la Repubblica, 17 dicembre 2025
Sal Da Vinci: “Sono caduto ma ho resistito a tutto per la mia famiglia”
«Sono strafelice di tornare in gara a Sanremo con Per sempre sì. È una bella sensazione dopo diciassette anni… Fu un festival rocambolesco, venni ripescato e con Non riesco a farti innamorare arrivai terzo». Sal Da Vinci, il veterano, le sceneggiate da bambino con il padre, migliaia di concerti, una canzone, Rossetto e caffè, che è tormentone da un anno mezzo – e che ha portato all’Ariston, nel 2025, con The Kolors, nella sera dei duetti – è felice come un ragazzino. Mercoledì 17 dicembre su Canale 5, andrà in onda il concerto da Piazza del Plebiscito a Napoli, dove ha ospitato, tra gli altri, Renato Zero, Gigi D’Alessio, Paolo Bonolis Serena Brancale, Raf, Clementino, Fausto Leali.
Che effetto fa?
«Non ho venti anni, non sono nato sulle piattaforme musicali. Per me è un circo di emozioni, se penso che Rossetto e caffè sta per diventare terzo disco di platino».
Torna a Sanremo con Per sempre sì, canta ancora l’amore.
«Racconta la tenerezza che nasce in ognuno di noi, le promesse che facciamo. Sono importanti e ti rendi conto, mano mano, quanto sei stato fortunato nella vita».
Impegnativo dire sì per sempre.
«La cosa più bella che la vita mi ha donato sono i miei due figli, i tre nipoti, mia moglie Paola. Non siamo la famiglia del Mulino bianco ma stiamo bene insieme. “Per sempre sì” per me ha un valore. Quel sì è anche faticoso. Mia nonna diceva: “Con un sì ti impicci e con un no ti spicci”. Con un sì ti sei buttato non sai dove, con un no è “ciao e chissenefrega”. Ma se è sì ci devi credere, la promessa si mantiene».
In famiglia come hanno preso il ritorno al Festival?
«In tanta felicità è successa una cosa brutta. Ho chiamato mia mamma, che ha 82 anni per darle la notizia: “Sei felice?”. È svenuta per l’emozione. Vede in me mio padre».
Anche lei è così emotivo?
«Tanto. Questa botta di “adrenalinansia”, come la chiamo io, l’avevo già provata. Sto per debuttare a Napoli, il 19, al Teatro Augusteo con Dalla parte del cuore, in cui mi racconto. Ritroverò le famiglie, ogni volta è un incontro, un abbraccio. Meno male. Non posso pensare a Sanremo tutti i giorni, arriverei sfinito. Lo vivo come una festa e un esame».
Che ha pensato delle polemiche sul cast di sconosciuti al Festival?
«Penso che Carlo Conti abbia fatto una scelta coraggiosa, ci sono gli artisti veterani ma bisogna dare spazio ai ragazzi. Sanremo è Sanremo anche per questo, vuol dire prendersi la responsabilità».
Faceva parte della giuria a Io canto: con lei c’erano Ermal Meta, Patty Pravo, Serena Brancale. Li ritroverà all’Ariston. Che effetto fa?
«Mi sono sentito spesso con Ermal, siamo molto amici, dicevo: sarebbe un sogno festeggiare insieme. Come quando da bambino c’è la festa mascherata e ti dici: “Speriamo che invitino anche me”. L’ho visto come un regalo, il segno che da lassù qualcuno mi ama, una ricompensa».
Pensa di meritarsela?
«Sono caduto e risalito, ho vissuto periodi in cui non avevo neanche la possibilità di compare il latte per i miei figli. Ma ho creduto in quello che facevo, mi dicevo: resisti. Mi sono rifugiato in teatro, andavo a suonare nei club, guadagnavo meno dei miei musicisti. Rifarei tutto».
Davvero tutto?
«Sì, ho perseverato sempre, e sono sopravvissuto. Il grande Vasco canta “ognuno a rincorrere i suoi guai”. Ho rincorso i miei, fiero di continuare il percorso».
Nella vita di ognuno c’è un prima e un dopo: nella sua?
«Due momenti: quando mia figlia Annachiara è nata con un brutto angioma alla carotide e quando mio figlio Francesco si è ammalato di meningite. Io e mia moglie eravamo ragazzini, si è sempre impreparati, ma da giovani è tutto più difficile. Quando Francesco stava male, pregavo la Madonnina del reparto, all’ospedale Santobono: se lo salvi smetto di cantare. Stavo per giurare e mi hanno chiamato per firmare, dovevano fargli la puntura lombare. E Dio lo ha salvato; la dottoressa – non lo scorderò mai – si chiamava Di Grazia».
Come affronta le cattiverie?
«Sono una persona sensibile, se arrivano da qualcuno a cui voglio bene mi devastano. Al mondo c’è il bene e il male, lo sappiamo, la cattiveria genera ignoranza, è diavolesca, è dei deboli. Se non pensi agli altri ma solo a stare bene tu, alla casa al mare, alla macchina, che vita è? Poi c’è una cattiveria che non sopporto».
Diciamola.
«Quando truffano le persone fragili. Tanta gente è stata raggirata dai profili falsi con il mio nome, a una signora anziana hanno chiesto i soldi. L’ho chiamata. Come si fa?».
Che dice del successo senza fine di Rossetto e caffè?
«Chi se lo sarebbe aspettato. Ho amici che l’hanno ascoltata anche a New York, si sente nei taxi in Egitto, sembra L’italiano di Toto Cutugno. È una magia. Ho scritto melodie bellissime, collaborato con grandi autori, canzoni a cui tenevo non sono volate. Questa è arrivata ed è cambiato tutto, alla fine è anche bello non sapersi dare spiegazioni».