Corriere della Sera, 18 dicembre 2025
Giorgia, Elly, Giuseppe e gli altri Duelli su tutto (anche in famiglia)
Il Duello, gli eterni duellanti. Ma mica quelli di Conrad, che per un malinteso senso dell’onore e della cavalleria continuano a sfidarsi per decenni: con la sciabola, col fioretto, con la pistola con due soli colpi. Qui si combatte a mani nude, o con la mazza chiodata, comunque nel ring ottagonale delle arti marziali miste, con l’unica regola che non c’è nessuna regola, se non quella di vincere.
Il tema è il sostegno all’Ucraina, Trump, l’Europa, l’uso o meno dei beni della Russia confiscati, l’accordo economico del Mercosur da firmare o meno, ma pure la manovra, il Green Deal, la sanità, le pensioni, le tasse, gli stipendi e poi aggiungetevi qualunque altra cosa, tanto il copione non cambia, due combattono e uno vive.
Giorgia Meloni in giacca bianca sì, ma in guanti bianchi no, piazza la staffilata: «Continuate a dirci che siamo divisi, ma facciamo un po’ di conti: noi, quattro partiti, presentiamo una sola mozione, mentre voi, che vi dite alleati, ma Schlein dice di sì e Conte dice di no, di mozioni ne presentate sei diverse!». Uno a zero e palla al centro, vai a metterci una pezza. Ma Elly Schlein non gliele manda a dire: «Per forza vi trovate d’accordo su una sola mozione, dentro non ci avete scritto niente!». Bel contropiede, con riferimento al fatto che l’aiuto militare all’Ucraina si diluisce in un «sostegno multidimensionale», per non fare a pugni con Matteo Salvini.
Ma pure nel documento del Pd c’è un bel giro di parole per non fare troppo a schiaffi con Giuseppe Conte. Sì, perché non mancano nemmeno i duelli in famiglia, seppure non rivendicati, ma anzi negati, sopiti cancellati. Hai voglia a tirare in faccia alla premier le parole del suo vice leghista, che tra gli applausi di Putin ha paragonato l’Europa a Hitler, lei certo non ci casca, anzi i due, seduti vicini, si scambiano perfino un sorrisino e un buffetto. Ma pure Elly, che i beni russi vuole usarli eccome, fischietta quando Giuseppe urla che no, non se ne parla, è peccato mortale. È Giorgia piuttosto che lo sgambetta, quando gli ricorda, senza far nomi, che ex esponenti del suo partito, una volta imbevuti di pacifismo, si sono messi adesso a fare i lobbisti per le industrie delle armi. Apriti cielo, Conte incassa e controbatte, e lui il nome lo fa: «Mi pare assai più grave invece quando si prende un lobbista delle armi e lo si mette al governo: il ministro della Difesa Guido Crosetto!».
E dire che l’intervento introduttivo della premier era stato pacato e istituzionale, almeno per gli standard di casa nostra. Giusto qualche punzecchiatura sulla finanza allegra dei governi precedenti, sulla contraddizione tra chi boicotta le case editrici di destra e poi difende i «sedicenti imam violenti», su chi accusa il governo di ignorare il genocidio mentre Abu Mazen invece lo ringrazia. Le opposizioni non ci fanno caso più di tanto, salvo protestare quando la premier torna a insistere sui centri di detenzione per migranti in Albania. Ma c’era stato anche un applauso prolungato e comune, tutti in piedi, per la condanna della strage di Sidney e per la preoccupazione del crescente antisemitismo.
Ma poi, pure se l’adagio dice il contrario, chi mena per secondo mena due volte. E Giorgia, in replica, usa come monito per tutti la risposta alle accuse del deputato Pd Piero De Luca, pronunciate in un’Aula semivuota ma con lei a prendere puntigliosamente appunti: «Dite di firmare subito il Mercosur, ma non vi preoccupate per le garanzie ai nostri agricoltori. Volete usare gli asset russi senza prima avere una base giuridica solida. I dati dicono che con voi la povertà era più alta. Dite cose false. Il gettito fiscale sale perché ci sono un milione di occupati in più. Noi sprechiamo i soldi degli italiani? Ma se dovremo pagare 200 milioni di multa perché avete trascurato aziende negli appalti per comprare invece mascherine anti Covid taroccate!». Conte usa la pochette come guanto di sfida: «Lei parla? Lei che tiene nel governo Santanché che ha truffato lo Stato sfruttando proprio il Covid?». Poi tocca a Elly contrattaccare: «Lei fa cabaret», e sciorina dati, in forma di letterina di Natale, sulle liste d’attesa, sul costo del pane, sugli stipendi bassi, sul lavoro precario. Meloni, del resto, l’aveva appena bacchettata sugli italiani col frigorifero vuoto, manco fossimo un Paese alla fame.
Poi c’è il leghista Candiani, che vota la mozione perché mette in guardia sulla corruzione in Ucraina, Renzi accusa Meloni di mentire sulle pensioni, poi arriva Galeazzo Bignami e BadaBing! Il suono onomatopeico reso famoso dal Padrino, che assalta le opposizioni e scatena la bagarre: «Andate in piazza con la bandiera di Gaza, con la bandiera cinese, mai con il Tricolore, perché vi vergognate di essere italiani!».
L’ultimo duello, il più aspro, è quello con il senatore a vita Mario Monti: «È facile cogliere in lei – presidente – il leader politico che in Europa incarna meglio di ogni altro i desiderata di Trump. Chi legittima la dottrina Trump e dei poteri si schiera contro la Costituzione e contro gli interessi nazionali». Puntuta anche la risposta: «Trovo molto gravi le accuse circa i presunti manovratori che io avrei. A differenza sua faccio il premier perché me lo ha chiesto il popolo italiano, e gli italiani sono gli unici a cui rispondo».