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 2025  dicembre 19 Venerdì calendario

A Milano la carità si fa con il codice Qr: «Nessuno ha più le monetine». La storia di Katia, che cammina 12 ore al giorno per 20 euro

Foulard rosa, zaino in spalla, una pila di libri stretta al petto. E la richiesta di monetine. Katia chiede con un Qr code in vista. Uno, due euro. Una vibrazione secca. La carità cambia pelle. Non tintinna, vibra. Passa di telefono in telefono. Niente più mani che si sfiorano, né dita che cercano spiccioli, né cappelli vuoti buttati per terra nella speranza che qualcuno li riempia. Si avvicinano gli schermi, non i corpi. È una vicinanza filtrata, regolata. Asettica. Lei ha 37 anni, tre figlie in Senegal e un marito lontano. Ogni mattina prende il treno, poi il metrò. Scende alla fermata Moscova. Da lì comincia il giro: corso Venezia, i giardini di via Palestro, il cinema Anteo, corso Como, Gae Aulenti. In movimento. Con il telefono pronto.
Ha fatto la colf, poi la badante. La signora che accudiva è morta e il lavoro è finito così, senza preavviso. Sta cercando altro. Intanto fa l’ambulante. Vende libri al prezzo di nove euro – uno al giorno se gira bene – ma sono le app a tenere in piedi le giornate. Il resto non esiste più. Nel cartoncino plastificato che porta con sé ci sono tre app: Satispay, PayPal, Revolut. Al centro il Qr code stampato bene. Oggi, per chiedere, bisogna essere leggibili. Istantanei. Funzionare in un attimo. Milano a Natale diventa di massa. Passeggia, compra, passa oltre. Le vetrine sono accese. Anche il telefonino di Katia. C’è chi accelera per non sentire che chiede. Chi dice «no» prima che parli. Chi tira dritto con le cuffie nelle orecchie, sviando lo sguardo. E chi dice: «Non ho contanti». Le app hanno cancellato quest’ultimo alibi. Se non dai, è solo una decisione.
Davanti al cinema Anteo escono coppie, famiglie, gruppi. Qualcuno ride. Qualcuno rallenta. Inquadra. Due euro. Vibrazione. Nessuna parola. Non c’è imbarazzo, ma nemmeno relazione. Il gesto non chiede tempo, eppure il nome di chi dona qualcosa resta sulla memoria della app.
C’è chi lascia una volta e poi sparisce. Ma anche chi, giorni dopo, su Satispay replica il regalo. La monetina. La carità entra nello stesso circuito dei taxi, dei caffè, dei biglietti del cinema, degli acquisti online. È una voce economica, un «pagamento» quasi come gli altri. Si esegue senza rumore. Si fa mentre si parla, si cammina, mentre si guarda altrove. Senza fermarsi. Diventa reversibile. Si può fare. Rifare. Smettere. Senza spiegazioni. «Non posso restare ferma, devo mandare i soldi al mio Paese – racconta Katia —. Tutta la mia famiglia conta su di me, anche i miei fratelli e le mie sorelle, e i miei nonni. Tutti vorrebbero venire in Italia ma non sanno com’è davvero qui – sorride —. Non facile».
I libri li compra all’ingrosso insieme con altri. Poi si dividono le zone della città. Ognuno il suo quartiere. Una mappa silenziosa che con il tempo finisce per appartenerti, come una fermata della metropolitana o un pezzettino di strada sotto a un semaforo.
Katia incontra spesso una ragazza con una bambina nella fascia sulla schiena. E un ragazzo che ai libri aggiunge accendini. Stessi marciapiedi, stessi orari, stesso Senegal. Le app le conoscono meglio dei passanti. I poveri si adeguano subito: di necessità virtù.
Dodici ore in giro – dalle nove del mattino alle nove di sera – valgono in media una ventina di euro. A volte meno. A volte qualcosa in più. Non c’è pausa. Non c’è riparo quando piove. Il freddo entra sottopelle. Le luminarie restano accese. I tram scorrono pieni. I bar servono vin brulé. Natale passa anche da qui, dai marciapiedi, dai pagamenti rapidi, dai gesti senza contatto. L’elemosina non sparisce. Entra nei flussi, dura il tempo di una vibrazione. La sera Katia chiude lo zaino, controlla il cellulare. È sempre pronto. Una luce sul display. Due euro. «In questi giorni le monetine mi arrivano anche quando dormo», sorride. Milano passa. Non guarda. A volte torna. E magari regala.