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 2025  dicembre 17 Mercoledì calendario

Trump apre anche la guerra del petrolio, blocco totale delle petroliere dal Venezuela (che rifornisce la Cina): quotazioni in rialzo

Donald Trump – la sera di martedì 16 dicembre negli Usa (l’alba di mercoledì in Italia) – ha intimato il blocco delle petroliere in Venezuela, già definito uno Stato narco-terrorista. In un post sul suo social Truth, The Donald ha annunciato che ordinerà «un blocco totale e completo di tutte le petroliere sanzionate che entrano ed escono dal Venezuela». Il Paese sudamericano «è completamente circondato dalla più grande flotta navale mai assemblata nella storia del Sud America. Questa flotta non farà che ingrandirsi e lo choc per loro sarà senza precedenti, finché non restituiranno agli Stati Uniti d’America tutto il petrolio, i territori e gli altri beni che ci hanno precedentemente rubato». 
L’annuncio ha subito fatto balzare le quotazioni: il Brent +1,75%, il Wti (il riferimento per il greggio americano) +2%. L’escalation arriva dopo che la settimana scorsa le forze Usa hanno sequestrato una petroliera al largo delle coste del Venezuela. 
Il Venezuela non è un produttore di droghe come la cocaina o il Fentanyl, il farmaco antidolorifico 80 volte più potente della morfina che Trump ha definito «un’arma di distruzione di massa». Come scrive Sara Gandolfi – non esistono prove ufficiali che lo Stato gestisca direttamente il narcotraffico. I trafficanti di droga che operano con navi nei Caraibi trasportano principalmente cocaina dall’America Latina all’Europa, non agli Stati Uniti, secondo quanto scrive la Nbc che riporta quanto appreso da funzionari delle forze dell’ordine e militari statunitensi, oltre che da esperti in materia di narcotraffico.
Ma il Venezuela è un Paese produttore ed esportatore di greggio. È il Paese con le riserve più alte di greggio al mondo: ne detiene il 17 per cento, pari a circa 303 miliardi di barili. Produce poco meno di 900 milioni di barili, e la quasi totalità va in Cina. L’inasprimento delle restrizioni sta causando un calo della produzione di greggio venezuelano, che secondo l’Agenzia internazionale per l’energia è diminuita di circa 150 mila barili al giorno a novembre rispetto al mese precedente, attestandosi a 860.000 barili al giorno. Le esportazioni hanno registrato un picco a settembre, oltre un milione di barili al giorno, forse perché la compagnia petrolifera statale Pdvsa stava dando fondo alle scorte. Secondo i dati della società di analisi Kpler, le esportazioni sono destinate a scendere a dicembre a 702 mila barili al giorno. Gli analisti hanno avvertito che le forniture di petrolio venezuelano alla Cina potrebbero diminuire a febbraio se le petroliere attualmente cariche e in attesa nelle acque venezuelane non potranno salpare.
Gli Stati Uniti si stanno infatti preparando a intercettare altre navi che trasportano petrolio venezuelano, secondo quanto riportato da Reuters, mentre Washington ha anche imposto nuove sanzioni alla famiglia di Maduro, a sei petroliere e alle compagnie di navigazione a esse collegate. 
Secondo l’analisi effettuata da Reuters, almeno una dozzina di petroliere soggette a sanzioni si trovano già all’interno della zona economica marittima esclusiva del Venezuela, molte delle quali ora rischiano di essere sequestrate. La morsa militare sul Venezuela ha lo scopo di scoraggiare il trasporto di petrolio venezuelano tramite la «dark fleet» (la flotta oscura), composta da navi non regolamentate, soggette a sanzioni e prive di assicurazione, utilizzate anche da Russia e Iran per aggirare le sanzioni economiche imposte dall’Occidente. Gli acquirenti asiatici stiano chiedendo sconti più consistenti sul greggio venezuelano per far fronte al crescente rischio commerciale.
Ma quale sarebbe lo scopo degli Usa? L’insediamento di un governo favorevole agli Stati Uniti che porterà alla revoca delle sanzioni contro Caracas potrebbe determinare una rapida ripresa della produzione petrolifera in Venezuela.
Anche l’Eni ha interessi in Venezuela. Il gruppo guidato da Claudio Descalzi ha cominciato a operare nel 2015 con la produzione di gas nel giacimento offshore di Perla, uno dei più grandi in America Latina. Nonostante le sanzioni, nel 2022 il Cane a sei zampe aveva ottenuto da Washington un permesso per continuare a ricevere petrolio dalla compagnia statale venezuelana Pdvsa, come pagamento per il gas, ma questo permesso è stato revocato a marzo 2025. L’Eni sta cercando di risolvere il nodo. Il Venezuela – ha dichiarato Descalzi a novembre a New York dove il gruppo ha celebrato i 30 anni della quotazione al Nymex- «per noi è un problema perché siamo un po’ incapsulati nel successo che abbiamo avuto. Abbiamo scoperto tantissimo gas che va al mercato domestico». Il contratto ha un’opzione: il gas non era pagato in cash, ma in carichi di petrolio. Carichi che andavano quasi tutti agli Stati Uniti. «Trump ha bloccato questo a noi – ha dichiarato Descalzi – ma non a Chevron. Questo ci crea un grande problema. Parliamo con l’amministrazione, ho parlato con i ministri che sono riuscito a incontrare in Europa o in Medio Oriente. Vediamo se riusciamo a trovare una soluzione».