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 2025  dicembre 18 Giovedì calendario

Operazione “Yellow cake”: così la Russia si è presa l’uranio del Niger

L’operazione “Torta Gialla” può diventare un momento di svolta, che mostra la natura neocolonialista dell’espansione russa in Africa e sancisce il controllo di Mosca su una risorsa strategica: l’uranio nigerino. Una colonna di 54 tir scortati da mezzi blindati a fine novembre ha prelevato 1.050 tonnellate di yellow cake – la polvere gialla d’uranio – dalle miniere di Arlit nel Niger settentrionale. Dopo una sosta ad Agadez, il serpentone di veicoli le ha trasportate fino all’aeroporto della capitale Niamey. A largo del porto di Lomè, nel Togo, c’è il mercantile Matros Shevchenko in attesa dall’inizio dicembre: è una nave usata da Putin per contrabbandare il grano sottratto all’Ucraina e consegnare armamenti in giro per il mondo.
Gli impianti estrattivi di Arlit appartengono alla Somair: il 64 per cento è della compagnia francese Orano, un tempo chiamata Areva, che gestisce le centrali nucleari di Parigi, e il resto di una società pubblica nigerina. Ma il governo golpista che ha preso il potere nel luglio 2023 ha prima espulso tutti i militari occidentali – tranne gli italiani, che mantengono un contingente a Niamey – e poi nazionalizzato le miniere, sequestrando i macchinari e circa 1500 tonnellate di yellow cake ferme nel sito della Somair.
La compagnia francese ha presentato una serie di ricorsi legali, accolti dal centro dispute Cirdi della World Bank che a settembre ha proibito la cessione dell’uranio. Il presidente Abdourahamane Tiani, il leader del gruppo di generali che ha deposto l’unico governo eletto democraticamente del Sahel, ha ribadito che il Niger ha pieni diritti sull’uranio: il Paese ha il 5 per cento delle riserve mondiali.
Il 27 settembre Tiani ha visitato le miniere, scortato da soldati russi. Il Cremlino infatti dal 2024 è diventato l’unico alleato: fornisce mercenari, istruttori e armamenti ai golpisti impegnati a contrastare la rivolta fondamentalista che dilaga in tutta la regione. A luglio Niger e Russia hanno siglato un’intesa che prevede la costruzione di una centrale atomica nel Sahel. E a novembre è trapelata la notizia della vendita di 1000 tonnellate al colosso russo Rosatom. Si è ipotizzato un controvalore di 170 milioni di dollari: una campagna social molto accattivante proclama che la giunta militare ha aumentato il prezzo, ottenendo un guadagno molte volte superiore rispetto ai contratti con la Francia. Cifre che non sembrano fondate.
Il problema adesso è come trasferire il tesoro radioattivo in Russia. Alcuni analisti ritengono che il progetto iniziale fosse di raggiungere la costa attraversando il Benin, un Paese in migliori condizioni di sicurezza. Il putsch contro il presidente Patrice Talon, tentato dai militari locali e fallito il 7 dicembre dopo una serie di scontri, ha chiuso questo percorso. L’unico tragitto possibile passa dal Burkina Faso per arrivare al Togo lungo 1.100 chilometri di strade carichi di incognite: la fascia sul confine tra Burkina Faso e Niger – entrambi guidati da golpisti e legati da un patto di alleanza – è dominata dalle milizie jihadiste, che attaccano tutti i convogli. La formazione Jnim, federata ad Al Qaeda, è padrona del territorio e nel confinante Mali ha ricevuto aiuti dall’intelligence ucraina.
L’alternativa è organizzare un ponte aereo. Pure in questo caso però ci sono ostacoli operativi non da poco. Dall’inizio del 2025 i russi gestiscono i voli dei cargo nel Sahel facendo scalo sulla base libica di al Khadim, ma questo li obbliga a ridurre i pesi imbarcati per avere sufficiente autonomia. Prima usavano un aeroporto della costa siriana, che è tutt’ora nelle loro mani ma con forti limiti imposti dalle nuove autorità di Damasco. Oggi i siriani stanno cercando di allacciare rapporti con Europa e Stati Uniti, che hanno ricevuto Ahmed al Sharaa, l’ex capo fondamentalista diventato presidente dopo la fuga di Bashar al Assad. Sembra difficile che possa concedere a Putin l’uso della pista. Ma le dinamiche internazionali oggi hanno pochi punti fermi e anche al Sharaa sta conducendo negoziati con l’antico nemico, che ha cercato di più volte di assassinarlo. In attesa di una soluzione, i camion restano fermi all’interno dell’aeroporto militare di Niamey dove li hanno fotografati i satelliti.