Corriere della Sera, 18 dicembre 2025
Mollicone, le pressioni sul maresciallo
«Quando in caserma arrivarono segnalazioni su un possibile coinvolgimento dei carabinieri nell’omicidio di Serena Mollicone, raccolsi tutti gli elementi sulle indagini dell’epoca, evidenziando quelli che a me sembrarono depistaggi. Mandai l’informativa al colonnello Caprio del Nucleo investigativo di Frosinone (competente per i casi di omicidio, ndr.) ma lui me la restituì consigliandomi di rimodularla, togliendo le parti che riguardavano Mottola e gli altri militari».
Lo rivela nell’aula della Corte d’Assise d’Appello il maresciallo Gaetano Evangelista, durante il nuovo processo sul delitto della 18enne di Arce. Evangelista subentrò a Mottola, imputato di omicidio volontario assieme alla moglie e al figlio, alla guida della caserma del paese nel 2004, a tre anni dal fatto. Le sue indagini partirono nel 2007, dopo l’assoluzione del primo sospettato, il carrozziere Carmine Belli. «Ho preso quel documento, l’ho fatto rileggere al mio collaboratore, l’ho firmato di nuovo e l’ho riconsegnato al Nucleo. Ho ritenuto di non fare nessuna modifica, altrimenti sarebbe stato un foglio bianco. Poi quelle informazioni ci hanno messo cinque mesi per arrivare al pm, che non ne era stata informata».
Il contenuto dell’informativa è già noto e sostiene molti degli elementi dell’accusa che non hanno però retto in primo e secondo grado, salvo poi l’intervento della Cassazione che ha chiesto di rivalutarli nell’Appello bis oggi in corso. Si va dalla errata registrazione della segnalazione sull’auto del figlio di Mottola, Marco, al ritrovamento del telefono di Serena in un cassetto già ispezionato, fino alla testimonianza trasmessa in ritardo della barista che disse di aver visto il ragazzo con la vittima e all’ordine di servizio dell’1 giugno 2001, che l’accusa ritiene falsificato per nascondere le vere presenze in caserma quella mattina. «Non ho mai rivelato questo dettaglio perché non mi era stato mai chiesto», ha spiegato Evangelista, che ha poi ridato forza anche alla confessione del brigadiere suicida, Santino Tuzi (sul quale lui indagava), che rivelò, prima di uccidersi, di aver visto la ragazza entrare nell’appartamento dei Mottola: «Mi raccontò come era vestita Serena per filo e per segno».
Conferme sulla precisione del racconto del brigadiere arrivano anche dall’altro teste, Marco Sperati, in servizio al reparto operativo del comando provinciale di Frosinone: «Ricordo che Tuzi disse che aveva visto la ragazza entrare in caserma e mi ha colpito la descrizione che fece della borsetta, disse che aveva delle frange, perché la borsetta non venne mai ritrovata e non poteva averla vista». La testimonianza di Caprio è saltata per problemi di salute.
A inizio udienza il maresciallo Mottola aveva reso dichiarazioni spontanee per ribadire che «non sappiamo niente del delitto, Tuzi si è ucciso per la vergogna di aver coinvolto mio figlio: contro di noi ci sono cattiverie, illazioni e teorie di chi vuole far carriera e ha scatenato una campagna mediatica colpevolista».