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 2025  dicembre 18 Giovedì calendario

Franca ciampi: «A 105 anni ricordo ancora le cento tappe in Italia con Carlo Giorni bui, soffro per i giovani»

Il codice attraverso il quale si classificano le fasi della vita, dopo la stagione adulta che arriva alla Mezza Età ne contempla una Terza, una Quarta e si spinge poi nell’Età dei Grandi Vecchi, dagli 85 ai 99 anni. Dopo questa soglia i censimenti anagrafici parlano soltanto e indistintamente dell’estrema generazione, i Centenari, dei quali i geriatri tengono sotto controllo le fragilità e poco d’altro. Perché è già un miracolo varcare un simile traguardo.
Franca Ciampi di anni ne compie oggi 105 e, a parte qualche «acciacchetto» – così li definisce il figlio Claudio – di patologie evidenti ne ha una sola: una certa riduzione dell’udito, che pare si accentui «quando vuole lei». Un riflesso del suo carattere, si potrebbe dire. Insomma, tranne l’ipoacusia, è ancora in forma, come gli italiani la vedevano quando affiancava il marito Carlo Azeglio al Quirinale. Ed è vigile e attenta anche adesso, mentre nella casa romana di via Anapo fervono i preparativi per festeggiarla. Ma tutto si svolge silenziosamente, per non stancarla, mentre lei un po’ sbuffa e raccomanda: «Non dovete strafare».
Donna Franca, un compleanno del genere va solennizzato...
«Ciò che mi preme è di trascorrerlo con i figli, i nipoti e i bisnipoti. Perché sono bisnonna da un pezzo. Anche il mio Carlo era orgoglioso di esserlo diventato, prima di andarsene, ormai nove anni fa».
Sarà un appuntamento pieno di ricordi: gli anniversari permettono di viaggiare nella memoria e lei per fortuna non soffre di amnesie.
«Sì, grazie al cielo. Per questo, come del resto capita abbastanza spesso, potrò condividere con la famiglia i ricordi di una vita intera. Una vita lunghissima, piena di speranze e svolte inattese».
E di questi tempi duri, tra le nuove guerre e l’assedio all’Europa, quale opinione si è fatta?
«Sono giorni davvero bui, che mai avrei immaginato di dover in qualche modo rivivere. Penso ai più giovani, ai miei nipoti e bisnipoti e a tutte le nuove generazioni di questo nostro mondo. C’è da sentirsi smarriti».
Sembra che chi ha un’intensa vita interiore si adatti di più al senso di solitudine, inevitabile con il passare degli anni. Nel suo caso ha forse reso più acute per lei le questioni spirituali?
«Certo, gli amici miei e di Carlo di un tempo non ci sono più, e mancano a me come mancavano a lui. Tuttavia, non mi sento mai sola. Vivo circondata dall’affetto dei miei cari. Per il resto, sono molto religiosa e non direi che quelli che lei chiama temi spirituali si siano acuiti. Sono sempre presenti, nelle riflessioni che mi trovo a fare. Li definisca, se crede, processi di introspezione anche morale. E non smetto di coltivarli».
Ripensa talvolta al periodo trascorso al Quirinale? Lei rivendicava di non volere distanze con la gente comune: fu una scelta premeditata?
«Fu un settennato incredibile, che ha segnato positivamente entrambi. Ma la prego di credere che non ci fu proprio nulla di studiato, mai, da parte nostra. La famiglia Ciampi è come tante altre famiglie italiane, fatta di cittadini comuni».
Comunque, accanto ai momenti belli, come quando Carlo Azeglio lavorò per far riscoprire la Patria, ce ne furono di sconfortanti. Non a caso Ciampi, dopo essersi ritirato, ha voluto titolare uno dei suoi ultimi libri: «Non è questo il Paese che sognavo».
«È vero, certe scelte lo avevano deluso. Eppure, tra noi tendevamo a rifugiarci rammentando, per esempio, il viaggio in Italia: più di cento tappe, in quella che per lui – che era stato anche professore, non lo scordi – doveva essere una forma di pedagogia repubblicana, una maniera per superare le smanie di divisione. E ricordavamo le tante persone straordinarie che abbiamo incontrato in giro per il mondo. Poi, sì, c’erano stati anche i momenti difficili, come con l’attentato di Nassiriya, in cui furono uccisi una ventina di nostri soldati che erano là in missione di pace. Eravamo in visita ufficiale negli Stati Uniti, in quelle ore, e Carlo volle rientrare al più presto per i funerali. Ma il suo dolore più grande, che è il mio di adesso, è l’amarezza per il fatto di lasciare ai giovani un mondo peggiore».
Malinconie che non ci si aspetterebbe da una donna forte e «positiva» come donna Franca, ma che sono forse inevitabili alla sua età. Gli italiani l’hanno amata per la cifra schietta e anticonformista con cui ha interpretato il ruolo, peraltro non formalizzato, di first lady. Indimenticabili i siparietti con il marito, quando criticò un certo modo di fare tv, e contro «la tv deficiente» evocò l’urgenza di una «tv intelligente». O l’acuminata battuta che si concesse sulla tomba di Gandhi, a New Delhi, leggendo su una lapide un precetto che lui predicava sui Sette peccati sociali del malgoverno. Cioè: Politica senza principi, ricchezza senza lavoro, piacere senza morale, ecc... «Che ne dici Carlo, la portiamo a Roma questa lapide?».