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 2025  dicembre 18 Giovedì calendario

Trump «grazia» Wiles, la donna nell’ombra: «Qui è lei la più potente»

Vent’anni fa un reporter chiese a Susie Wiles, che allora era capa dello staff del sindaco di Jacksonville, in Florida: «Che prodotto vendi?». «Buona domanda», rispose lei. «Strategia e pianificazione. Relazioni con i media. Conoscenza della gente che plasma le opinioni». Le sue due specialità: «Creare ordine dal caos» e «capovolgere situazioni e percezioni».
Per chi frequenta la Casa Bianca, dove oggi Wiles è capa dello staff del presidente, la cosa più sorprendente dell’articolo di Vanity Fair – nel quale dice tra le altre cose che Trump ha «una personalità da alcolizzato» (nel senso che «crede che non c’è nulla che non possa fare»), che il vicepresidente JD Vance è «un complottista», che la ministra della Giustizia Pam Bondi ha fallito sul caso Epstein – è che una professionista della politica che preferisce esercitare il potere restando invisibile abbia concesso 11 interviste «on the record», cioé registrate e permettendo di citare il suo nome, a Vanity Fair. Che cos’altro si aspettava – osserva un opinionista di destra – da una rivista che non ha mai mostrato simpatia per Trump? Non che Wiles non parli con i media tradizionali: tutt’altro, considera cruciale lo scambio di informazioni e di favori con i reporter, in forma anonima. Uno dei modi per cambiare la percezione su Trump, anche in momenti come questo di preoccupazione tra i repubblicani per la sua gestione dell’economia e la disoccupazione (al 4,6%: la più alta da 4 anni), è dire che non sei d’accordo su tutto e che «non è perfetto» (molti elettori non l’hanno votato perché credono sia «perfetto») ma allo stesso tempo difendendolo su quasi ogni singola scelta e assicurando che alla fine si orienterà di nuovo su ciò che conta.
Nonostante certe frasi infelici, come l’ammissione che in Venezuela Trump continuerà a bombardare le imbarcazioni finché non cade Maduro, alla fine era questo il suo obiettivo su Vanity Fair. Fece la stessa cosa in una rara intervista «on the record» con Politico nel 2024 quand’era manager della campagna elettorale: «La più temuta e meno nota operatrice politica in America». Lì Wiles diceva di «non aver amato» l’assalto al Congresso, ma che «non l’ha causato» Trump. «Ci sono cose che farei e direi diversamente? Assolutamente. Ma devi accettare il bene e il male di ognuno. Non ci sarebbero le politiche di Trump senza la personalità di Trump». «È molto brava a manipolare i media, lo so essendo stato manipolato», disse un ex editorialista di Jacksonville a Politico. Tra le sue tattiche: «Appiccare piccoli incendi» nei media che è l’unica a poter spegnere. Sa rendersi «indispensabile per la persona più importante».
È possibile che il giornalista Chris Whipple, già autore di un bestseller sui capi dello staff della Casa Bianca, abbia solleticato la vanità di Wiles. L’intero staff della Casa Bianca ha posato per foto che poi si sono rivelate estremi primi piani, al punto che sulle labbra della portavoce Karoline Leavitt si vedono le iniezioni estetiche. Ma c’è anche chi ipotizza che il pezzo di Vanity Fair sia una mossa calcolata di Wiles. Una cosa è certa: altri perderebbero il posto, lei è vista come leale e indispensabile. Trump la chiama «la persona più potente del mondo» e qualche volta «Susie Trump», e ieri ha detto che la frase «personalità di alcolizzato» non lo offende: «Ho detto spesso che se bevessi ci sarebbero buone probabilità di diventare alcolista. Ho una personalità possessiva, che crea dipendenze». Wiles aveva il papà alcolizzato: Pat Summerall, leggenda del football. Con lui sapeva quando rendersi indispensabile e quando invisibile, mise ordine nella sua vita spingendolo a fare cambiamenti che non sapeva fare da solo. C’è un chiaro parallelismo nel rapporto con Trump, che ha una dipendenza dal caos e dall’attenzione.