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 2025  dicembre 18 Giovedì calendario

Tiziana Giardoni: «Stefano e la figlia segreta? Si sentiva solo un bancomat. Lei dietro all’addio ai Pooh»

Tiziana Giardoni, qual è il suo stato d’animo?
«Sono amareggiata. La cosa che mi infastidisce più di tutte è vedere buttare fango sulla memoria di mio marito Stefano, un uomo buono e generoso che ha fatto tanto del bene. Se le persone attaccano me non importa: ma non accetto che si metta in dubbio la lealtà di Stefano».
È stata attaccata per aver chiesto alla Michelon un risarcimento di 100 mila euro per danni psicofisici.
«Le notizie apparse in questi giorni sono del tutto infondate, nessuna nuova domanda di risarcimento è stata avanzata in appello dai miei avvocati, Marco Meliti e Simona Bevilacqua, anche perché chi scrive dovrebbe sapere che in quella sede non è possibile proporre nuove domande. Si tratta delle stesse richieste già formulate in primo grado dai miei precedenti avvocati».
Quali sono i danni psicofisici a cui fa riferimento?
«La Michelon aveva rifiutato ogni rapporto con mio marito: il suo legame con il padre per lei passava solo per il denaro. Stefano con molta tristezza si autodefiniva “un bancomat”. Veniva cercato solo come mero sostenitore economico: le richieste di denaro erano puntuali e insistenti. Questo portò Stefano a uno stato di prostrazione tale da doversi sottoporre a visite specialistiche e ricoveri, fino alla prescrizione di antidepressivi».
Stefano D’Orazio aveva provato a costruire un rapporto con sua figlia?
«Lo avrebbe voluto con tutte le sue forze. Per la figlia della sua ex compagna Lena Biolcati, Silvia, lui è stato un padre a tutti gli effetti, nonostante non fosse il genitore biologico. La Michelon però non voleva il suo affetto e questa sua affermazione è anche agli atti: un rapporto di freddezza probabilmente voluto anche dalla madre della Michelon, la signora Bolletta, che impose allo stesso Stefano di mantenere il riserbo sulla paternità, volendo preservare il rapporto familiare con il marito».
Lei è stata accusata di essersi messa di mezzo.
«Non è così. Io rispettavo la volontà di mio marito, che voleva a un certo punto minimizzare gli incontri per la sofferenza che gli procuravano. Questa impossibilità di avere un rapporto affettivo con sua figlia ha fatto sì che Stefano non desiderasse di diventare nuovamente padre. Accettai per amore di non avere figli, ma non è stata una scelta facile».
La Michelon ha detto di avere dalla sua parte il sostegno del pubblico dei social.
«Purtroppo è facile lasciarsi convincere da una persona che gioca a fare la vittima, non dicendo però che è lei ad essere stata condannata per aver tentato, in collusione con la madre e il signor Michelon, di far apparire tempestiva l’azione di disconoscimento della paternità. Mi hanno dato della venale: se mai otterrò un risarcimento lo darò in beneficienza».
Stefano D’Orazio, ancora in vita, aveva messo in piedi una strategia difensiva?
«Innanzitutto fece testamento, all’insaputa di tutti. Non c’è alcun patrimonio milionario, come sostengono gli avvocati della Michelon: parlano di due attici a Roma, in realtà è un normalissimo appartamento al 7° piano in cui vivo io. In quegli anni aridi ho visto mio marito diventare un’altra persona: era così spaventato che nel 2009 decise di lasciare i Pooh. Le richieste erano diventate insistenti e lui non voleva trascinare il gruppo in uno scandalo morale. Non credo di esagerare nel dire che si sentiva con le spalle al muro».
Dagli incontri con la figlia come tornava suo ma rito?
«Avvilito. Ogni tentativo di sciogliere il ghiaccio era inutile: si trovava di fronte una ragazza respingente interessata solo a massimizzare i benefici economici».
Quale è stato il punto più doloroso di questa vicenda?
«Il 6 novembre del 2020, giorno della morte di Stefano. Gli avvocati della Michelon mandarono una pec all’ospedale Columbus chiedendo l’esame del Dna sul corpo di mio marito appena deceduto».
Chi le sta vicino in questo momento?
«Sempre e solo la mia famiglia. E spero nel sostegno dei Pooh».