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 2025  dicembre 17 Mercoledì calendario

La guerra per il petrolio di Putin, i sauditi cercano di comprare tutti gli asset esteri di Lukoil

Possono, come noto, comprarsi (quasi) tutto: ma uno dei twist più clamorosi della guerra all’Ucraina è che i sauditi hanno fatto una delle offerte per tutti gli asset esteri di Lukoil che hanno più chance di successo. Questa è una storia non solo di petrolio, ma di servizi segreti, e relazioni Russia-Arabia saudita ancora tutte da indagare.
I fatti sono che una delle principali candidate all’acquisto degli asset internazionali di Lukoil – che dal 21 novembre ha visto entrare in vigore devastanti sanzioni americane sul petrolio russo (tardive ma devastanti) – è la società saudita Midad Energy. Midad fa parte di uno dei più grandi holding dell’Arabia Saudita, con attività in tutto il Medio Oriente. Stando a Reuters, Midad pagherebbe con soldi che verranno depositato su un conto di garanzia bloccato fino alla revoca delle sanzioni contro l’azienda russa. E qui ovviamente potrebbero entrare in gioco gli americani: Trump e il suo giro sono quelli che possono beneficiare delle sanzioni, ma anche farle togliere. Secondo Reuters, infatti, potrebbero partecipare alla transazione anche società americane.
Midad holding è una filiale di Al Fozan Holding, molto in alto (undicesima) nella classifica di Forbes delle imprese familiari dell’Arabia Saudita. Ossia quelle imprese direttamente (o attraverso uomini di facciata) riconducibili alla monarchia saudita e a Mohammed bin Salman. Ma Midad Energy non è solo collegata alla monarchia: è una parte dell’apparato statuale e della sicurezza saudita. Il suo amministratore delegato, Abdullah Al-Aiban, è fratello del potente consigliere della monarchia saudita per la sicurezza nazionale, Musaed Al-Aiban. Una delle fonti nel mondo dei grandi player energetici ricorda a La Stampa che Musaed era ai negoziati di febbraio tra Russia e Stati Uniti. Con Steve Witkoff e Jared Kushner, da sempre in ottimi rapporti con loro. Il padre di Musaed e Abdullah, Mohammed Al-Aiban, è stato il primo direttore del servizio di intelligence del regno saudita.
Traduzione: le sanzioni di Trump potrebbero durare il tempo necessario ad arricchire (ulteriormente) la famiglia saudita e grossi investitori petroliferi Usa, per poi scomparire. Putin dovrebbe ingoiare tutto questo, in cambio di una evidente complicità di Trump nelle richieste di capitolazione all’Ucraina sul Donbass. E è per questo che il dittatore russo ha sottolineato di recente quanto sia strano avere un dialogo così positivo con Trump, e nello stesso tempo patire le sanzioni, che a questo punto sarebbe meglio definire trumpiane, piuttosto che americane. Sanzioni che potrebbero beneficiare il suo stretto giro di amici.
Certo, a Putin tutto questo fa anche male. Le sanzioni sono entrate formalmente in vigore il 21 novembre, e secondo diversi calcoli a novembre i ricavi della Russia derivanti da petrolio e gas (ossia poco più di un quarto di tutte le entrate federali russe) sono crollati di un terzo su base annua. Quanto agli asset, stiamo parlando di un boccone che va dall’Europa a Medio Oriente, Africa e America Latina. Grandi giacimenti e raffinerie, catene di approvvigionamento globali che possono essere deviate. Lukoil ha un portafoglio internazionale da 22 miliardi di dollari. Le partecipazioni più redditizie sono il giacimento West Qurna-2 in Iraq. Quote nei giacimenti di Karachaganak e Tengiz in Kazakistan. Il giacimento di Shah Deniz in Azerbaigian. Vari asset tra Messico, Ghana e Nigeria, Egitto. In Europa Lukoil è importantissimo per le raffinerie in Bulgaria, Romania, Paesi Bassi (ne aveva una anche in Sicilia a Priolo, ceduta poi con modalità non trasparentissime). Lukoil in alcuni paesi (Stati Uniti, Paesi Bassi, Balcani occidentali) ha ottenuto una deroga che le consenta di continuare a gestire centinaia di punti vendita al dettaglio. Una vendita al consumo che resta ben attiva anche in Italia, specialmente in Calabria e Sicilia.