la Repubblica, 18 dicembre 2025
Rai, bufera su Marano per il genero assunto: “Ora basta parentopoli”
Quando si dice: la miglior difesa è l’attacco. Di buon mattino Antonio Marano, presidente ad interim della Rai in quota leghista, si presenta in Cda e prende subito la parola. Per discolparsi. «La ricostruzione di Repubblica non è attendibile e il titolo quantomeno diffamatorio», protesta, citando l’articolo con cui il nostro quotidiano ha svelato l’assunzione a Rai Pubblicità del fidanzato di sua figlia.
“Dettaglio” – il reclutamento del genero del presidente della Tv pubblica in una delle controllate più ricche e importanti – che tuttavia non è stato smentito. Per la semplice ragione che è vero. Dunque incontestabile. Preso molto sul serio dalle opposizioni che ora vogliono vederci chiaro: sulla «vergognosa parentopoli» della destra Pd, M5S e Avs hanno difatti annunciato un’interrogazione urgente in Vigilanza.
Durante la breve e accorata perorazione, Marano batte soprattutto sulla correttezza: della procedura e del suo comportamento. Tanto da chiedere un’indagine dell’Internal Audit, organismo a diretto rapporto del presidente, cioè sé stesso. Un cortocircuito che però potrebbe essere facilmente sminato: il navigato consigliere anziano al vertice del Cda è infatti un facente funzione, in attesa (da oltre un anno) che la presidente designata, ossia Simona Agnes, venga ratificata in Vigilanza. La supervisione potrebbe quindi toccare all’ad Giampaolo Rossi.
«Alessandro Valadè ha un curriculum prestigioso», rivendica il “suocero”, come farebbe l’oste col vino della sua cantina. «Ha passato sei colloqui di selezione», aggiunge. «E se io non ho rivelato prima all’ad di Rai Pubblicità quale fosse il nostro rapporto è proprio per non esercitare alcuna forma di pressione». Una excusatio che però cozzerebbe con la continua richiesta di informazioni pervenuta ai dirigenti della concessionaria mentre l’iter era ancora in corso. «Solo alla fine, quando ho saputo che il ragazzo era passato», conclude Marano, «ho avvertito l’ad Luca Poggi che lui ha una relazione con mia figlia». Senza tuttavia rivelare un paio di particolari che rendono questa versione a dir poco reticente. Primo: Luca Poggi, manager di professionalità indiscussa, è entrato in Rai Pubblicità nel 2018 – direttore clienti dell’area Lombardia – proprio quando l’attuale presidente di Viale Mazzini guidava quella società. Il l loro legame è quindi solido e risalente. Secondo: Valadé in precedenza aveva collaborato con Williams Di Liberatore, ora direttore del Prime time, piazzato in quella casella dalla Lega, partito di riferimento di Marano.
Una vicenda che intreccia ragioni politiche, amicali e ora pure familiari. Tradotte da Roberto Natale, consigliere di centrosinistra, in «una questione di opportunità che rischia di attirarci critiche feroci». Come puntualmente avvenuto. «La Rai è un bene pubblico e non può essere gestita come una proprietà privata o familiare», tuona a stretto giro Sandro Ruotolo, responsabile Informazione del Pd. «Quell’assunzione puzza di favoritismo lontano un miglio», rincarano i consiglieri M5S in Vigilanza: «Dopo aver degradato la tv di Stato a ufficio di collocamento per amici del governo, adesso sono passati direttamente ai parenti di chi siede in Cda. È ora di dire basta. Marano si dimetta». E se per la renziana Dafne Musolino «il criterio base per l’assunzione del personale del servizio pubblico è ormai diventato l’amichettismo», per Angelo Bonelli di Avs «siamo di fronte all’ennesima conferma di TeleMeloni: una Rai piegata agli interessi della destra, attraversata da scorribande predatorie che nulla hanno a che vedere con il merito, la trasparenza e l’autonomia».