il Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2025
Walser, gli ultimi pensieri (Microgrammi) di un poeta
“Il lavoratore odierno è, per costituzione, un borioso che non ha cavalcato la boria. In ogni lavoratore, così verrà da pensare, alberga un parvenu. Di apprezzabile per lui esiste soltanto il successo effimero, e meschino, vile, orribile e ridicolo è soltanto ciò che definiamo insuccesso. Con rammarico, dichiaro che il lavoratore di oggi è quel tipo di uomo che sembra essersi irrevocabilmente deciso a rappresentare il nudo egoismo, la più gretta miopia, e a questa asserzione aggiungo che egli pare legittimato a una politica nella quale lo hanno trascinato gli ingranaggi, ossia il meccanismo di un evidente regresso mondiale”.
Robert Walser, leggenda oscura della letteratura elvetica e mondiale, verga queste parole nell’estate del 1926, individuando Ciò che forse caratterizza al meglio la nostra epoca: non solo sembra, è oggi, eppure è passato un secolo. Basterebbe questa profezia osservazionale, questa verità atemporale a far correre in libreria, ma c’è di più: dove e come Walser l’ha realizzata. Adelphi ha appena pubblicato i suoi Microgrammi, che sono le ultime cose che scrisse, e le ultime cose tout court, nel senso di ultimative, speciosissime, epigrammatiche. 526 fogli redatti a matita con una scrittura minuscola, segreta, non intellegibile a occhio nudo, così da evocare all’anamnesi altre lingue, differenti alfabeti. Caratteri lillipuziani per cui si parte per la tangente, lasciando la letteratura per l’arte, tra vuoti e pieni, bianco e nero, matita e nulla. L’espressione e la contenzione, il senziente e il paziente, tutto coincide in Walser, che produce questi, giammai minuzie, piccinerie e minutaglie, microgrammi dal 1924 al 32-33, perfezionando – convengono i curatori De Lucas Marco Gisi, Reto Sorg e Peter Stocker – “la sua opera, che fu la sua vita”.
Nei ventitré anni successivi non scrisse più un rigo, finché nel Natale del 1956 famosamente morì durante una passeggiata – non condivisa come d’abitudine dal curatore e tutore Carl Seelig – nella neve. Per entrare nella mente di Robert Walser forse bisogna davvero camminare nella neve, di certo, addentrarsi nel Bleistiftgebiet, “il territorio della matita”. E lì affidarsi a quanto ci ha lasciato, e a quanto, lui recluso e marginale, interdetto ed elusivo, ci manca. Due ricoveri psichiatrici, a Waldau vicino a Berna e – per quegli ultimi ventitré anni… – a Herisau nell’Appenzello, con una diagnosi di schizofrenia avventata e non rivalutata, e una vecchia scatola da scarpe che gli sopravvive: dentro, fogli di carta patinata, pezzi di moduli, buste, telegrammi, scritti sul fronte e/o sul retro, con licenza – ma quanta volontà? – di posterità. Ammirato da Musil e Benjamin, prediletto da Kafka, della levatura, per rimanere in Svizzera, di un Dürrenmatt, ancora oggi non si sottrae al suo mistero, che questi Microgrammi, in fascinosissimo bilico tra l’alterità e l’alienazione, la forma perita e la sostanza imperitura, elevano a potenza – perfino ridimensionando le opere precedenti, quali I fratelli Tanner, L’assistente, Jakob von Gunten e La passeggiata. Da fermo vi discetta del mondo, nel piccolo trova l’universale, nel liminare l’eterno, sicché “i desideri delle donne sono i desideri della vita stessa, e quando ci sforziamo di soddisfarli, difficilmente ci troveremo su strade che non siano educative, e l’educazione non racchiude forse in sé i principi più elevati?” (Stanotte non ci sono stati sogni).
Nel 1917 è per primo Hermann Hesse a recensirne la raccolta Poetenleben (“Vita da poeta”), titolo scelto dal regista luganese Tommaso Donati per un suggestivo, profondo e straniante documentario su Walser: presentato in anteprima al FilmMakerFest, accompagnerà le presentazioni dei Microgrammi in giro per l’Italia. Donati inquadra con discrezione e compunzione l’archivista che ne rivela le carte aliene, lo evoca nei luoghi che furono suoi, lo traduce per altri spazi e differenti tempi, cercando non la copia dal vero, ma l’originale nella realtà: “Nei suoi testi, a ogni cambio di rotta, digressione, punto o virgola, dopo che ogni personaggio entra ed esce senza ritornare, ho sempre visto un aspetto che si lega al cinema, una forma che mi interessa, poco lineare, anch’essa piena di digressioni, riflessioni, frammenti autobiografici e inventati”. In Poetenleben e nei Microgrammi, “quei pieni o vuoti sui foglietti formati dalla matita”, Walser incontra il proprio destino, “quello di vagare – osserva Donati – in spazi dimenticati, di cadere e risalire, un destino sempre in bilico tra tristezza e felicità”.