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 2025  dicembre 18 Giovedì calendario

Calcio, sfida british: l’algoritmo tira i rigori

Il Mondiale di calcio si avvicina e l’Inghilterra non vuole lasciare nulla al caso. Per scrollarsi di dosso la maledizione che dura dal lontano 1966, la Federazione ha deciso di affidarsi, con convinzione crescente, all’intelligenza artificiale. Non un orpello futuristico, ma una componente strutturale della strategia con cui i Tre Leoni puntano a colmare il divario con le grandi del calcio. Soprattutto nelle situazioni che più hanno condannato gli inglesi nella storia recente: i calci di rigore.
Dalla sconfitta a Wembley nella finale dell’Europeo 2021 contro l’Italia alle eliminazioni maturate dal dischetto nelle grandi competizioni, l’Inghilterra ha accumulato una lunga serie di traumi. E proprio da lì riparte: dall’idea di mettere scienza, analisi e IA al servizio dell’unico obiettivo che conta arrivare pronti quando la tensione sale.
Ed infatti, a fianco del commissario tecnico Thomas Tuchel non ci sono solo allenatori e fisioterapisti: la nazionale inglese ha creato un ecosistema di analisti, data scientist e sviluppatori software che gestiscono un arsenale di strumenti tecnologici, alcuni acquistati sul mercato, altri costruiti internamente dalla Football Association. Il loro compito è trasformare quantità enormi di dati in informazioni utili e intuitive per allenatori e giocatori. E l’ambito in cui l’IA ha inciso di più è proprio quello dei rigori. Lo spiega Rhys Long, responsabile dell’area Performance Insights della FA dal 2016: «L’intelligenza artificiale può evidenziare schemi di tiro degli avversari che prima non avremmo colto. Dove tirano, quando cambiano angolo, quale piede prediligono».
L’enorme mole di informazioni 47 squadre, migliaia di rigori tracciati fin dall’età di 16 anni richiedeva in passato cinque giorni di lavoro. Oggi, con l’IA, bastano cinque ore. E servono poi “cinque minuti di conversazione” con il portiere per trasformare quei dati in decisioni concrete che si giocano nel giro di pochi secondi.
Il risultato? Indicazioni più precise e mirate, fino alle annotazioni riportate sulla bottiglietta dell’estremo difensore Jordan Pickford, ormai diventate iconiche.
Da quando Long è in FA, la percentuale di rigori segnati e parati è migliorata sensibilmente, e soprattutto è diminuita la pressione psicologica sui calciatori. A raccontarlo è Conor Coady, parte della spedizione agli Europei 2021 e ai Mondiali 2022: «I dati dell’IA ci mostrano dove è più probabile segnare e mettendo insieme le nostre tendenze con quelle dei portieri avversari riducono la nostra ansia. È come se ci dicessero: “Pensiamo noi a tutto"».
La tecnologia aiuta, ma non basta. Fondamentale è anche la capacità degli atleti di comprendere i dati e inserirli nella loro routine mentale. «I giocatori stanno diventando molto più abili nel leggere i propri numeri», conferma Long alla BBC. «Il nostro lavoro consiste nel tradurre una mole crescente di informazioni in qualcosa che sia davvero utile in campo».
Tutto parte da un laboratorio hi-tech nel cuore dell’Inghilterra: St George’s Park, il centro tecnico della nazionale, è diventato un vero incubatore di tecnologie sportive. Lavagne tattiche 3D, schermi touch, ricostruzioni tridimensionali delle giocate: gli strumenti a disposizione trasformano la preparazione in un ambiente interattivo, dove i giocatori possono toccare con mano ciò che l’analisi suggerisce. Non sorprende che l’Inghilterra sia considerata, insieme a Germania e Stati Uniti, uno dei Paesi più avanzati nell’adozione dell’IA applicata al calcio. Alcuni software sono in grado di monitorare ogni movimento in campo in tempo reale, individuare pattern tattici emergenti, generare grafici e insight istantanei. Un supporto prezioso per gli analisti che possono così intervenire già nell’intervallo di una partita.
La tecnologia, però, non migliora soltanto il rendimento tecnico, ma pure la condizione fisica. Ogni giorno i giocatori compilano tramite tablet un modulo che segnala qualità del sonno, affaticamento, dolori muscolari e qualsiasi sintomo rilevante. L’IA correla queste informazioni con i dati fisiologici e con i carichi di allenamento, suggerendo possibili interventi personalizzati. «Se ieri ho accusato un fastidio ai muscoli posteriori della coscia, lo staff lo sa immediatamente e adatta allenamento, nutrizione e carichi», racconta Coady. «L’attenzione ai dettagli è incredibile». Un lavoro che prima richiedeva giorni oggi si fa in ore, e presto promette Long basteranno pochi minuti.
La potenza di queste tecnologie porta però con sé un tema delicato: i costi. I software più avanzati possono richiedere investimenti da centinaia di migliaia di sterline, una cifra sostenibile per nazioni come l’Inghilterra, ma proibitiva per federazioni con budget limitati. Il timore è che l’IA amplifichi le distanze, creando un calcio d’élite sempre più sbilanciato verso chi può permettersi le innovazioni più avanzate.
Infine, c’è una diffusa preoccupazione per l’impatto dell’IA sui posti di lavoro in futuro. «Non sostituirà gli esseri umani, ma potenzierà i processi decisionali», chiarisce Long. «Non sceglierà la formazione, né giocherà al posto dei calciatori. Ma renderà più efficiente ogni passaggio». E forse, aggiunge, sarà proprio questa combinazione tra intuizione umana e potenza computazionale a consegnare all’Inghilterra quel vantaggio competitivo che insegue da quasi sessant’anni. La domanda ora è una sola: basterà l’IA per riportare la Coppa del Mondo oltremanica? La risposta arriverà sul campo. Ma una cosa è certa: i Tre Leoni, questa volta, non lasceranno nulla di inesplorato.