Mordi e Fuggi” sui primi anni delle Brigate Rosse», spiega Morando. «Ci sono anche contributi dell’attrice Angela Demattè, autrice dello spettacolo teatrale “Avevo un bel pallone rosso”, in cui interpretava Mara Cagol. Poi c’è un estratto dal processo che è in corso in questi mesi in Corte d’Assise ad Alessandria, un audio di Lauro Azzolini, brigatista dell’epoca, che ha affermato di essere il compagno di Cagol nell’ultima azione che portò alla morte della donna in una sparatoria nel 1975». Il testo si basa invece sulla produzione storica di Morando, ma anche di altri autori, come il giornalista trentino Piero Agostini: «Lui ha scritto il primissimo libro sulla vicenda di Cagol, che contiene anche una serie di lettere che scriveva ai propri familiari».
In tempi recenti un dibattito sulla produzione di opere divulgative riguardanti la figura di Cagol era già nato nel 2021. Alcuni consiglieri di Lega e Fratelli d’Italia avevano infatti chiesto il ritiro del libro “33 Trentine”, una raccolta di storie significative di donne trentine, tra le quali anche quella della brigatista. Il volume era stato pubblicato dalla Commissione provinciale Pari opportunità, mentre i testi erano frutto del lavoro di ricerca storica dell’Università di Trento.
La difesa della Commissione aveva rivendicato la scelta di «riportare, fra tanti esempi positivi, anche questa biografia, per sottolineare che la forza delle donne, come quella degli uomini, può essere anche distruttiva se non è ispirata a valori come la convivenza pacifica e per introdurre un ulteriore elemento di riflessione a ragazzi». Parlando della questione vissuta dal punto di vista locale, Paolo Morando commenta: «Si tratta ancora di una conseguenza delle polemiche che si fanno da decenni e dello stereotipo della facoltà di sociologia come culla delle Brigate Rosse e dell’estremismo. Una storia dura a morire».