Corriere della Sera, 18 dicembre 2025
Asset, il rischio ritorsioni sui fondi di Euroclear: in Russia ci sono 17 miliardi
È uno strano contrappasso quello di Euroclear, la piattaforma belga che ha in custodia 185 miliardi di euro delle riserve russe. Questa società si era sempre tenuta lontano dai riflettori perché è l’equivalente, per il sistema finanziario, di ciò che sono le condotte idriche per una città. Pochi le notano o pensano alla loro esistenza, in tempi normali. Quando c’è un incidente e si bloccano, tuttavia, diventa difficile pensare ad altro.
Euroclear regola transazioni per oltre 30 mila miliardi di euro al mese, una somma superiore al prodotto interno lordo degli Stati Uniti. In gran parte sono obbligazioni, di cui assicura la custodia e la regolazione fra le parti in ogni scambio. Il profilo basso, la sua natura di infrastruttura silente e la sua funzione vitale hanno attratto investitori strategici: fra i primi dieci azionisti, Euroclear conta la banca centrale cinese e i fondi sovrani di Australia, Nuova Zelanda e Singapore, oltre alle banche pubbliche della Francia e del Belgio.
Ora però è il momento in cui tutti di colpo pensano intensamente a quelle condotte della liquidità finanziaria. Lo fanno i leader europei, che a Bruxelles da oggi devono decidere se usare i fondi russi depositati presso Euroclear a favore dell’Ucraina. Lo fanno i russi stessi, dato che la banca centrale di Mosca tre giorni fa ha denunciato Euroclear chiedendo danni per una cifra pari alle riserve che aveva depositato in euro: 210 miliardi di euro. E da ieri lo fa Fitch, l’agenzia di rating che in mattinata ha emesso «prospettive negative» sulla società perché in teoria – se le riserve vengono usate per l’Ucraina – Euroclear potrebbe non disporre in tempo utile del contante per rifondere la Russia nel caso in cui il rimborso diventasse necessario.
Come accade spesso nelle crisi, emergono le fragilità nascoste dei sistemi: Euroclear custodisce depositi per 42 mila miliardi di euro ma – se qualcosa andasse storto – ha un capitale proprio di appena 5 miliardi per assorbire eventuali perdite. Soprattutto, gestisce l’equivalente di 17 miliardi di euro in depositi in Russia, che appartengono ai suoi clienti; fra questi figura anche Jp Morgan Chase, al punto che la prima banca americana potrebbe cercare di rivalersi su Euroclear stessa, qualora il governo russo facesse scattare sequestri sui depositi di quest’ultima.
Nell’incertezza, un punto fermo c’è: se i governi europei decidessero di mobilitare le riserve russe per l’Ucraina, in poche ore il Cremlino potrebbe catturare quei 17 miliardi affidati a Euroclear in Russia. Poco dopo aggredirebbe l’attivo dei principali gruppi europei che ancora operano in Russia: fra questi la francese TotalEnergies (con partecipazioni per oltre 10 miliardi di dollari e depositi per oltre 2 miliardi) e la stessa Unicredit, che in questi mesi stava completando il processo di uscita dal Paese. Non è un caso se Italia e Francia entrano nel vertice europeo di oggi con le posizioni più fredde sull’uso delle riserve congelate.
Il governo di Roma ripete che il Belgio non va lasciato da solo di fronte all’ira del Cremlino, ma rifiuta di offrirgli le proprie garanzie pro-quota. Parigi si schiera per l’Ucraina, ma non vuole che entrino nella discussione le riserve russe per quasi 20 miliardi depositate presso le banche francesi. E la Germania punta dritta sui beni di Mosca, ma rifiuta di usare fondi comuni europei già disponibili e con molti meno rischi legali. Sono contraddizioni tipiche di governi che non riconoscono fino in fondo il peso essenziale di questa guerra per il futuro dell’Unione europea e dell’euro stesso. Non a caso Mosca vede spazio per intimidire e terrorizzare: secondo il Guardian, lo avrebbe fatto in questi giorni anche nei confronti di politici e manager belgi.