il Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2025
La nuova arma dei narcos: le banche dei dati riservati
Si lamenta l’acquirente albanese: “Mucho suave”. La coca è morbida ed è un problema. Sergio Roberto Carvalho, alias “il major”, chiamato anche il Pablo Escobar brasiliano, trafficante a livello globale, rassicura il cliente. Quei 150 panetti con marchio Koala sono suoi: “Seca rapido, tiene brilho”. La purezza è del 97%. Tutto a posto. “El trabajo todo listo, vamos a mandar por Olanda o Belgio con camion”. Vita da narcos. Dai paramilitari e dai boss dei cartelli del Golfo fino al cuore dell’hinterland milanese nella nuova culla della ’ndrangheta. Tutto in pochi istanti, chat criptata dopo chat criptata, in un anno oltre 3,5 tonnellate di cocaina smerciate con guadagni che sfiorano le cifre di una scalata bancaria, perché i traffici vanno a centinaia di chili alla volta, se non a tonnellate e quando un carico è appena stato inviato, ad esempio dal porto panamense di Cristobal con scalo a Gioia Tauro, già altri 800 chili sono pronti a partire. Il broker Bartolo Bruzzaniti avverte l’addetto allo scarico in Calabria: “La cosa buona – scrive – ho appena ricevuto messaggio che i paramilitari ci hanno dato luce verde per lavorare 1.500. Ovviamente finiamo questo dei 300”. È l’inchiesta SkyFall del pm dell’antimafia di Milano Gianluca Prisco e del Gico della Guardia di finanza, che poche settimane fa ha chiuso il cerchio attorno a un gruppo di narcos collegati alla cosca Barbaro di Platì e il cui luogo operativo e di stoccaggio era il poco attraente e molto anonimo Comune di Casorate Primo, tra Milano e Pavia. Trentacinque arresti, un latitante, Antonio Barbaro classe 1984 alias Fantasma, e una novità assoluta: la capacità dei narcos italiani di accedere alle banche dati riservate grazie all’appoggio di operatori infedeli.
Del resto quando gli affari sono stellari, la corruzione (reato allo stato non contestato) ne è diretta conseguenza. Basti pensare che su un investimento di 20 milioni per una tonnellata di coca, il guadagno su strada è di oltre 100 milioni di euro. Franco Barbaro, alias Balthazar, figlio del boss Rosario, scrive in chat a un soggetto non identificato: “Ma credo si può vedere da quando è stato installato. Ora vedo se mi fanno una visura della scheda, quando è stata attivata. Comunque se c’è Sim credo possiamo vedere. Dal numero Sim da quando è installata”. A margine così la Guardia di finanza rileva la capacità dei narcos calabresi di accedere “alle banche dati dei gestori di telefonia per conoscere i dati degli intestatari delle Sim impiegate nelle periferiche ambientali/gps per le intercettazioni disposte dall’autorità giudiziaria” per capire “il periodo di avvio delle indagini nei propri riguardi”. Ma non c’è solo questo. A scrivere in chat è sempre Barbaro-Balthazar: “’Sto cretino dice Suzuki sono della legge, rifai visura mandami foto”. Subito Lebron James risponde: “Ricordo quei due, investigativa, immatricolata a Roma”. È, per gli inquirenti, la seconda strada di accesso alle banche dati riservate “dalle quali estrarre i nominativi di intestatari di autoveicoli e delle relative polizze assicurative, veicoli sospetti in quanto ritenuti essere utilizzati dalle forze di polizia impegnate in indagini nei confronti degli attuali indagati”. E poi c’è la via più classica, quella dell’informazione diretta. Bartolo Bruzzaniti lo riferisce a un uomo della cosca Morabito di Africo: “Mi hanno chiamato per dirmi che imminente c’è operazione. Tra Saronno e Domodossola. Ci sono di paese”. Tradotto: ci sono calabresi. Da qui il ragionamento degli investigatori e della Procura: “Il gruppo di narcos è in grado di avere informazioni sull’esecuzione di misure cautelari che potrebbero attingere componenti della struttura criminale”.
L’informativa del Gico di Milano è una vera e propria bibbia dei narcos. Perché oltre alle informazioni riservate, vengono fotografati contatti diretti con i cartelli in Colombia e in Messico. A fare da cerniera, un soggetto allo stato non identificato con nickname “Pentagono” in grado di relazionarsi con il più grande narco-boss colombiano dai tempi di Escobar e cioè Dario Antonio Usuga già a capo del Clan del Golfo composto da centinaia di paramilitari. È Pentagono a girare ai narcos italiani “il booking” e cioè la lista dei container in spedizione.
Banche dati riservate e rapporti con il gotha del narcotraffico. La somma produce guadagni da capogiro. In un’occasione il gruppo di calabresi traffica 1,1 tonnellate serenamente atterrate sulla piazza di Milano. Alla “subida” e cioè al momento del carico in Sudamerica il 50% è stato pagato a 5.500 euro al chilo e pagato col “trabajo en agua”, quando la nave è partita. Il resto viene saldato alla “bajada”, al momento dello scarico nel porto di Gioia Tauro e viene pagato 31 mila euro al chilo. Prezzo totale: 20 milioni. Dopodiché con le percentuali di taglio il carico sale a 1,3 tonnellate il che su strada, calcolando 80 euro al grammo, si arriva a un guadagno da 105 milioni. Non ci guadagnano poi solo i narcos, a incassare il 16% sul carico (circa 5 milioni) è la squadra di estrazione, chiamata “door” che effettua la bajada. Il carico in questione arriverà al Porto di Gioia Tauro il 12 dicembre 2020 è sarà estratto con la tecnica “ripoff” con i borsoni della coca messi dietro la porta del container e fatto uscire con lo switch, trasbordando i borsoni in un container non destinato al controllo.