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 2025  dicembre 19 Venerdì calendario

Intervista a Nerio Alessandri

Nerio Alessandri, imprenditore, presidente e fondatore di Technogym. Inventore della parola wellness. È nato tutto in un garage.
«Sì, 42 anni fa, nel garage di casa di una famiglia estremamente modesta, a Calisese di Cesena, 1.000 abitanti. Da una parte c’era la macchina, dall’altra la lavatrice. Oggi ci portiamo i nuovi collaboratori, è diventato un momento di formazione della nostra università aziendale».
Cosa sognava quando se ne stava chiuso in garage?
«Avevo 21 anni e mi sarebbe piaciuto fare il fashion designer per Giorgio Armani. Non avevo una lira e gli abiti me li cucivo da solo. Il colloquio con lui andò in fumo. Ma sognavo di fare l’imprenditore».
La via del successo è lastricata di...
«Parecchia gavetta. Mentre costruivo la mia azienda facevo il cameriere, il rappresentante di detersivi e d’estate il bagnino. A 12 anni andavo a scuola e il pomeriggio scaricavo la frutta con il muletto».
Il Nerio bambino.
«In una casa rurale abitata da 24 persone della stessa famiglia, sei fratelli sotto lo stesso tetto. Dalla finestra dell’unico bagno un giorno vedo i campi tutti verdi. Poi scendo a giocare a pallone e sono marroni, perché i germogli erano ancora piccoli: era la prospettiva che faceva la differenza. Il giorno dopo tutti verdi. Ho capito allora l’importanza di guardare le cose dalla giusta angolazione».
La scuola.
«Sono un perito meccanico. Il primo attrezzo l’ho realizzato per una piccola palestra di Cesena: all’epoca c’erano i bilancieri con i manubri che imbracciavano i body builder. Pensando a quell’attrezzo rudimentale ho creato il primo prototipo e l’ho portato smontato nel baule della macchina in quella palestrina...».
La svolta.
«Quando nel 1984 mi sono licenziato dal posto fisso e mi sono buttato su Technogym. Nel 1990 è arrivato il boom del fitness: abbiamo fatto un passo in più, inventando il wellness che abbiamo registrato».
È orgoglioso di aver inventato un neologismo?
«Più di aver cambiato lo stile di vita delle persone: l’uomo è nato per fare 25 km a piedi al giorno, oggi siamo fermi a uno. Proviamo a invertire la rotta: 75 milioni di persone usano i nostri attrezzi tutte le settimane in 100 mila luoghi, di cui 50 mila sono fitness center, 28 mila hotel, 8 mila aziende e 6 mila ospedali».
Steve Jobs ha causato il «tech neck», schiena curva e il collo in avanti per il cellulare. Lei prova a rimettere dritto il mondo.
«Ho conosciuto Steve Jobs: esistono due tecnologie, una buona e una cattiva. Dovremmo ripensare alla parola sostenibilità in base a quanto siamo utili al mondo. Oggi sappiamo che l’uomo dipende solo per il 20% dalla genetica, mentre quasi l’80 % dall’epigenetica, lo stile di vita. Siamo artefici della nostra salute».
Ha detto: fortunati non si nasce, si diventa.
«La fortuna è l’incontro fra il talento e un’occasione: è meglio avere poco talento e generare molte occasioni. Se sei un genio ma non ti muovi dal tuo angolo, sei arrogante e senza curiosità, rimani al palo. La fortuna si costruisce moltiplicando le occasioni di visibilità: hai più probabilità di appassionarti a un mestiere, anzi ad ossessionarti. Io sono ossessionato dal mio lavoro: tutti quelli di successo hanno avuto una ossessione».
Un suo mantra sul lavoro.
«Se un prodotto ha successo è obsoleto. E allora bisogna cambiare ancora una volta tutto. Nel boom del body building abbiamo puntato sul fitness, poi sul wellness. Tre mesi fa abbiamo lanciato “Healthness”, una nuova visione per il settore che grazie ai dati dell’AI consente di prescrivere protocolli di esercizio terapia personalizzati. Molto spesso si scopre che l’età funzionale non è quella anagrafica. Abbiamo iniziato tre anni fa a sperimentare il metodo sulla popolazione interna di Technogym: l’età funzionale si è abbassata di almeno 3 anni».
La Wellness Valley.
«Quasi 30 anni fa andai a parlare a Roma, con il governo dell’epoca, per valorizzare il wellness come opportunità strategica per il Paese. Si misero a ridere, così decisi di sviluppare un progetto pilota in Romagna: abbiamo ingaggiato università, ospedali, alberghi, aziende per fare del wellness una opportunità sociale ed economica. Oggi siamo nelle cartine, allo svincolo per Cesena c’è il cartello Wellness Valley».
Gli incontri fondamentali.
«Quello con il giovane Flavio Briatore e Luciano Benetton: riuscì a mettere il marchio sotto le braccia di un giovane pilota, costava meno che sul petto, ma siccome vinceva sempre e alzava le braccia si vedeva benissimo. Era Michael Schumacher».
Prossimo step?
«Far diventare l’Italia il primo produttore di benessere e Milano la prima wellness city al mondo. Le imminenti Olimpiadi di Milano Cortina 2026 rappresentano un’occasione unica per costruire questa legacy per il Paese. Se non lo fa per prima l’Italia arriva qualcun altro».
Molti non hanno tempo per tenersi in forma.
«Una scusa. L’unica cosa democratica al mondo è il tempo: ne abbiamo tutti la stessa quantità. Si può scegliere come impiegarlo».
Come è la sua palestra?
«È un gymnasium, inteso come quello degli antichi romani, perché il wellness è nato duemila anni fa: mens sana in corpore sano. La mia non è una semplice palestra ma un grande spazio con libreria, dove si può mangiare e ascoltare la musica».
Crede nei mental coach?
«Dipende con chi lo fai. Se è Riccardo Ceccarelli, che aiuta Sinner nella gestione dello stress, allora sì. Credo più nel potere di chi ti conosce a fondo, come famiglia e amici».

La famiglia.
«È la base. Mia moglie Stefania è stata la mia prima modella, aveva 16 anni. Abbiamo due figli, Erika e Edoardo, e stiamo insieme da 40 anni».

Il wellness è stato il suo passaporto per il mondo.
«Ovunque vado riesco a connettermi. All’ultima festa degli Oscar ho parlato con Taylor Swift 10 minuti, io non l’avevo riconosciuta, ma lei invece conosceva Technogym. Stallone è venuto con il suo aereo a Rimini a trovarci e mi ha chiesto di portarlo in trattoria. Il presidente di JP Morgan Chase Jamie Dimon mi ha invitato a parlare di longevità a New York davanti ai 300 imprenditori più ricchi d’America. Ho detto loro: “Sarete pure i più ricchi ma se non avete la salute non avete nulla”».
Paura di tornare povero?
«Moltissimo: sei stato povero è una cosa che ti rimarrà per tutta la vita. A cena in barca con Ennio Doris e ce lo siamo confessati. Doris teneva sempre un gruzzoletto in tasca, per scaramanzia. Non ho paura di non avere il denaro, ma di non avere più le occasioni giuste e smettere di imparare».

Un tratto del suo carattere.
«Sono curioso e ordinatissimo: ho le camicie sistemate per stessa gradazione di colore. E disegno giardini».
E ha la ex barca di Tito, Istranka.
«Da 22 anni: era tutta da rifare, ma di una bellezza rara. A bordo c’è stata la Regina Elisabetta».

I suoi genitori hanno visto il suo successo?
«Sono mancati molto presto. Anche se non mi piace parlare di successo: come mi ha detto Bill Gates, il successo è un cattivo consigliere».
Una frase di suo padre?
«Essere onesti conviene».
Fa gli sconti agli amici?
«No, semmai regalo».
È stato il più giovane cavaliere del lavoro.
«A 40 anni e 15 giorni. Ma non porto neppure la spilletta. L’autocompiacimento è la cosa peggiore».
Si gode mai un momento?
«Forse l’istante. Non mi guardo mai indietro devo pensare al futuro. Il passato conta per le radici».
Fa beneficenza?
«Restituire è importante, ma non lo sbandiero».
La politica: ci pensa mai?
«A quarant’anni mi arrivò la proposta da una persona nota. Non ci ho dormito la notte. Poi ho capito che voglio far bene solo il wellness, che non è nè di destra nè di sinistra. E il corpo è il santuario dell’anima».