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 2025  dicembre 18 Giovedì calendario

Intervista a Maria Pace Odescalchi

Dal soffitto del castello di Bracciano colava acqua.
«Già. Un tempo i tetti erano pieni di infiltrazioni, quando pioveva ci toccava mettere catini qua e là per non fare allagare i saloni. Ero bambina, ma ho imparato presto che questi sono luoghi meravigliosi e delicati, da proteggere». Era proprio destino. Maria Pace Odescalchi da qualche mese è presidente dell’Associazione Dimore storiche italiane (Adsi). Prima donna a ricoprire l’incarico a livello nazionale.
Tra statue, quadri e armature lei ci è cresciuta. Oltre al maniero sul lago, un gioiello con cinque torri che ogni anno attira 75 mila visitatori, la nobile famiglia – originaria di Como – possiede il palazzo su piazza Santi Apostoli dove lei risiede e ci accoglie.
Da piccola, magari giocando in queste avite stanze, non ha mai rotto niente?
«No. Ho appreso presto la cura e il rispetto che richiedono certi ambienti, così come l’importanza di un’accorta gestione e manutenzione».
Laureata in Business administration. I suoi avi banchieri le hanno trasmesso i geni giusti.
«Si trasferirono qui quando nel 1676 Benedetto Odescalchi fu eletto papa con il nome di Innocenzo XI. Un pontefice pio e devoto, che non amava feste e banchetti, abolì il nepotismo e si prodigò per poveri e orfani. Nel 1956 fu fatto beato».
I suoi genitori lavoravano o si occupavano solo dei beni di famiglia?
«Mia madre Annamaria era un’imprenditrice, è stata la prima negli anni ’70 ad aprire alle visite al pubblico il Castello di Bracciano e ha sviluppato diversi progetti immobiliari nel Lazio. Da lei ho ereditato la stessa vocazione imprenditoriale. Mio padre Livio scriveva poesie, un uomo di grande cultura».
I vostri quasi dirimpettai sono i principi Colonna. In che rapporti erano le famiglie?
«Ottimi. Oggi Prospero Colonna fa un lavoro straordinario con la collezione e il palazzo ed è un esempio per tutti».
Lei invece deve occuparsi di 47 mila dimore storiche italiane, mica poche.
«L’Italia è il Paese europeo che ne ha di più, almeno 2 o 3 per comune. Siamo il più grande museo diffuso
. Tutti luoghi che, se gestiti in un certo modo e messi a sistema, con l’aiuto delle istituzioni, creano coesione e reddito, generano ospitalità».
La regione con la collezione più ricca?
«La Toscana, ma anche Veneto, Lazio e Campania. In ogni regione sono tantissimi gli edifici storici, anche in borghi meno conosciuti».

La dimora storica più visitata d’Italia?
«Credo sia Villa Borromeo sul lago Maggiore. Un luogo splendidamente preservato e gestito. Così come la cappella Sansevero a Napoli, con il Cristo velato. Vantiamo numeri importanti: nell’ultimo anno i privati hanno portato 34 milioni di visitatori, i musei pubblici 54».

La manutenzione costa moltissimo.
«Sì e non tutti possono farcela da soli, specie se gli edifici storici si trovano in zone remote e poco frequentate. È sbagliato pensare che il proprietario abbia sempre capacità economiche sufficienti».
È risaputo che molti nobili, a parte il blasone, non hanno grandi risorse.
«Vede, non c’entra il blasone. I nostri soci (4.300) appartengono a molte categorie economiche. È un tema che riguarda tutti i proprietari di dimore storiche che sono, di fatto, solo custodi del bene vincolato. Bisognerebbe tenere conto anche delle difficoltà legate ai limiti di utilizzo e ai costi di preservazione e restauro. Altrimenti si rischia che molti li abbandonino o li regalino allo Stato, non essendo in grado di provvedere alle spese. Ma anche per lo Stato è insostenibile garantire gli investimenti per mantenere in buone condizioni tutte le dimore storiche, che sono un inestimabile valore culturale ed economico per il Paese».
Quanto si spende?
«Consideri che solo il rifacimento della facciata di un palazzo storico richiede interventi specializzati che possono costare più del doppio che per un immobile di nuova costruzione. Le dimore storiche tengono viva l’opera dei restauratori e delle maestranze specializzate, eccellenze che ci invidiano nel mondo. Ancora in Italia ci sono artigiani specializzati – come esperti di marmi, di cotti, di arazzi – le cui competenze non esistono altrove».
Lo Stato vi aiuta?
«Ai tempi di Spadolini si poteva detrarre il 100 per cento delle opere di restauro, oggi le detrazioni sono quasi azzerate. Si potrebbero fare cose fantastiche. Come Brunello Cucinelli che ha restaurato il borgo di Solomeo in Umbria. Vorrei riuscire a portare l’Art bonus anche nel privato: i finanziatori potrebbero avere diritto a una detrazione del 65 per cento, che incentiverebbe i privati a investire in restauri senza costi per lo Stato. Mi piacerebbe stringere accordi del genere anche con gli Usa, per invogliare gli investimenti: quanti borghi potrebbero essere ristrutturati e resi abitabili con queste agevolazioni».
Intanto, come suo primo atto, ha stipulato un accordo con Abi, l’associazione bancaria italiana.
«E ne sono molto orgogliosa. Le banche si proporranno come mecenati o ci offriranno linee di finanziamento con tassi agevolati».
Al castello di Bracciano oggi non piove più.
«Ci sono voluti circa vent’anni di gestione attenta per finanziare i lavori necessari. Richiede una manutenzione continua. L’ultimo intervento è stato il consolidamento dei solai, 1.800 metri quadrati di superficie. Il prossimo restauro riguarderà l’affresco dei fratelli Zuccari nella sala papalina. Il ricavato dalle attività all’interno del castello è destinato alla manutenzione ordinaria e straordinaria».
Con tutta la gente che gira per le sale, vi è mai capitato qualche visitatore maldestro o maleducato?
«No, le persone sono molto rispettose. Ogni tanto qualcuno resta chiuso dentro dopo l’orario di chiusura e bisogna andare a liberarlo».
Secondo una leggenda, Isabella de’ Medici, moglie del principe Paolo Giordano Orsini, gettava i suoi numerosi amanti in un pozzo.
«Credo sia una storiella inventata da un custode. È storicamente noto che Isabella era innamoratissima del suo principe e che a Bracciano c’è stata poco. Il castello accoglie tutti».
Ha ospitato parecchi matrimoni celebri. Tom Cruise e Katie Holmes.
«Meravigliosi. Qualcuno tentò di imbucarsi al ricevimento con un minivan, ma alla fine fu intercettato».
Eros Ramazzotti e Michelle Hunziker.
«Una favola. Lei aveva l’aria sognante.
Queste iniziative testimoniano che una buona gestione e manutenzione rendono le dimore storiche attrattive per eventi internazionali, producono ricadute positive e generano un indotto sul territorio».
Anche lei si è sposata lì, con suo marito Giuseppe Recchi, ex manager della General Electric, Eni e Telecom, nel 1999.
«In realtà ci siamo sposati nella chiesa di Portofino. Per la festa siamo venuti a Bracciano».
I ladri hanno violato persino il Louvre. Voi come siete attrezzati contro i furti?
«Il palazzo Odescalchi ha videocamere collegate ai Carabinieri e un servizio di vigilanza privata. Anche il castello è ben sorvegliato, da quando, nel 1998, dei ladri entrarono di notte e rubarono quadri e argenteria. Ma poi recuperammo tutto, grazie a un cinghialetto di bronzo».
E come?
«La statuetta fu proposta a un signore del posto che si insospettì e lo segnalò ai Carabinieri. La refurtiva fu ritrovata in una cascina isolata. Per fortuna io avevo catalogato ogni oggetto, così fu più semplice dimostrare la proprietà e la provenienza di questi oggetti. Da allora il cinghialetto è diventato il nostro piccolo santo protettore».